Bauscia Cafè

Emozioni di vecchia data.

Diciamolo: ci mancavano queste partite. Ci mancavano queste emozioni, il sudore sulla fronte, l’espressione stravolta al fischio finale, come se avessimo corso noi, da seduti in poltrona, i dieci km e più che i ragazzi corrono nei 90 minuti della partita. Ci mancavano tantissimo ed è bellissimo tornare a soffrire in questo modo dopo troppo tempo. Prima semifinale europea dal 2010. Credo che basta questo a spiegare l’importanza, psicologica più che effettiva, della partita appena vinta.

Prima premessa: il Bayer Leverkusen era squadra vera. Una discreta organizzazione di gioco generale, qualche punto debole (ma avevano anche alcuni calciatori infortunati o squalificati), ma alcune individualità di grandissima qualità. Si sapeva che avrebbero tenuto il pallino del gioco, che avrebbero condotto la palla a centrocampo cercando di innescare la velocità e la tecnica di Diaby e Havertz. Noi ci siamo presentati con un pressing molto alto, pressione sugli esterni, grande attenzione sui raddoppi al centro del campo. Piano piano, abbiamo preso il comando del centrocampo relegandoli sempre più indietro. Piano partita azzeccato in pieno e lettura delle situazioni tattiche di altissimo livello. Nel primo tempo, tolto il goal di Havertz più causale che altro, il Bayer non ci ha capito niente.

Non solo questo: nel secondo tempo, quando comprensibilmente il Bayer aumentava la pressione e cominciava a metterci alle corde, abbiamo saputo leggere benissimo la partita e inserito Eriksen il quale, approfittando del vuoto in interdizione nei Tedeschi dovuto all’inserimento dei tanti calciatori offensivi, ha potuto avere gli spazi in attacco per aprire la difesa avversaria con la sua grande tecnica (a detta di chi scrive, miglior partita del Danese da quando è all’Inter). Il Bayer ci ha provato disperatamente, inserendo attaccanti su attaccanti e provandoci anche con la punta Alario ma sia lui che il titolare Volland sono stati letteralmente annullati da una prova maiuscola dei tre difensori e, in particolare, di Diego Godin.

Diego Godin è passato da calciatore di esperienza ma oramai verso la fine della carriera, a oggetto misterioso, a calciatore avulso nella difesa a tre, a autentico totem monumentale nelle ultime 4-5 partite. Tutto nel giro di una singola stagione. In pochi minuti lo si è visto sulla trequarti offensiva a toccar palla, a centrocampo a seguire Havertz, in difesa ad anticipare Volland e a far ripartire l’azione. Una efficacia nell’anticipo difensivo sia di piede che di testa che mi ha fatto scomodare, durante la partita, paragoni importanti con titolari di Inter ragguardevoli di fine scorso decennio. Ha migliorato nel momento più importante della stagione e sta portando, con la sua esperienza, la qualità dell’intera difesa a livelli visti forse solo a sprazzi durante il girone di andata. Lui è il mio personale MVP della partita.

Questa e’ stata la seconda di quattro (speriamo) fatiche, la squadra ha saputo reagire in maniera diversa ma efficace all’avversario, di grande qualita’ rispetto al Getafe e dalle insidie diverse. L’Inter si e’ approcciata adattandosi all’avversario in maniera a tratti perfetta, soffocandolo e rendendolo per lunghi tratti inoffensivo. Abbiamo dato l’impressione di riuscire a salire di livello col salire di livello dell’avversario.

Non diversa, se non qualitativamente, almeno dal punto di vista del sacrificio, la partita di Lukaku e Barella. Due di cui ormai conosciamo l’importanza nel gioco di squadra e del mantenere alto il livello di attenzione durante tutti i 90 minuti. Logico che, in una partita di grande sacrificio, questi due – come in tante altre occasioni – si siano esaltati. In particolare il talento di Cagliari, a 23 anni appena compiuti e ancora grossi margini di miglioramento (qualcuno ha detto gestione dei cartellini gialli?), è sulla buona strada per poter diventare uno dei centrocampisti più forti del panorama Europeo e uno degli acquisti più azzeccati della storia recente del nostro club.

Infine, però, voglio dedicare una menzione speciale a un talento di cui si è discusso tanto da quando è arrivato in pompa magna in Italia: Christian Eriksen, come ho accennato in precedenza, ha giocato la partita migliore da quando è in Italia, non tanto dal punto di vista della produzione offensiva che è nota da tempo a livello mondiale. Vorrei piuttosto soffermarmi su due anticipi difensivi che ha compiuto, uno su Havertz e l’altro credo su Amiri, sulla trquarti difensiva di campo. Uno dei motivi per i quali Eriksen è partito dalla panchina in alcune uscite è stato per permettere un maggiore equilibrio difensivo proprio in quella fascia di campo in quanto non ha nelle sue corde p9ù naturali il gioco di posizione difensivo oppure il rientro sistematico (cosa che per esempio Borja Valero ha saputo fare più volte). Ciò aveva il ragguardevole effetto collaterale di privarci di una dose di inventiva offensiva con pochi pari in Europa. Se si riuscisse ad aggiungere al suo bagaglio tecnico-tattico questa importante fase nello scacchiere del centrocampo di Conte, potremmo aver di colpo migliorato sensibilmente la qualità del centrocampo, di nuovo, nel momento più importante della nostra stagione.

Abbiamo giocato, abbiamo segnato, abbiamo sofferto, abbiamo attaccato e difeso come una vera squadra. Siamo una squadra, siamo l'Inter, e la missione e' alzare finalmente quella Coppa dopo tanti anni. twittalo

Ma le cose non si fermano assolutamente qui. Questa è stata solo la prima di tre fatiche di Ercole per alzare una coppa che oggi è un passo più vicina, ma ancora molto lontana. Per raggiungere l’obiettivo ci vuole forza, un po’ di fortuna, ma soprattutto una solidità mentale superiore a quella di tutte le altre contendenti. Qui sta il mio ultimo punto di discussione di Inter-Bayer Leverkusen. Ho visto una squadra vera, unita, che si è mossa come una sola grande creatura dai colori nerazzurri, tutta nella stessa direzione che è la missione di alzare di nuovo dopo dieci anni una coppa europea. Voglio lodare l’atteggiamento, quello giusto. Il linguaggio del corpo, la capacità di sacrificarsi, di giocare l’uno con l’altro che solo un mese fa circa era stato messo in discussione dopo un paio di passi falsi in campionato con vari ricami da parte della stampa. La squadra appare in una sua bolla personale, unita e immune da attacchi vari. Questo, ripeto, è l’atteggiamento giusto di una squadra. In attesa di poter dire altre cose, mi fermo qui. La prossima partita sarà contro la vincente di Shakhtar Donetsk (squadra di vecchi volponi già castigata in CL dall’Atalanta) e il Basilea (squadra sulla carta più morbida ma decisamente da non sottovalutare). Forza, ancora due passi.

La prossima partita e’ la semifinale e non vedo l’ora di vederla.

Tzara

Nella vita ha cambiato città, Nazione, lavoro e amori ma l'Inter è sempre rimasta. Non ha molti desideri, ma se riavesse un centrocampo con Veron, Cambiasso Stankovic e Figo non si dispiacerebbe.

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