Bauscia Cafè

Stramaleontici (cit.)

Recupero l’osceno gioco di parole della Gazzetta dello Sport di qualche giorno fa per sottolineare l’aspetto principale di questa Inter-Catania, partita sulla carta molto più insidiosa di quanto poi visto in campo: una sorprendente (siamo soltanto a fine ottobre) capacità nel cambiare modulo a seconda delle esigenze senza perdere di vista l’obiettivo primario, quello di far gioco possibilmente palla a terra, non rinunciando ad attaccare ed evitando di sfilacciare i reparti.

Vedere una squadra cominciare con un 352 in grado di ridisegnarsi più e più volte in corso d’opera, passando con disinvoltura ad una linea a quattro, ad un 433 più offensivo e poi ancora ad un 442 canonico, fa indubbiamente piacere e denota una volta di più la mole di lavoro svolta finora sotto il profilo tattico.
Qualche interrogativo lo fanno sorgere gli interpreti e, soprattutto, gli assenti: detto che Mudingayi e Obi (soprattutto il secondo, chiamato ad un difficile compito in marcatura e “costretto” fuori ruolo per 60 minuti) hanno fatto molto meglio di quanto non si legga sulle pagelle dei quotidiani nazionali, nonostante qualche incertezza di troppo del nigeriano, sovente infilato alle spalle da un volitivo Marchese (il migliore tra gli ospiti), restano i dubbi sull’impiego di Guarin.
Il colombiano è potenzialmente devastante, ha mezzi fisici spaventosi e garantisce dinamismo, corsa e anche una discreta qualità, ma al momento, come sottolineato da Rudi Ghedini sul suo blog, sembra un pesce fuor d’acqua con qualche limite nella lettura della gara di troppo. La sciocchezza su Gomez nella ripresa avrebbe potuto compromettere una gara tutto sommato ben controllata dai nostri ragazzi.
Sciocchezza sottolineata con eleganza ma decisione da Stramaccioni durante le interviste post-partita, il cui compito adesso sarà proprio quello di trovare il modo migliore di reinserire nella nuova configurazione tattica i vari Sneijder, Pereira e Guarin, un terzetto in grado di restituire qualità ad un centrocampo ricco di mastini ma povero di piedi buoni e di geometrie.
Chi invece ha tratto gran giovamento dalla presenza dei tenaci mediani è quel Cambiasso che, la scorsa stagione, abbandonò proprio un Inter-Catania tra le lacrime, fischiato da tanti di quei “tifosi” che, ne sono certo, domenica lo hanno applaudito facendo finta di nulla, dando magari di gomito al vicino di posto per dirgli “sempre detto io che il Cuchu non era un giocatore finito”. Certo, come no.

Un Cambiasso protagonista non soltanto del delizioso assist che ha mandato in gol il solito Cassano (ancora una volta decisivo, intraprendente, voglioso, segno che la cura Stramaccioni continua a dare buoni frutti), un lancio degno di giocatori di livello superiore, ma anche di un match assolutamente perfetto dal punto di vista della posizione in campo: è chiaro che la presenza di gente che possa coprire i metri di campo che il Cuchu non è più in grado di garantire gli agevoli il compito, ma è innegabile che giocare in una porzione di campo più ridotta gli consenta di valorizzare al meglio le proprie qualità sia in fase di interdizione che di costruzione.
Bene la difesa, con un Ranocchia impeccabile ed un Juan Jesus che, nonostante le sbavature, riesce sempre a sopperire alle piccole leggerezze con una mostruosa capacità di recupero: niente male per un 21enne già bollato da molti presunti esperti come oggetto misterioso; l’occasione concessa ad Almiron mi è invece sembrata un incidente di percorso, indubbiamente da evitare nelle prossime gare. Lo sciagurato, doppio tentativo di anticipo della premiata ditta Jesus-Mudingayi (no, non è una bestemmia) resta la cosa difensivamente più brutta in un match dove abbiamo comunque concesso poco ad un avversario dal buon potenziale offensivo.
Alla faccia dei provincialotti Stramaccioni, dopo essersi sciacquato la bocca anche per gli altri con del colluttorio, ha recuperato per l’occasione il tridente, anch’esso decisamente mobile, con Milito chiamato spesso a fare il lavoro sporco insieme a Palacio per un Cassano che andava ad occupare il ruolo di prima punta: nel primo tempo è mancata la continuità nel riforimento agli avanti, ma movimenti e intesa sembrano già di buon livello.
Non è un caso che ci siano volute due segnalazioni di fuorigioco errate per disinnescare due facili occasioni da rete.
Sensazioni buone quindi, ed una classifica che sorride al cantiere aperto interista, con un filotto di cinque vittorie consecutive a confermarne i progressi a livello di solidità, manovra e tenuta.
L’impressione generale, condivisa da molti, è che ci siano margini di miglioramento enormi e che la vera Inter sia ancora tutta da scoprire: se queste sono le premesse, credo che la sconfitta di Siena sia davvero stata uno di quegli inciampi che, quando ricostruisci una squadra da zero, devi mettere in conto.
Per poter sorridere in futuro. E avere quantomeno un’espressione soddisfatta nel presente. Io ce l’ho. Voi?

NicolinoBerti

Coglione per vocazione, interista per osmosi inversa dal 1988 grazie a un incontro con Andy Brehme. Vorrei reincarnarmi in Walter Samuel, ma ho scelto Nicola Berti per la fig...ura da vero Bauscia.

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