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Gattuso la Nuova Zelanda l'avrebbe battuta (e anch'io, mi sa)

La storia mondiale dell’Italia insegna che una partenza a rilento è assolutamente di buon auspicio. Se poi c’è del margine per partire proprio di merda, ancora meglio: Lippi, che lo sa, anche stavolta non sbaglia un colpo e, col suo 4-3-Marchisio-2 prosegue nella strada indicata dalla cabala. Arrivati a questo punto, la tentazione di fare schifo anche nella terza partita è forte: dopo una partenza con due pareggi ed una sconfitta, nessuno potrebbe fermare più gli azzurri, nemmeno la nube vulcanica e gli aeroporti in tilt.
Mentre Lippi si affida alla tradizione, il ct neozelandese, impaurito dal blocco Juve, ci va giù pesante e schiera il blocco della palestra di Mike, covo degli alcolizzati della periferia di Auckland. Degli 11 che si ritrovano ogni domenica per il partitozzo manca solo Johnny, fantasiosa mezz’ala, che aveva promesso alla moglie di stare a casa con lei a guardare il dvd degli editoriali di Minzolini. A sostituirlo, il cugino di Mike, avvertito poche ore prima della partita e costretto a rinunciare a malincuore alla pizzata con gli amici delle medie.
Al settimo minuto, nell’area dell’Italia giunge la seconda palla alta del mondiale: Rick, il re dello squat, lancia una scarpata all’altezza del dischetto di rigore. Si dice che la vecchiaia porti esperienza, ed infatti Cannavaro mostra a tutti ciò che l’esperienza degli ultimi anni gli ha insegnato: grazie alle numerose sbertucciate subite, il delizioso assist di petto col quale spiana a Smeltz la strada dell’1-0 è un gesto naturale, quasi istintivo.
La situazione, ora, si fa delicata. Perdendo questa partita, infatti, il rischio Europa League diverrebbe davvero concreto: in momenti come questi, servono nervi saldi. Ci vuole tutta l’esperienza dei campioni del mondo per arginare i talentuosi neozelandesi, interpreti di un calcio essenziale ma efficace: con un solo passaggio, gli All Withes mettono il pallone nei pressi dell’area avversaria, mettendo in mostra schemi ben studiati. Spiazzato da un collettivo così ben organizzato, Lippi capisce che, anche questa volta, dovrà sfoderare la sua arma vincente: l’invertimento degli esterni. Pepe e Marchisio si scambiano così di posizione, e la mossa sorte subito gli effetti sperati: le micidiali incursioni degli indiavolati Bertos e Lockhead (sì, proprio loro) vengono brillantemente arginate, e Marchetti può dormire sogni tranquilli.
Bloccate le fasce, ci si può dedicare all’attacco. De Rossi, giovane allievo del maestro Menez, viene trattenuto in area e decolla: è rigore. Sul dischetto va Iaquinta, il Mattia Destro di Calabria, che mette dentro il gol che vale un prestigioso pareggio.
Non succede niente fino all’intervallo, e si va al riposo sull’1-1. Lippi vede in panchina Di Livio e tenta di convincerlo ad entrare, poi desiste e punta su Camoranesi. La ripresa è incerta, difficile, e il risultato non si sblocca: ci vuole un attaccante che sia capace di dare profondità e di dettare il passaggio, uno dal dribbling secco, freddo davanti al portiere. Ci vuole uno che segni i gol pesanti, uno che, nell’ultima stagione, ha mostrato di essere in stato di grazia: ci vuole uno come Il Principe.
Lippi lo capisce, e mette dentro Emanuele Filiberto, ormai showman a 360 gradi, al quale mancava giusto l’esordio in Nazionale per completare la stagione del rilancio.
L’Italia si riversa nel cerchio di centrocampo per trovare il gol della vittoria, mentre il tempo passa e la tensione sale. I nervi si scaldano sempre più, qualche azzurro non regge alla micidiale pressione e perde il controllo. Bagni, come di consueto il più attento di tutti, se ne accorge e rivela un particolare che ai più era sfuggito:

“Chiellini per difendere il pallone è andato di corpo”

sottolineando così la totale dedizione alla causa del difensore juventino, disposto, nel bel mezzo della gara, a cimentarsi nella più impegnativa delle deiezioni pur di tenere alto l’onore del paese.
A pochi minuti dalla fine, il cugino di Mike, appena entrato, azzecca il primo dribbling dai tempi delle elementari, lasciando sul posto Cannavaro con un elegante sombrero, e fa partire un bel sinistro che esce di poco. Peccato per il numero 5 azzurro, spesso in difficoltà in questo mondiale: qualche disattenzione di troppo per l’astro nascente della retroguardia. Ma la qualità non manca, e il ragazzo si farà.
Si farà sicuramente.
Il forcing azzurro degli ultimi dieci minuti, che produce un paio di rinvii dei centrali neozelandesi ed una rimessa laterale in zona interessante, non basta per portare a casa i tre punti: la qualificazione dovrà dunque essere conquistata nella sfida di giovedì con la Slovacchia. Dopo due settimane piene di lacrime, nelle quali i giornalisti e Lippi gli hanno tirato la volata, finalmente Pirlo è pronto a scendere in campo per completare lo spendido lavoro svolto fin qui dai suoi compagni di squadra.
Nel dopo partita, critiche a Lippi per le mancate convocazioni di alcuni giocatori che avrebbero potuto fare la differenza. Io, però, sono col ct: le sue scelte vanno difese e seguono una logica ben precisa. Come diceva quel tizio che si è filmato mentre, spensierato, si sparava roba in vena prima di una finale di Coppa Uefa,
se proprio devi fare una figura di merda, falla grossa.

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