Bauscia Cafè

Seggiolini (e non solo) in fiamme

Nella 19esima di Serie A, riflettori puntati sul der-B (cit.) d’Italia: in campo Juventus e Milan. Ferrara, dopo mesi di strambi tentativi, dimostra finalmente di aver trovato l’assetto vincente: 4-4-1-1 alla Mondonico, con Brazzo a far male sull’out di destra, Diego centravanti-ombra e Felipe Melo mediano-eclissi. In porta Manninger, il terzo pilota della Sauber. Dall’altra parte, Leonardo trema.
Inizia la gara, e sono subito emozioni: è Diego a prendere in mano la Juve, con un paio di ciabattate che scaldano il pubblico. Dopo mezz’ora di schermaglie da omaccioni, spazio alle belle arti: Cannavaro e Melo, appostati sul palo, improvvisano un passo di cancan, e poco importa se nel frattempo la sfera sfila loro vicino finendo sui piedi di Nesta, che segna: il vile pallone non può certo porre freni all’arte.

Felipe, almeno lui un suo pubblico ce l'aveva
Felipe, almeno lui un suo pubblico ce l'aveva
La reazione della Juve al gol subìto è furiosa, e si concretizza in un lungo rinvio di Manninger che supera di un bel po’ la metà campo. Felipe Melo, sempre più beniamino del pubblico, dimostra di essere effettivamente rinato: viene da chiedersi che razza di stronzo debba essere stato nella vita precedente, per meritarsi una reincarnazione del genere. Diego, nel frattempo, tira fuori tutta la sua personalità e maschera un rutto, scusandosi con Antonini che passava di lì.
Nella ripresa, la Juve non sembra in grado di rimontare. Il pubblico bianconero, trasudante competenza, individua l’uomo che cambierà la partita ed inizia a scandire il suo nome. Quando Del Piero si toglie la tuta, dagli spalti si leva un grido di giubilo, saltano i tappi, ci si abbraccia e si fa all’amore. Per sbloccare una gara che ormai va avanti per inerzia, ci vuole lui, ci vuole Alex. E’ lui che darà la scossa, come le vallette di Carlo Conti all’Eredità.
Col suo ingresso, viene finalmente ricomposta la coppia Del Piero-Diego, una delle più temute del calcio moderno insieme a Ronaldo e Vieri, Romario e Bebeto, Vialli e Mancini e Felipe e Melo. Pochi minuti dopo, Ferrara decide di esagerare, e mette dentro Ashton Kutcher per un Poulsen che è comunque piaciuto molto.
I cambi danno gli effetti sperati: Ronaldinho, su angolo di Pirlo, spizza il pallone che viene messo dentro da un reattivo Ashton, ben appostato a centro area. Per quella strana regola secondo la quale gli autogol, quando c’è di mezzo Ronaldinho, non esistono, il gol viene assegnato al brasiliano, che festeggia giustamente la prodezza. La Juve accusa il colpo, ma fortunatamente c’è Del Piero a tener su la baracca: con l’ennesima scimmiottata di Juninho dai 45 metri, il capitano suona la carica.
Leonardo, non pago del doppio vantaggio, butta nella mischia Huntelaar, lo Stevanovic dei poveri. Intanto sugli spalti i tifosi bianconeri, stanchi di vivere, si sfogano dando fuoco a una decina di seggiolini e manifestano la volontà di sacrificare Diego al Dio Sole.  Oltre ai seggiolini, vengono accesi anche un paio di chili di fumogeni, che riempiono il campo di una densa nebbia risparmiando al pubblico, se non altro, la visione degli ultimi tragici minuti. Della ridotta visibilità approfitta Ronaldinho, che segna e comincia a festeggiare da solo, visto che i compagni non ci capiscono un cazzo e brancolano per il campo in cerca di qualcuno da abbracciare.
Finisce dunque 3-0 per il Milan. Nella Juventus, che completa l’aggancio al Napoli, delude Amauri, che comunque dimostra di avere qualche potenzialità: se capovolto ed imbottito di detergente, potrebbe dire la sua anche contro lo sporco più ostinato. Il ritorno di Bettega ha restituito convinzione ai giocatori, che ora sono assolutamente convinti di poter arrivare dodicesimi.
Il Milan, con questa vittoria, dimostra la sua netta superiorità nei confronti dell’Inter e si porta in vantaggio nella fantaclassifica avulsa rispetto agli scontri con la Juventus. Dopo questo roboante trionfo, il fiato dei rossoneri sul collo comincia a farsi pesante.
Mettiamoci in salvo.

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