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Olanda-Uruguay: vedo arancio

Siamo alla vigilia di un evento storico: solo l’Uruguay si frappone alla prima vittoria di una nazionale europea fuori dal proprio continente. Per quanto la Celeste sia già andata oltre i propri limiti, senza il cannoniere Suarez – immolatosi per impedire il gol del Ghana al minuto 120 – è difficile immaginare soluzione diversa da una finale tutta europea.
L’ultima volta che gli uruguagi hanno incrociato l’Olanda, ai Mondiali, era il 1974. La squadra di Cruyff e Neeskens dominò il confronto: segnò due volte Johnny Rep; lo marcava Pablo Forlan, il padre di Diego.
Oltre allo squalificato Suarez, potrebbe mancare il leader della difesa, Diego Lugano. Assenze molto più pesanti di quelle annunciate fra gli olandesi [il centrocampista De Jong e l’ottimo terzino Van der Wiel]. Il ct Bert Van Marwijk dirà ai suoi di fare attenzione a una giovanissima mezzapunta, Nicolás Lodeiro. Punto di forza si sta rivelando Stekelenburg, il portiere: negli anni Settanta due Mondiali furono compromessi a causa di Jongbloed e Schrijvers, portieri impresentabili, non di rado ridicoli…
La critica specializzata ondeggia fra gli stereotipi: ai Quarti, quattro sudamericane su otto, e tutti a parlare del dominio latinamericano, pronosticando una «finale inevitabile» [Brasile-Argentina]: qualcuno ha sentenziato fosse «l’evidente volontà della FIFA». Ora, con tre europee su quattro semifinaliste, tutti si affannano a ripiegare sulla «tradizione del Vecchio continente».
L’indole degli uruguagi è quella di non sprecare nulla. La Grande Olanda, invece, fu definita «cicala». Se tornasse a cicaleggiare stasera, verrebbe punita dai maestri della praticità calcistica. Amati da Brera per la loro mirabile ragionevolezza.

Rudi

Rudi Ghedini, bolognese di provincia, interista dal gol sotto la pioggia di Jair al Benfica, di sinistra fin quando mi è parso ce ne fosse una.

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