Bauscia Cafè

Concentrazione

Non è facile scrivere questo articolo oggi. Non perchè sia successo qualcosa di più o meno grave, semplicemente perchè faccio una fatica terribile a capire cosa sia successo ieri sera a San Siro.
Mi sembra di aver assistito non ad una partita singola, ma a due eventi ben distinti e contrastanti, l’uno non influenzabile dall’altro. Non è facile quindi capire quale sensazione è prevalente nell’animo mio, come in quello di tutti gli altri tifosi nerazzurri, dopo l’esordio stagionale in casa contro il Torino dell’ex Mazzarri.
Tendenzialmente, vuoi anche per un discorso temporale o di causa-effetto, si tende a stare incazzati come iene (ma quanto sono incazzate poi le iene? esiste un “incazzatometro”? Un tempo si sarebbe detto “una cosa non troppo simpattica nel suo insieme”, per scimmiottare le classiche interviste da marciapiede del lunedì mattina). La cronaca parla di una squadra che verso il finire della prima metà di gara si è divorata a più riprese un 3-0 che ti faceva dire “e vabbè, lo faremo poi”, e che ha concluso la partita in pareggio, con un paio di rammarichi granata per un – loro, stavolta – terzo gol mangiatosi in varie occasioni.
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Allora, a questo punto, oltre a rammaricarsi per l’ennesimo passaggio a vuoto di una squadra e di un portiere che (attenzione: nel primo incredibile gol granata le colpe sono da attribuirsi anche a D’ambrosio, ma vorrei che qualcuno mi spiegasse cosa stava pensando Handanovic mentre ha deciso di smaterializzarsi dalla visuale di Belotti) è sempre meno sicuro e in palla, ma che ricorderemo più per le lamentele per non giocare la Champions’ piuttosto che per la voglia di fare autocritica e migliorare un fondamentale in cui è sempre stato carente, come quello delle uscite – dicevamo oltre a questo, bisognerebbe capire quale squadra sia l’Inter.
Un primo tempo che non si fatica a definire dominato è un fatto che rimane, non va via, alla luce del risultato finale. Eppure questo ottimo inizio – uno dei migliori degli ultimi anni addirittura, in quanto ad autorevolezza, tranquillità, volontà – viene spazzato via da un secondo tempo francamente ridicolo anche solo da commentare con un minimo di senso critico.
Il fatto è che una partita in cui si conduce amabilmente e che si conclude con un sospiro di sollievo per un pareggio è di per sè un evento piuttosto raro in uno sport in cui il segnare punti è l’essenza del gioco, molto più che in altre attività come basket o pallavolo, per intenderci. Eppure perché guardando la nostra squadra e le prestazioni che la caratterizzano si ha sempre l’idea di assistere ad un qualcosa di “già visto“?
Una prestazione schizofrenica come quella di ieri è un qualcosa che metterebbe a repentaglio le coronarie di qualsiasi tifoso, ed il fatto che noi siamo per nostra natura allenati a situazioni del genere (“pazza Inter amala” recita il simpatico jingle) oggi è più un motivo di scoramento che di divertimento.
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Cos’è che atavicamente rende questa squadra incapace di reagire ai momenti difficili? Cos’è che la rende intrinsicamente inaffidabile? Sono cambiati tecnici, uomini in campo, uomini mercato (a tal proposito questo è un aspetto che andrebbe considerato in maniera più approfondita, se è vero da come ho letto, che ieri sedevano in panca 200M di investimenti. Duecento milioni, signori. E chi ha avallato la scelta di spendere 200M per la panchina spero che prima o poi risponda di determinate scelte… ma non divaghiamo). Io non so cosa sia, se è l’aria di Appiano o la marca dell’acqua naturale, che ci rende così “disconnessi” ed incapaci di portare a casa la pagnotta ogni santa volta.
Ma una cosa è certa. Se non si è naturalmente in grado di sopperire a certe mancanze, ci si impegna per farlo. Tirate fuori quella cazzo di concentrazione, quindi.
Non è ammissibile aver perso 5 punti per strada su 6 disponibili per due errori individuali di calciatori professionisti che hanno quasi 70 anni di età in due. L’esperienza dovrebbe essere quel quid in più, ed invece certi errori grossolani che ti aspetteresti da dei ragazzini li commettono alcuni tra i giocatori più maturi (e pagati, vorrei anche dire) della rosa.
Non è banalmente tutto qui ovviamente, ci sono molti articoli nei vari blog interisti e nella stampa generalista che esaminano in maniera molto approfondita la prestazione ridicola del secondo tempo di ieri sera; quello che intendo dire io è che molto banalmente nel gioco del calcio si deve saper giocare a calcio. Se sbagli uno stop, se strattoni un avversario, se sbagli clamorosamente un’uscita, se ti fai superare dal pallone con l’avversario a due metri, non ci sono tattiche o motivazioni che tengano. Sono errori grossolani, individuali, inconcepibili per professionisti al top della carriera, che non devono verificarsi mai, o quasi. O quantomeno che vanno limitati al massimo, e in definitiva che non devono essere una giustificazione per risultati che non arrivano.
Non si deve sbagliare.
Se si sbaglia, si tirano fuori le palle e si recupera la situazione.
Altrimenti – e si parla per assurdo ovviamente – si arriva al punto da giustificare una stagione da decimo posto con “è andata così, tanti errori, che ci vuoi fare”. Non si giustificherà un bel nulla. La sensazione di una squadra non pronta sul profilo mentale più che su quello tecnico o tattico, o di preparazione, o di amalgama (fate voi) è forte, e nauseante.
Concentrazione. Per favore. Grazie.

Vujen

Classe '85, marchigiano, interista da tre generazioni. Appassionato di fotografia, Balcani e cose inutili ma costosissime. I suoi pupilli sono Walter Samuel e l'indimenticabile Youri Djorkaeff. Lautaro più altri 10.

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