Bauscia Cafè

Voi giocate, io parlo

Dopo due trionfali settimane, i campioni in carica del Milan si fermano a Cesena. La squadra che, dopo i fragorosi acquisti estivi, ha mandato in ferie giornalisti ed addetti ai lavori già alle prime luci di settembre, a campionato già assegnato (l’anno scorso la storia era simile, solo che c’era da aspettare fino a dicembre), cade inaspettatamente sul campo di una neopromossa, accusando un palese deficit di condizione fisica. Strano, perché la dura preparazione degli ultimi quindici giorni, basata soprattutto sul grande dispendio di fiato in sala stampa, avrebbe dovuto mettere minuti preziosi nelle gambe dei rossoneri, e, soprattutto, in quelle del loro logorroico centravanti. Lo speaker svedese, invece, ha mostrato di non essere esattamente al top della condizione, nonostante sia stato proprio lui a tirare il gruppo negli allenamenti davanti ai microfoni di tutta Europa.
La squadra di Allegri, definita “fresca” da un memorabile Cerruti sulla Gazzetta di giovedì, ha effettivamente mostrato di meritare i gradi di favorita per il prossimo campionato e quelli di campione per quello in corso. Vanno in campo gli stessi eroi dell’anno scorso, più Papastagiovane, rampante greco che ha fermato Messi e che a breve fermerà anche il cancro a mani nude, ed Ibrahimovic, bomber dal comizio facile. Dall’altra parte, undici infedeli brigatisti romagnoli, nessuno dei quali ancora sceso in campo al fianco di Compagno Oddo per fare casino ed incitarlo mentre afferma coraggiosamente che “Qui si parla di diritti violati”. Arbitra Cristiano Lucarelli.
La gara fila via liscia come l’olio. Ibrahimovic intrattiene i centrali del Cesena con un monologo sulla voluttà, poi i due riescono a staccarsi ed il vocalist di Malmoe attacca un pistolotto a Nagatomo che non capisce un cazzo. Ronaldinho intanto litiga pesantemente col pallone e gli fa una scenata di gelosia perché non lo vede da giorni, mentre gli altri lo toccano tutto il tempo e ci fanno quel che vogliono.
Arriva il gol del Cesena, firmato dal talentuoso Bogdani, centravanti col pedigree, che alimenta così il suo prestigioso score di sette reti negli ultimi quattro anni. E’ qui che viene fuori lo spirito di squadra del Milan e dei suoi tenori, che si rimboccano le maniche e cominciano a giocare per i compagni: Dinho fa il no-look, Ibra piazza lo scavetto d’interno e Robinho sbava sulla spalla di Zambrotta durante il riposino in panchina.
Nonostante il forcing del Milan, arriva il raddoppio cesenate: Ibra interrompe una sua azione d’attacco per cercare di spiegare Nietzsche a Colucci, che però è Hegeliano e se ne fotte ed avvia il contropiede brillantemente concluso da Giaccherini. La reazione rossonera è veemente, e solo il Politburo che invade l’Aia di Braschi impedisce che la rimonta avanzi implacabile. E’ sconcerto quando Travaglio travestito da Lucarelli fischia il fuorigioco di Pato, annullando il primo gol al Milan dai tempi della caduta di Babilonia.
Nel secondo tempo si avverte ancora di più l’odore di golpe: sedici le realizzazioni invalidate ai rossoneri, sempre più vittime del sistema e dei poteri forti. Il teatrino arbitrale è ormai insostenibile, i vergognosi provvedimenti destano clamore nella folla. Nemmeno un commovente intervento di Oddo, salito sul palco in compagnia di un terzino palesemente denutrito e colmo di lividi, riesce ad infondere un po’ di umanità nell’animo della terna arbitrale, accecata dall’estremismo.
Quando il tempo stringe, quasi per ischerzo, il mancino direttore di gara assegna un rigore nettissimissimo al nerboruto Inzaghi, uno che non starebbe sdraiato nemmeno in trincea. Dopo 85 minuti di accesi dialoghi, Zlatan è convinto di aver finalmente rotto il fiato e si prende la responsabilità del rigore, lui che all’esordio ha sempre lasciato il segno. La bandiera rossonera posiziona il pallone, ciabatta e lascia il segno nelle sue mutande con una sgommata che sa di remuntada.
In tribuna si accende il parapiglia. Galliani, uomo solo contro tutto e tutti, sbotta contro il giogo dei potenti e si mette in una storia più grande di lui, esile pedina in mano ai tirannosauri del palazzo. A dar manforte ad Adriano, poche ore dopo scende in campo il suo squattrinato principale, un nobiluomo che, nonostante la sua caratura morale, in questo sistema marcio conta meno di Giorgio Mastrota.
E’ l’ora di cambiare, è ora che anche le voci più insignificanti abbiano modo e possibilità di farsi valere e di rivendicare i propri diritti. Soprattutto quelli violati, di cui parla il coraggioso Oddo.

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via Turati c’è una puttana
il naso grande, di dignità spoglia
se di amarla ti vien la voglia
basta prenderla per la mano

e trattar col suo paffuto mezzano

lei mette la maglia, con un sorriso
non credeva che il paradiso
fosse proprio il club del nano

Grappa

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