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Equilibrismi: ode al mondo dei teorici

A meno di sette giorni dalla fine del mercato l’Inter scende di nuovo in campo nel recupero della prima giornata in trasferta contro il Benevento di Filippo Inzaghi. Una partita che nasconde diverse insidie, fondamentale per trovare subito punti e continuità di risultati dopo la sudata vittoria contro la Fiorentina. Gli argomenti di dibattito sono tanti, ma oggi parleremo insieme di calcio giocato e dell’Inter che stiamo vedendo, dalla sua genesi alle sue prospettive. Tante cose da dire, davvero tante.

Conferenza di Antonio Conte – Pre partita

Ai microfoni della stampa Antonio Conte è parso rilassato, convinto del suo lavoro e dell’indirizzo tecnico che sta cercando di trasmettere alla squadra. Ha analizzato con lucidità la gara con la Fiorentina in quello che è funzionato e soprattutto in ciò che purtroppo è andato peggio, ma ha lasciato intendere come l’Inter abbia iniziato un processo di crescita, cercando di esprimere un calcio propositivo negli interpreti e nell’idea di gioco.

Un percorso che è iniziato in sordina da lontano, ancora nella passata stagione, nella ripresa dopo il lungo stop post-lock down. L’Inter di Conte aveva adottato per diverse partite questo nuovo 3412, salvo poi tornare al 352 nelle ultime partite decisive. La squadra probabilmente non era ancora pronta per esprimersi in campo a certi livelli con il nuovo sistema di gioco, che richiede un’interpretazione differente di certe situazioni e che non si esaurisce nel semplice spostare un uomo sulla lavagna tattica. Giocando ogni tre giorni e dovendo fare risultato, questa è la mia personale lettura, Conte scelse di privilegiare ciò che in quel momento gli offriva più garanzie e decise di accantonare temporaneamente il nuovo sistema.

3412 che – invece – ha segnato il nostro pre-stagione e che abbiamo trovato riproposto anche nella prima uscita stagionale con la Fiorentina. La prima gara ha certamente offerto diversi spunti di riflessione ed in particolare ha aperto un dibattito sull’importanza della ricerca degli equilibri.

Fig .1

Ritengo esistano diversi modi in cui un allenatore può trovare l’equilibrio in campo. Anche tra gli addetti ai lavori spesso la ricerca di una solidità di squadra si riduce alla mera combinazione di giocatori più spiccatamente offensivi, con giocatori più di recupero palla. Si analizza spesso la questione attraverso le “individualità” presenti sul rettangolo di gioco. In parole povere – secondo tanti – se una squadra è troppo sbilanciata, la soluzione è sostituire un centrocampista di inserimento con un incontrista oppure un esterno offensivo con un terzino, così da ridare immediatamente un equilibrio alla squadra.

Ad onore del vero, sul breve periodo questa può essere una soluzione: l’allenatore riduce il suo potenziale qualitativo sacrificando alcuni giocatori sull’altare dell’equilibrio di squadra, che risulta complessivamente più solida. A mio modo di vedere il calcio tale scelta rappresenta tuttavia una semplice “toppa”: come strapparsi una manica della giacca per rattopparsi la parte posteriore dei pantaloni.

L'equilibrio di una squadra non può passare solamente dalle caratteristiche individuali dei calciatori. twittalo

Una squadra che vincola il proprio equilibrio alla presenza in campo di giocatori con una spiccata attitudine difensiva può aver trovato un equilibrio, ma lo ha fatto verso il basso, riducendo il suo potenziale e rendendosi dipendente da quella tipologia di calciatore. Ho sentito le parole di Conte con attenzione e mi pare che la direzione che il nostro allenatore voglia intraprendere sia differente, più moderna e ambiziosa.

Conte sta infatti ricercando un equilibrio di squadra verso l’alto. Un equilibrio fondato sul comportamento corale e su meccanismi di squadra preparati e organizzati. E’ un processo che naturalmente richiede tempo e che può toglierti qualcosa sul breve periodo, ma che sul lungo finisce per ripagarti se hai lavorato nella maniera corretta. Ma è opportuno capire quali siano questi meccanismi, cioè come può concretamente una squadra con tanti giocatori “offensivi” trovare i propri equilibri in campo.

Fig. 2| xG: Expected goals – Prima giornata Serie A

Quando si propone un calcio propositivo, fluido e moderno si devono mettere in conto comportamenti di squadra che siano compatibili con l’obiettivo tecnico: imporre il proprio gioco. In breve: è impensabile – per esempio – che un allenatore chieda alla sua squadra di giocare con 6 giocatori sopra-palla in fase di possesso e poi di ripiegare in undici, bassi e sotto la linea della palla, una volta persa. Si difende sempre come blocco squadra e ogni squadra deve sapersi anche abbassare se la situazione lo impone, ma le richieste vanno di pari passo con l’obiettivo tecnico.

Come può l’Inter dunque creare quanto fatto con la Fiorentina (2.76 xG) e allo stesso tempo concedere meno (1.71 xG)? In primis migliorando in tre aspetti il proprio gioco: riaggressione, marcature preventive e gestione del pallone. Questi sono i frangenti in cui la squadra ha ancora ampi margini di crescita.

Fig. 3

Il passaggio al 3412, con tre giocatori potenzialmente molto offensivi rende fondamentale l’esecuzione di un pressing alto efficace, sia opposto alla costruzione dal basso degli avversari, sia come rapida risposta innescata dalla transizione negativa, cioè appena perso il possesso del pallone, mediante una feroce riaggressione di squadra dell’avversario. Per farlo correttamente serve tempo, perchè anche mentalmente è richiesto a molti giocatori uno step che per alcuni può essere immediato, mentre per altri può domandare uno sforzo maggiore. La riaggressione feroce ha l’obiettivo di riconquistare il pallone, o comunque di mettere l’avversario sotto pressione, forzandogli una giocata “cattiva”.

Questo comportamento di squadra, se fatto con frequenza ed in modo corretto, genera anche degli effetti positivi di carattere mentale: si controlla il gioco, si guadagna in autostima e si soffoca l’avversario anche sul piano mentale.

Alcune delle ripartenze prese l’altra sera contro la Fiorentina potevano essere evitate con una riaggressione più efficace. Fossimo stati più rapidi a coprire il pallone, avremmo potuto impedire certe verticalizzazioni. Naturalmente questo non è semplice, non si può interiorizzare in poco tempo perchè, oltre che tatticamente, questo comportamento di squadra coinvolge anche aspetti mentali (concentrazione, presenza di spirito, abitudine) di ogni calciatore.

Sta di fatto che a parer mio il primo passo per fare convivere insieme Eriksen, Lukaku e Lautaro non è coprirli con un mediano, non sta nella ricerca cioè di soluzioni individuali, ma nel miglioramento di alcuni meccanismi di squadra, tra cui il precitato. Con questo non voglio dire che le attitudini personali dei calciatori siano ininfluenti, sia chiaro, ma trovo che spesso nelle discussioni si sottovaluti il corale spesso a favore del singolo, su cui verte troppo spesso l’analisi.

L’altro elemento in cui credo si possa migliorare tanto è la gestione del pallone. Senza soffermarci su alcune differenze in costruzione dal basso tra il 352 dello scorso anno e questo 3412 visto con la Fiorentina, che per esempio sollecita maggiormente i centrali esterni (“braccetti”), vorrei aprire la questione con una enorme banalità: se prendi un contropiede nella faccia, prima hai perso palla. Si tratta di una enorme ovvietà, ma sottintende che ci siano modo e luogo dove perdere palla. Anche in questo caso l’aspetto mentale e le conoscenze di squadra fanno una grande differenza e dove questi elementi hanno un peso così grande serve sempre tempo, perchè non è possibile cambiare il modo in cui una squadra pensa dall’oggi al domani.

Nel parlare di gestione del pallone, concetto ricorrente e spesso abusato, vorrei mettere in chiaro quello che intendo. La gestione di palla passa primariamente da un aspetto decisionale e che richiede la comprensione del contesto da parte del calciatore e – solo in seconda battuta – una esecuzione tecnica. La prima parte è spesso colpevolmente non trattata e spesso poco “compresa” nella sua espressione in campo dal tifoso comune.

Fig. 4

A volte l’Inter tende ancora a forzare la giocata, quando non ce ne sarebbe la necessità: ci sono momenti in cui alcune squadre sviluppano calcio come se dovessero arrivare a tirare in 24 secondi. Non è così. Il giocatore in fase di possesso ha il dovere di capire quando ci sono i margini per affondare, oppure quando l’avversario si è difeso bene e ha più senso consolidare il possesso e girare palla.

La comprensione di quando non sia il caso di forzare una giocata difficile è la prima medicina per non prendere un contropiede. Tornare indietro per attirare fuori l’avversario (che spesso non riceve l’apprezzamento del pubblico), oppure muovere il pallone con costrutto per sollecitare un errore di lettura da parte di una difesa al momento ben piazzata, sono tutte scelte che passano dalla corretta raccolta di informazioni su quello che sta accadendo in campo e hanno un peso enorme nella gestione del pallone. Sono richieste maturità, conoscenze di squadra e attitudine, che – come si intuisce – non si apprendono da un giorno all’altro.

Avere calciatori di qualità semplifica chiaramente la gestione del pallone. In primis perchè la mera esecuzione del gesto tecnico, la messa in campo dell’idea maturata dal giocatore, è migliore rispetto a chi di qualità ne ha poca, ma anche perchè a certi livelli questa qualità non prescinde da quanto descritto precedentemente: una grande capacità di lettura.

Prendo come esempio un giocatore che nel suo ruolo in fase di possesso è capace di leggere con grande intelligenza il gioco: De Vrij. La costruzione dell’Inter migliora con lui in campo non solo perchè tecnicamente si tratta di un difensore con il piede particolarmente educato, ma anche perchè è bravissimo nel capire dove muovere il pallone per sfuggire dal pressing dell’avversario: è molto difficile indirizzare la giocata a De Vrij per uscire in pressing sul suo passaggio. Con le dovuto proporzioni, ad ogni giocatore è richiesta questa capacità di comprensione, che si può anche migliorare, facendo propria l’idea di calcio che la squadra vuole proporre.

Fig. 5

Il giocatore di qualità è quello che esegue il gesto tecnico in meno tempo, in modo più pulito e corretto. Un calcio ambizioso richiede certamente giocatori in grado di rispondere tecnicamente alle sollecitazioni che il gioco gli richiede e allo stesso tempo li aiuta ad esprimere le proprie doti, moltiplicandole.

In ultimo, parliamo di “pessimismo“, come lo hanno definito in tanti, tra cui appunto Conte. Non è slegato tra l’altro anche dalla gestione di palla, a cui abbiamo accennato sopra. L’essere pessimisti è quella capacità di un calciatore di sapere soppesare rischi e pro di una giocata o di una situazione, pensando al peggio che possa accadere. E’ una qualità che i giocatori nel loro percorso di crescita sviluppano a velocità differenti e che richiede comprensione delle situazioni. E’ una qualità che alcuni hanno innata, altri la maturano con l’esperienza, altri ancora la imparano nel loro percorso quando incontrano qualcuno che riesce a trasmettergliela.

Quando si ha il pallone ci sono infatti delle posizioni che vanno “coperte”, degli spazi che vanno riempiti nell’ipotesi pessimista che la palla venga persa. Si parla di marcatura preventiva, concetto quasi ossimorico: la marcatura viene in genere legata alla fase di non possesso e in genere si pensa ad un difensore che marca un attaccante, mentre la marcatura preventiva è un comportamento che riguarda la fase di possesso palla e l’occupazione di certe zone di campo a scopo preventivo.

“Non so quante altre squadre in giro giocano come noi, con due punte, un trequartista e due ali. Siamo a trazione anteriore, a prescindere da tutto. Vogliamo fare un calcio offensivo. È chiaro però che quando perdi palla devi andare ad occupare le giuste zone di campo”

Antonio Conte

Il nostro centrocampo, composto da Brozovic e Barella, è un centrocampo tendenzialmente ottimista. I due sono molto dinamici, coprono ampie porzioni di campo con e senza palla e spiccano per generosità sia con il pallone che senza, non per nulla sono due dei calciatori con la media chilometri percorsi a partita più alta. Non hanno problemi a coprire il campo, come ho avuto modo di leggere da alcuni critici dopo la gara con la Fiorentina. Sono però giocatori istintivi, che se vedono uno spazio si inseriscono senza pensarci due volte (Barella), oppure che si fanno calamitare dal pallone (Brozovic) per giocarlo: accade ogni tanto quindi che loro “perdano” un poco la copertura della zona che dovrebbero presidiare.

Questo è accaduto in certe situazioni nella partita con la Fiorentina. In una difesa a tre anche i braccetti devono certamente supportare l’azione offensiva, ma con criterio e con le dovute coperture. Quando D’Ambrosio e Kolarov hanno l’occasione di portare palla e creare superiorità sull’esterno, prendendo campo, devono senz’altro farlo, ancora di più perchè il 3412 li incentiva decisamente da questo punto di vista. Il comportamento dei due mediani e dei due difensori deve adattarsi di conseguenza: se entrambi i mediani finiscono contemporaneamente per schiacciarsi sulla difesa avversaria oppure – per “generosità” – a uscire dalla propria zona di competenza, allora su una palla persa ci si espone ai rischi di una enorme ripartenza.

Sbagliare una marcatura preventiva ti espone – se la riaggressione non ha successo – ad un contropiede e spesso richiede ai calciatori per rimediare un ripiegamento mentalmente e fisicamente prosciugante: correre all’indietro è difficilissimo. Anche in questo caso, l’Inter può crescere sia attraverso il lavoro, sia inserendo un giocatore di esperienza come Vidal, che da questo punto di vista è maturo, può garantire una maggiore “consistenza” al nostro centrocampo e aiutare molto Barella e Brozovic.

Fig. 6

In ultimo, visto che la conversazione è stata veramente lunga, due parole sul Benevento, una squadra che può metterci in difficoltà in questo momento. E’ probabilmente tra le neo-promosse quella con più qualità. La coppia centrale è di buon livello (Caldirola-Glik) e i terzini abbinano passo e piede (l’interessante Foulon e Letizia). Il centrocampo vanta un regista (Schiattarella) e due mezz’ali di quantità. Sono una squadra costruita con raziocinio che probabilmente interpreterà la gara mettendo in campo le proprie caratteristiche e cercando di colpire con la rapidità di Sau, Insigne e Caprari (in base a chi schiererà Inzaghi). Anche dal punto di vista fisico occorre cautela: il Benevento ha iniziato la preparazione molto prima dell’Inter e questo può determinare.

Si tratta di una gara certamente non semplice dove probabilmente ci sarà da soffrire. Quello che mi sento di dire – nel mio piccolo – da tifoso è che ci vuole pazienza. Il percorso che l’Inter sta percorrendo come idea di calcio è moderno, ambizioso e sul lungo periodo penso possa dare grande soddisfazione. Oggi infatti, tolta una breve parentesi su De Vrij, non ho voluto parlare di nessun singolo, ma solo della squadra e del suo comportamento corale. Sono certamente da mettere in conto le difficoltà che nel breve periodo si possono incontrare, ma la speranza è quella di superarle e di uscirne ancora più forti di prima. AMALA.

Il_Casa

Interista, fratello del mondo. Dal 1992 un'unica fede a tinte rigorosamente nerazzurre. Sobrio come Maicon, faticatore come Recoba.

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