Bauscia Cafè

Cinquanta sfumature di negro

Pur avendo già detto abbastanza chiaramente cosa penso delle dichiarazioni di Sacchi di un paio di giorni fa e di tutto il circo di improbabili giustificazioni che ci si è alzato intorno, ci sono ancora domande alle quali nessuno pare in grado di rispondere, ci sono ancora quelle parole che mi girano per la testa.

“Vedere così tanti giocatori di colore è un’offesa per il calcio italiano”

Leggo i numeri che girano in questi giorni, leggo le belle storie raccontate da Sabine, e mi faccio un paio di domande.
Così tanti giocatori di colore.
Ma così tanti quanti? Ma di quale colore?
Domande retoriche, sentite mille volte, vuote di significato? Sì, forse sì.
O forse no.
Senza titolo
Così tanti
Nei tre gironi del Campionato Primavera ci sono ad oggi 1.163 giocatori tesserati per 42 squadre. Di questi, solo 189 provengono da federazioni straniere. Non “extraeuropee”, “africane” o chissà cosa eh: straniere. Contiamo anche gli svizzeri, per capirci. I giocatori di colore tra questi 1.163 sono 54.
Estendendo il discorso a tutte le squadre giovanili troviamo numeri che fanno ancora più impressione. L’Inter ha 15 giocatori provenienti da federazioni straniere su 265 tesserati. La Juventus ne conta 21 su 352. Il Milan, udite udite, ZERO su 264.
Il 16% di stranieri, meno del 5% di neri -e Dio solo sa quanto mi vergogni ad aver fatto un calcolo del genere- in tutto il campionato. Squadre che non arrivano ad avere il 6% di stranieri su tutti i tesserati.
Questi sono tanti?
Di più: questi sono così tanti?
E non lo chiedo a Sacchi eh, sia chiaro: lo chiedo a voi. A voi che ancora ieri cianciavate degli stranieri cattivi che prendono il posto ai giovani fenomenali italiani (per la cronaca: il figlio di Bargiggia ad oggi risulterebbe giocare nel Delta Porto Tolle. Ora non dico l’Inter degli stranieri cattivi, ma almeno un posticino in Serie B per sto presunto fenomeno non s’è trovato?). A voi che parlavate di poveri bambini strappati alle loro famiglie e usati solo per vincere i tornei, per poi essere rispediti a casa a fare la fame. A voi che pontificavate sul divario fisico perché “per forza un nero matura prima di un bianco a parità di età”.
CINQUANTA SU MILLEDUECENTO.
Ma di cosa state parlando?


Giocatori di colore
Prima storia. Negli anni 70 una donna somala riesce a fuggire dal suo paese in guerra e si rifugia in Italia. Conosce un uomo, Ezio, che sposa e che diventa il padre di suo figlio. Il bambino, di colore, perde suo padre all’età di 15 anni e da quel momento in poi cresce solo con sua madre. E con un pallone.
Seconda storia. Pochi anni dopo un uomo italiano e una donna guineana si incontrano in Algeria. E in un villaggio algerino, Aflou, si sposano e nasce loro figlio. Di colore anche lui, sì, come il bambino di prima.
Terza storia. Thomas e Rose fuggono dal Ghana e trovano rifugio in Italia. E’ qui, appena arrivati, che nasce il loro primo figlio. Il bambino ha gravissimi problemi di salute, e dopo tre anni di interventi chirurgici e difficoltà economiche intervengono anche i servizi sociali per affidarlo a dei nuovi genitori, aggiungendo un’altra difficoltà a una vita che già ne aveva messe in fila parecchie. Ah: è nero anche lui, neanche a dirlo. Nerissimo.
Quarta storia. In Etiopia, a Gondar, nasce “sua bellezza”. Uno che con un nome così dev’essere per forza destinato a grandi cose. Non subito, però: all’età di 4 anni lascia il suo paese e viene adottato da una famiglia italiana. E’ nero, sì.
Quinta storia. Nasce a Gonesse, in Francia, da genitori statunitensi e arriva in Italia a 15 anni. Una vita, ancora brevissima, già interamente dedicata al calcio. Nerissimo anche lui.
Sesta storia. Torniamo in Ghana, a Kumasi. Nasce qui un altro giovane calciatore, che cresce in Veneto come uomo e tra Santa Lucia, Ogliano e Padova come giocatore prima di arrivare in Serie A a 19 anni. Neanche più il bisogno di specificare che sì, è nero anche lui.
Settima storia. Camerun, primi anni 80. A Nkongsamba nasce una vita pazzesca, che farà il giro del mondo: Douala, Madrid, Barcellona, Maiorca, una parentesi in Italia, Mosca, Londra, Liverpool, poi di nuovo Italia. Nerissimo. Anzi negro, come lui stesso si definisce.
Loro sono Fabio Liverani, tre presenze con la maglia dell’Italia, Matteo Ferrari, 66 presenze dall’Under15 alla Nazionale maggiore, Mario Balotelli, 59 presenze (and counting) dall’U21 in su, Melkamu “Mel” Taufer, Capitano dell’Inter e della Nazionale U17, Dylan Alexis Romney, riserva di Bonazzoli all’ultimo Viareggio, Isaac Donkor, fresco di debutto in Serie A con la maglia dell’Inter e Samuel Eto’o, che in Italia ha scritto pagine importantissime della storia del calcio. E ce ne sarebbero decine di altri, centinaia.
Qualcuno, cortesemente, mi spiega chi tra questi è un’offesa per il calcio italiano e perché?
Giacché ci siete, spiegatemi anche qual è il limite. Spiegatemi quand’è che si smette di essere calciatori e si inizia a essere offese, spiegatemi quali sono i parametri, quali sono le differenze, qual è il confine.
Spiegatemelo davvero però, su questi sette esempi qui.
Perché io da solo non ci arrivo, giuro.

Scegliete un punto e facciamo che da lì in poi sono troppo negri?
Scegliete voi un punto e facciamo che da lì in poi sono troppo neri?

Nk³

Il calcio è uno sport stupido, l’Inter è l’unico motivo per seguirlo. Fermamente convinto che mai nessun uomo abbia giocato a calcio come Ronaldo (ma anche Dalmat non scherzava). Vedovo di Ibrahimovic, ma con un Mourinho in panchina persino i Pandev e gli Sneijder possono sembrare campioni. Dategli un mojito e vi solleverà il mondo.

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