Bauscia Cafè

Brutti ma buoni

Quando la peggior prestazione stagionale ti regala tre punti d’oro grazie ad una assurda autorete di quello che, verosimilmente, diverrà il nostro portiere non appena Handanovic appenderà i guanti al chiodo, capisci che, in un modo o nell’altro, il vento è cambiato.
Certo, avevo immaginato una partita leggermente meno orrenda per l’addio al presidente Moratti, fatta di qualità, occasioni da rete, magiche piroette, gol di chiunque passasse davanti a Bardi: invece mi son ritrovato la bellezza di nessuna conclusione a rete nell’arco di troppi minuti, un Livorno (la mia seconda squadra del cuore, per chi ancora non lo sapesse) tragicamente rinunciatario, impegnato ad occupare tutti i pertugi possibili ed immaginabili nel tentativo di invischiare l’Inter nella melassa fino al fischio finale.
Tentativo riuscito fino al suicidio calcistico del buon Franceschino sul cross di un imprendibile Jonathan, una lietissima botta di culo che sblocca una partita con lo zerazzero tatuato sulla fronte di Pereira.

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Un po’ per uno non fa male a nessuno, dicono dalle mie parti: non che l’Inter avesse fatto molto per meritare il vantaggio, ma nel recente passato l’intraprendenza ci aveva ringraziato con sonori vaffanculo e deviazioni beffarde nella nostra porta, quindi ben venga la buona sorte.
Poco da dire a livello tattico, con Mazzarri che ripropone Guarin come trequartista dopo l’exploit di Udine, venendo puntualmente tradito dal colombiano, tra i peggiori in campo. Note poco liete anche da quelli che solitamente non tradiscono mai, Alvarez e Palacio su tutti, penalizzati soprattutto da una condizione fisica poco brillante e dall’immobilismo generale sul campo da gioco.
Molto bene invece gli esterni, e non è un caso che il gol arrivi ancora una volta da Nagatomo, inesauribile sulla sua fascia e molto lucido anche in fase di cross e conclusione, imitato dalla parte opposta da un Gabbiano in serata di spolvero.
Non mancano comunque i motivi per sorridere e cercare di sopravvivere all’ennesima, deleteria sosta per la Nazionale Amanti della Fiat evitando il suicidio, i giochi da tavolo e le partite di calcetto serali a -11°: detto dei tre punti brutti sì, ma non immeritati, il terzetto Rolando-Ranocchia-Samuel ha convinto, ribadendo in particolare l’efficacia del nazionale portoghese, pur sottolineando come la potenza di fuoco degli ospiti amaranto non fosse esattamente inarrestabile; molto bella poi la risposta data da Kovacic, entrato nella ripresa e subito nel vivo dell’azione. Lo spunto magico conclusosi con l’assist perfetto per il 2-0 di Nagatomo è una sorta di bignami di quello che questo ragazzo può dare e che tutti noi vorremmo vedere il prima possibile.
Le due settimane che ci separano dalla sfida con il Bologna potrebbero in tal senso diventare terribilmente utili: nonostante la buona prova di Udine, controbilanciata dal disastro contro il Livorno, Guarin continua a dare la sensazione di essere ingestibile sotto il profilo della continuità di rendimento, tra amnesie inspiegabili, tendenza all’anarchia tattica ed eccesso di furore agonistico. Kovacic scalpita, Alvarez è ormai un titolare fisso, Taider guadagna posizioni nelle gerarchie, Cambiasso conferma un momento di forma eccelso, e ci sarà spazio soltanto per tre di loro.
Il mio sogno, a ranghi completi, resta quello di un Kovacic titolare là in mezzo al campo, nel vivo del gioco, e due punte fisse sempre e comunque, amesso sia possibile averle disponibili; ma so anche che la costruzione di questa rosa difficilmente consentirà di schierare Kovacic ed Alvarez contemporaneamente, a meno che Mazzarri non voglia cambiare modulo.
È più facile che la Juventus passi in vantaggio con un gol regolare.

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Ah, dimenticavo! Lo striscione, il saluto della Nord a Moratti: emozionante, vibrante, sincero, appassionato. Ne ho lette di stronzate.
Non me ne voglia la curva (anzi sì), ma io l’ho trovato infantile e anche un po’ stronzo.
Nel momento del commiato sarebbe bastato ricordare il tanto, tantissimo di buono fatto da Moratti per l’Inter, non soltanto a livello sportivo.
Perché Inter Campus è Moratti, non aver mai mollato il colpo neanche dopo l’ennesimo errore è un merito, esser stato umano, nel bene e nel male, in un mondo di squali e di balordi un vanto anche per noi tifosi: la critica sana e intelligente è sempre la benvenuta, ma di sano o intelligente in quello striscione non c’era neppure la calligrafia.
Un suggerimento per un eventuale, futuro addio da celebrare: limitatevi ad un sintetico, efficace, agevole “grazie di tutto Presidente”. Altrimenti meglio tacere.

NicolinoBerti

Coglione per vocazione, interista per osmosi inversa dal 1988 grazie a un incontro con Andy Brehme. Vorrei reincarnarmi in Walter Samuel, ma ho scelto Nicola Berti per la fig...ura da vero Bauscia.

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