Bauscia Cafè

I tragici

Questa squadra ha sempre avuto una natura tragica. Il termine “tragica”, qui, è inteso in senso drammaturgico, come componimento destinato alla rappresentazione: un componimento che tratta vicende intrise di pathos, di tensione, di sofferenza, e che termina con un atto purificatore.
Stasera (ieri sera) abbiamo assistito a tutto questo: una rinascita, improvvisa e inattesa, animata da forze occulte e imperscrutabili. Un qualcosa di epico, che si respirava fin dai primi istanti. Gli stessi corpi amorfi scesi in campo pochi giorni fa erano trasformati, trasfigurati, posseduti da un’energia superiore; ci hanno guidato – noi, spettatori ormai distaccati, sfiduciati – in un crescendo di tensioni e di ardori, che mai immaginavamo potesse essere possibile. Hanno fatto sì che anche le nostre posizioni e posture mutassero: dapprima, abbiamo seguito gli eventi da sdraiati, in modo remissivo; poi, incuriositi, ci siamo issati sull’attenti; infine, nelle battute finali, ci siamo appiccicati allo schermo, quasi a cercare di partecipare attivamente all’azione. La rassegnazione ha lasciato spazio all’orgoglio e all’ambizione, antiche emozioni che sono di colpo riaffiorate.

L’idea del lieto fine ci ha cullato per quasi tutto l’atto finale: tutto sembrava andare in quella direzione. Il fine drammaturgo dalla cui mente è nata questa rappresentazione, però, ben sapeva che il valore della sua opera sarebbe stato assai più alto se le speranze di un finale accomodante fossero state smentite: l’unico modo in cui questa vicenda poteva terminare era con la sconfitta dell’eroe, vigoroso e perfetto nella sua lotta ma allo stesso tempo debole, condannato a scontare una colpa ineluttabile, nonostante il suo valore.
Non è un caso, quindi, che la sconfitta sia giunta per mano (piede) del più volgare, infido e disgustoso araldo nemico, l’ultimo individuo che avremmo desiderato veder esultare in casa nostra. Era la degna fine di una grande rappresentazione; una rappresentazione cui – non certo per caso – il pubblico ha reso il giusto omaggio con applausi scroscianti, una volta calato il sipario.

Insomma, sono passate quasi sei ore, io sono pienissimo, ma tornato a casa non ho potuto fare a meno di riguardare nuovamente le immagini di questa serata e di descriverle nei toni pomposi che vi siete appena sorbiti. Questo è calcio vero, queste sono emozioni vere, questa è l’Inter. E sono tutte cose di cui, in questi anni, ci eravamo più o meno dimenticati.

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Grappa

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