Bauscia Cafè

Doveva arrivare

E così eccoci a fare i conti con lei. Doveva arrivare prima o poi, la prima sconfitta veramente dolorosa. La prima sconfitta che fa danni e lascia strascichi, la prima sconfitta che fa affiorare i dubbi (che diventano certezze per chi non vede l’ora di dilaniarsi) e che lascia molte domande senza risposta.

E’ arrivata a San Siro, contro la Roma del maestro Zeman, quello che secondo alcuni “ha dato una lezione di calcio all’Inter”.

Parte effettivamente fortissimo la Roma. L’Inter sembra voler aspettare e ripartire, ma non riesce quasi mai ad uscire e a rendersi pericolosa dalle parti di Stekelenburg. Questa situazione dura fino al 15′, quando Totti in uno contro uno contro Zanetti lascia partire un cross morbido dalla destra verso l’accorrente Florenzi che, lasciato solissimo per un’incomprensione tra Silvestre e Guarin, deve solo indirizzare la palla alle spalle di Castellazzi. Da lì però la Roma si spegne e l’Inter abbozza una reazione prima debole, poi sempre più convinta fino a quando, in pieno recupero del primo tempo, Sneijder lascia partire un lancio lunghissimo in verticale per Cassano che la mette a terra, si gira su Burdisso e Castan e ignorando Milito tira in porta: Burdisso cerca di intervenire ma il risultato della deviazione è solo un pallonetto che si infila nell’angolino, alle spalle di uno Stekelenburg che si lascia sorprendere. 1-1 a San Siro, e secondo tempo che tutti si aspettano di marca nerazzurra.

In realtà invece in avvio di secondo tempo è la Roma a partire forte, ma la furia giallorossa dura pochi minuti per ripiegare sempre di più di fronte alle avanzate dell’Inter. Al 22′ nell’Inter sono già usciti Cassano e Pereira per far posto a Palacio e Cambiasso, e la pressione è diventata ormai un piccolo assedio. Sembra nell’aria il vantaggio nerazzurro quando Totti è prontissimo a lanciare in verticale Osvaldo che prende in mezzo la difesa e di prima intenzione si inventa un bellissimo cucchiaio che sorprende Castellazzi. Roma di nuovo in vantaggio e Inter che, di fatto, esce dal campo. Raramente pericolosi dalle parti di Stekelenburg, neanche l’ingresso di Coutinho riesce a cambiare le cose in una formazione che sembra stanca, rassegnata e ormai sulle gambe. E’ anzi la Roma, di nuovo in contropiede, a trovare un gol da cineteca con Marquinho che dalla linea di fondo trafigge sul primo palo un non incolpevole Castellazzi per il definitivo 3-1 finale.

Doveva arrivare, dicevamo all’inizio del post. Doveva arrivare perchè chi conosce il calcio sa che una squadra rivoluzionata non si mette a posto in due giorni ma ha bisogno, almeno, di qualche mese. Chi vive di calcio sa che un allenatore giovane, per quanto bravo, preparato, promettente è anche inevitabilmente inesperto e va incontro, nelle prime fasi della sua carriera, a degli inevitabili passaggi a vuoto. Chi segue l’Inter ricorda sicuramente la squadra della “pareggite” di Mancini, diventata col tempo una delle più formidabili schiacciasassi mai viste in Serie A. Un ricordo pesante, certo, ma un ricordo che non ci siamo mai sognati di evocare all’epoca di Gasperini, o di Benitez o di chissà chi altro. Perchè?

Perchè all’interno di una brutta partita e di una sconfitta meritata, non sono mancati spunti positivi. Un’idea di corsa e di calcio, per esempio, alla quale ci stiamo abituando ma che da queste parti non vedevamo almeno da un paio d’anni. E poi qualche numero magari freddo, inutile, di nessuna consolazione, ma incontestabile: più possesso palla, più tiri, più passaggi, un vantaggio territoriale netto, 11 corner a 1, gol presi in contropiede. Vorrà dire qualcosa? Forse no, chi lo sa. O forse sì, se persino Stramaccioni dopo una sconfitta del genere si permette di parlare di “una buona Inter, con la grave colpa di non essere riuscita a reagire al gol del 2-1, arrivato in un momento in cui avevamo la partita in mano. Tecnicamente bene, ma è mancato qualcosa dal punto di vista psicologico. Bellissimo il secondo assist di Totti però è stato un errore nostro a centrocampo, ma siamo una squadra giovane e dobbiamo passare da momenti come questo“. Forse vuol dire che non è tutto da buttare, forse vuol dire che qualcosa di positivo si è visto persino ieri sera. Certo si deve lavorare -e molto- su tante cose. Per esempio sulla fase di non possesso, per esempio su tutta la fase difensiva in generale e sulla linea arretrata in particolare, apparsa veramente troppo molle. Si deve lavorare sugli attaccanti, che devono imparare a coprire con più continuità nel corso del match e si deve capire insieme a loro quale è stato il motivo della scarsa incisività negli ultimi 20 metri di ieri sera.

Si deve lavorare tanto e si devono sistemare tante cose. Eppure forse, anche dopo una sconfitta così, ci si può ritrovare a pensare che la strada è quella giusta.
Almeno noi, che sapevamo che questa prima sconfitta doveva arrivare e che sconfitte come questa ne arriveranno altre, possiamo permetterci di pensarlo. Chi si aspettava un filotto di vittorie e il trionfo in tutte le competizioni, invece, forse farebbe bene a ripassare fra qualche tempo.

I singoli:

Castellazzi – Pochi giorni dopo aver imparato che in certi casi è meglio subire un gol che farsi espellere si trova ad imparare che quando esce deve sempre coprire il primo palo. Marquinho ha fatto un capolavoro, ma quella palla non deve pasare.
Zanetti – Male male. Dopo il capolavoro contro il Vaslui, mostra tutti i suoi limiti in una volta sola. Di fiato, di tranquillità e ovviamente tattici: da terzino fatica a tenere la linea e lo sappiamo. Non le giocherà tutte neanche lui quest’anno, e quello di terzino destro è il primo grattacapo per Stramaccioni. Saprà risolverlo.
Silvestre – Bene in marcatura stretta, pessimo in tutto il resto. Osvaldo lo infila in ogni modo e lui rischia anche l’autogol. E’ il secondo grosso grattacapo per Stramaccioni, ma fra Samuel, Chivu e un paio di giovani le alternative non mancano.
Ranocchia – E’ una delle poche note liete della partita ed è strano, visto che parliamo della guida di una difesa che prende 3 gol. Lui però sbaglia pochissimo: marcature, anticipi, movimenti. Leader indiscusso della difesa. Chi l’avrebbe mai detto.
Nagatomo – Non ha la minima idea di cosa sia la tattica, ma in compenso in marcatura fa molto meglio di altre volte: si appiccica a Destro e gli rende la vita tutt’altro che facile. Si rende pericoloso anche dalle parti di Stekelenburg, mentre in difesa non fa i danni visti di recente.
Guarin – Paga la prova di giovedì, come prevedibile. Cuore infinito, gambe e fiato finchè ce n’è..e purtroppo non ce n’è molto. Resta un gigante, fra gli altri.
Gargano – Tanto movimento, palloni recuperati e fa tutto quello che deve. Fino a quando ha al suo fianco Guarin e Pereira, la Roma non passa. Uno così ci voleva, ma deve essere uno di undici: se gli si aprono voragini di fianco non può fare nulla.
Alvaro Pereira – Un ottimo debutto in un ruolo non suo, insieme a Ranocchia la nota positiva della serata. Interpreta il ruolo a modo suo allargandosi molto e arrivando spesso al cross o al tiro, dopo qualche tentativo aggiusta anche la mira. Tanta corsa, tanta volontà, mai una gamba tirata via: se questa è la base, sarà dura toglierlo dai titolari. Esce con i crampi.
Cambiasso – Entra lui e subiamo il gol del 2-1. Poco più di una coincidenza, ma di certo la mancata reazione della squadra dipende anche dal fatto che non c’è più Pereira. Corre più del solito e arriva addirittura su un pallone distante più di 2 metri: la dimostrazione che il problema è solo nel fiato.
Sneijder – Un po’ spento all’inizio, poi insieme a Cassano prova a darsi una scossa. Finisce col non incidere più di tanto e la scarsa prontezza della fase offensiva è anche colpa sua, ma a parziale discolpa c’è da dire che aveva ben pochi compagni che si muovevano a dovere intorno a lui. Lo abbiamo visto in partite migliori, ma in occasioni come questa deve caricarsi la squadra sulle spalle. Il lancio di 60 metri per l’1-1 di Cassano è una poesia, e non resterà l’unica della serata.
Cassano – Copre poco, si muove pochissimo e male, ma quando ha la palla tra i piedi può succedere di tutto. Come sempre, verrebbe da dire.E’ questo qui e sarà questo per tutta la stagione: inutile aspettarsi di più, ma c’è ben poco da disprezzare.
Milito – Conoscendo Zeman, Stramaccioni tenta di giocare sulla linea del fuorigioco e chiede al Principe un lavoro sfiancante. Lui lo fa neanche male, ma inizia a sentire la fatica già alla fine del primo tempo. Meno incisivo di altre volte, ed è un peccato.
Palacio – Forse si aspettava di giocare titolare, quando entra sembra svogliato e a tratti indisponente. Finisce con lo sbagliare cose elementari. Qui non siamo al Genoa: ci si siede anche in panchina, se serve. Soprattutto due giorni dopo una prova sfiancante come quella contro il Vaslui.
Coutinho – Non ha l’impatto sulla partita che  ci si aspettava. Anzi, a dirla tutta non ha alcun impatto sulla partita. Complice una squadra ormai sfiduciata, non riesce a combinare molto.
Stramaccioni – Vuole corsa e intensità, e solo per questo rischia -ben ripagato- Alvaro Pereira a centrocampo. Non riesce a sfruttare i limiti della squadra di Zeman, e con un attacco così è colpa grave. E’ evidente però che i suoi pensieri principali in questo periodo siano tutti dedicati alla fase difensiva e di non possesso: ricorda molto, in questo, il primo Mancini. Aspetti delicati, da risolvere col tempo. Prende appunti, impara dagli errori e troverà anche lui la quadratura del cerchio.

Nk³

Il calcio è uno sport stupido, l’Inter è l’unico motivo per seguirlo. Fermamente convinto che mai nessun uomo abbia giocato a calcio come Ronaldo (ma anche Dalmat non scherzava). Vedovo di Ibrahimovic, ma con un Mourinho in panchina persino i Pandev e gli Sneijder possono sembrare campioni. Dategli un mojito e vi solleverà il mondo.

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