Bauscia Cafè

Quando decide l'Inter

Sono passati due giorni, ma è difficile trovare le parole.
E’ difficile esprimere l’emozione, è difficile non scadere nella banalità, è difficile non limitarsi a gioire e basta. E’ impossibile -e inutile- descrivervi emozioni che voi tutti avete provato, lontani chilometri eppure stretti tutti insieme in un abbraccio ideale che prendeva tutti noi. E’ impossibile scrivere cose che non avete già letto sulla partita, sull’impresa, sull’evento, sui risvolti, su tutto quello che è stato e che sarà.

L’unica cosa che posso fare, forse, è tributare un ulteriore applauso a questa Squadra. Non ai ragazzi scesi in campo sabato e nemmeno a quelli che hanno giocato nel corso della stagione, non a José Mourinho né a Massimo Moratti né a tutti quelli che ci hanno regalato il più intenso ed emozionante mese che un appassionato di calcio possa desiderare. No, non a loro: all’Inter.

Una Squadra fuori dal comune, una Squadra eccezionale che non perde occasione per dimostrare tutta la sua unicità.

E’ stato uno dei mille pensieri che mi sono venuti in mente in questi giorni…non so se vi è mai successo, quando lasciate viaggiare liberamente la mente e tante cose si sistemano al loro posto, come collegate da un robusto ed enorme filo rosso che però, inspiegabilmente, prima non vedevate.

Ecco, è stato questo quello che ho visto: il fil rouge di questi fantastici 5 anni. 5 anni in cui, uno dopo l’altro, abbiamo abbattuto tutti i muri, le opposizioni e i blocchi -mentali e no- alzati davanti a noi nel non più recente passato. Ma andiamo con ordine.

E’ il settembre del 2006. L’Inter dopo 17 anni ha di nuovo lo Scudetto cucito sul petto. Ma è uno Scudetto fatto di veleni, tribunali e carte bollate: per alcuni il più bello, sicuramente il più contestato. E l’Inter, che non vince mai, che non riesce mai a fare il passo finale, che non riesce mai a liberarsi dei suoi complessi, è chiamata a confermare sul campo quello Scudetto. Una conferma scontata secondo molti, inevitabile, eppure niente affatto certa per una Squadra che deve abbattere 17 anni passati lontano da quel trionfo. Lo vincerà quello Scudetto l’Inter, lo sappiamo tutti, ma il punto non è questo: il punto è COME lo vincerà.

Lo vincerà lasciando un abisso alle proprie spalle, lo vincerà triturando ogni record possibile e immaginabile, con una violenza inarrestabile, come un carrarmato, zittendo qualsiasi possibile obiezione. Lo vincerà in trionfo, come fanno Principi e Re. Lo vincerà senza lasciare spazi ai dubbi, ai “se” e ai “ma” tanto cari all’Italia pallonara.

Ce lo ricordiamo tutti questo trionfo, e ce lo ricorderemo per tanto tempo. Per me quel campionato ha sempre avuto un significato speciale non tanto per il risultato ottenuto quanto, appunto, per il modo in cui è arrivato quel risultato. Per il modo in cui ci si è sbarazzati di tutte le paure, di tutte le fobie, di tutti i complessi.

Non vincevamo mai e, paradossalmente, per la paura di non vincere abbiamo trionfato.

Passa il tempo, passano gli anni e l’Inter si afferma come Squadra più forte d’Italia. Apre un ciclo all’apparenza interminabile, mostrando una potenza, una duttilità e una fame di successo che solo gli anni passati a mangiare la polvere possono darti. Non contenta di quanto fatto con lo Scudetto dei Record, non contenta di aver maciullato i suoi stessi primati, continua ad avanzare a testa bassa scrollandosi di dosso gli ultimi residui di quegli anni: instancabile, affamata, insaziabile.

Ma arriva il momento di fare i conti con l’Europa. I conti con la Champions League, abbandonata quando ancora si chiamava Coppa dei Campioni. I conti con un passato che manca da quasi mezzo secolo.

All’inizio sembra un sogno impossibile: troppo lontana, un’inarrivabile utopia. Poi piano piano ci si trova davanti ad una squadra che cresce e che sembra guardare con sempre maggior interesse a ciò che succede oltreconfine. Si arriva al 2010, la stagione del Quinto, e appare chiaro a tutti che la maturazione avviata è concreta, tangibile.

I più sicuri lo dicono da subito: la Coppa arriverà. Non subito, non immediatamente, ma arriverà: è inevitabile. Non quest’anno, ma arriverà. Non quest’anno. Neanche i più fiduciosi ci credevano.

Eppure è proprio quest’anno, alle soglie di una clamorosa eliminazione già nel girone, che scatta qualcosa nell’Inter. Non nei giocatori, non nell’allenatore, non nella società: nell’Inter.

Scatta quella stessa scintilla vista quattro anni prima, scatta quella stessa luce che ci ha portati a sbriciolare ogni record di casa nostra.

Inizia un cammino che in pochi possono capire, in pochi possono percepire sin dall’inizio. Ma è evidente, è lampante. E’ inevitabile. I paragoni con quello Scudetto sbranato si fanno imbarazzanti. Pensateci: quale può essere una vittoria in Champions paragonabile -nelle modalità- alla conquista di quel campionato?

Eccovela servita. Sul suo cammino europeo l’Inter si trova davanti i Campioni di Russia, i Campioni di Ucraina e gli inarrivabili Campioni del Mondo. Poca roba, qualificazione facile: no, si rischia di andar fuori. Poi la scintilla. Due gol in tre minuti nell’inferno di Kiev per rimettersi in corsa. Adesso basta, non sono più gli uomini che parlano. Non sono più i calciatori, non sono più i dirigenti, né l’allenatore: adesso è l’Inter ad essere stufa. Dateci tutto: lo travolgeremo.

Arriva il Chelsea. Una delle grandi favorite alla vittoria finale, probabilmente dopo il Barcellona la squadra più forte d’Europa. Arrivano i Campioni d’Inghilterra. L’ex squadra di Mourinho, il team di Ancelotti. Il peggior sorteggio che potesse capitare agli ottavi di finale. Del resto ce lo siamo cercato, con quel secondo posto nel girone. Ma è proprio quel secondo posto ad essere funzionale al Capolavoro. 2-1 a Milano, uno spettacolare 0-1 a Stamford Bridge. Zero chiacchiere: Chelsea eliminato.

L’impresa è enorme per un’Inter che non segnava un gol negli ottavi da anni. Molti sono già soddisfatti, in altri prevale la curiosità ma le illusioni restano poche: vediamo dove si può arrivare. C’è l’abbordabilissimo CSKA nei quarti, ma il tabellone beffardo ci mette in semifinale al cospetto del Barcellona.

Ritornano i Campioni di Spagna. Ritornano i Campioni d’Europa. Ritornano i Campioni del Mondo. Fine della corsa.

Per una Squadra di calcio, forse. Per undici giocatori, forse. Non per l’Inter. Il Barcellona dei sei titoli è solo un altro strumento funzionale al Trionfo. Si passa anche in svantaggio a San Siro, per rendere ancora più maiuscola l’impresa. 3-1, ci ritroviamo in Catalogna. In 10 dopo 20 minuti: giusto così, il Successo dev’essere totale e travolgente. Tiri subiti: due. Arrivederci anche ai Campioni di Spagna.
Resta la finale, l’ultimo atto. Via i Campioni d’Inghilterra, via i Campioni di Spagna. Quale può essere la perfetta vittima designata? Solo loro: i Campioni di Germania. Partita con poca, pochissima storia. Una storia che conosciamo tutti.

Inghilterra, Spagna, Germania: tutta l’Europa che conta è ai piedi dell’Inter.

Un cammino di difficoltà inaudita, difficilissimo da vedere anche ai tempi della Coppa dei Campioni, che però non basta ancora a questa Squadra. La lezione è la solita. Non è sufficiente vincere: bisogna trionfare.

Quattro anni prima all’Inter non erano bastati distacchi siderali, oggi non le basta fare fuori personalmente una per una le principali contendenti. Quattro anni prima aveva riscritto la Storia del Calcio, oggi deve riscrivere la Storia del Football, quello vero.

Il Treble.

Come quattro anni prima, l’Inter si risveglia e non si accontenta di vincere: vuole stravincere.

Come quattro anni prima, l’Inter riesce nella sua impresa e raggiunge il suo obiettivo.

Come quattro anni prima l’Inter lascia annichiliti gli avversari, senza parole, senza possibilità di ribattere.

Come quattro anni prima, mette un punto esclamativo enorme sul suo trionfo.

Il Treble.
Ottenuto eliminando dalla competizione tutta l’Europa che conta.
Il Treble.
Condito da cinque scudetti consecutivi.

L’Olimpo del Football, dove nessuno è mai arrivato.

Adesso i buchi neri sono colmati, non ci sono più falle da tappare. Adesso tutti i conti sono chiusi. Adesso è il momento del trionfo totale e assoluto.

Adesso,
c’è solo l’Inter.

Nk³

Il calcio è uno sport stupido, l’Inter è l’unico motivo per seguirlo. Fermamente convinto che mai nessun uomo abbia giocato a calcio come Ronaldo (ma anche Dalmat non scherzava). Vedovo di Ibrahimovic, ma con un Mourinho in panchina persino i Pandev e gli Sneijder possono sembrare campioni. Dategli un mojito e vi solleverà il mondo.

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