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La fine dell’anno zero

Da qui si comincia. Ci abbiamo messo un pochino a realizzare, va detto. Probabilmente non c’eravamo più abituati, e questo è male male. Ma alla fine di questo campionato infinito l’Inter è tornata a stare dove la sua storia lo impone. E’ tornata a partecipare alla competizione per club più importante al mondo, dopo più di un inaccettabile lustro di assenza.
E’ riuscita a farcela alla solita maniera dell’Inter, quel modo “un po’ così” che ci fa dannare ma che sotto sotto ci fa innamorare ogni volta come se fosse la prima, come una donna tanto bella quanto inaffidabile. Pazza, appunto, come da DNA. Salita verso il paradiso, discesa verso gli inferi e, proprio quando tutto sembra perduto, l’epifania che non ti aspetti. O meglio, che in fondo un po’ sempre ci aspettiamo. In vero stile Inter.
A meno di venti minuti dalla fine del campionato eravamo tutti pronti a sbraitare verso l’ennesima stagione inconcludente, eravamo tutti pronti ad inneggiare all’ennesima rivoluzione estiva, eravamo tutti volenterosi di trovare l’ennesimo capro espiatorio a cui addossare le varie responsabilità.
Venti minuti dopo avevamo raggiunto l’obiettivo stagionale, l’unico raggiungibile, ad essere obiettivi, di questo anno calcistico 2017/2018.
E’ inutile scrivere o raccontare una partita che qualsiasi tifoso nerazzurro ha ancora ben impressa nella propria memoria a breve termine. E’ importante però specificare, rendersi conto dell’importanza che questa partita ha avuto per il nostro presente, e per il nostro futuro.

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Da qui, si comincia. L’anno zero, durato incredibilmente più di quanto sperato, è finalmente terminato. Da qui si può, anzi si deve obbligatoriamente ricominciare a costruire tutto ciò che l’Inter ed il suo popolo si merita. E’ splendido, e giusto, ed obbligatorio farlo.
La scorsa stagione si è contraddistinta con un classico senso di “non compiuto”, forte, ben presente durante le varie fasi dell’anno. Una rosa palesemente troppo corta per affrontare una stagione intera, con un mercato che è stato forse uno dei più grotteschi degli ultimi tempi a mia memoria. L’evidenza di una crisi interna sempre più plausibile e concreta. Divisioni societarie, dissidi interni, dimissioni in corso d’opera di chi era venuto con promesse poi non mantenute da parte della società. Un allenatore che si è preso la responsabilità di portare in porto una barca molto spesso in balìa di onde provenienti da mari interni, tanto quanto da oceani esterni. E poi il campo, gli alti e bassi, la partenza a razzo e l’inverno pessimo, la dilapidazione di tutto il vantaggio acquisito in autunno, la depressione, le sconfitte esterne ed i pareggi interni fino alla nuova quadratura del cerchio ed al rush finale. Lo scandalo di Orsato, la depressione e il terribile capitombolo con il Sassuolo, fino ad arrivare al “dentro o fuori” dell’Olimpico.
Un’Odissea guidata, pur commettendo qualche errore, da un allenatore finalmente appropriato per questa panchina, in primis dal punto di vista umano e caratteriale prima ancora che tecnico. Un allenatore che, ormeggiato il veliero, si è tolto, a torto o ragione, qualche sassolino dalle scarpe.

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Da qui si comincia. Il mercato che verrà è pieno di ombre ed insidie, di variabili impazzite, di tennistiche più strette (chiusura 18 Agosto!). Una rosa da puntellare, una rosa da ampliare, una rosa da mantenere nelle eccellenze che abbiamo in difesa ed in attacco, i conti da far quadrare, le prostitute (hai avuto modo di poter finalmente conoscere ciò che ci circonda, caro Luciano) che hanno già cominciato scientemente a destabilizzare il nostro ambiente fresco fresco di soddisfazioni.  La stagione prossima sarà emozionante ed intensa, di nuovo da vivere da protagonisti. Ci sono grandi possibilità di poter decollare, se si opera nella giusta maniera. Ci sono altrettante possibilità di poter sprecare l’ennesima occasione, conoscendo la nostra atavica capacità di complicarci la vita.
Sarà una estate torrida. Ma l’anno zero è finalmente finito.
Da qui si comincia.

Forza Inter.

Vujen

Classe '85, marchigiano, interista da tre generazioni. Appassionato di fotografia, Balcani e cose inutili ma costosissime. I suoi pupilli sono Walter Samuel e l'indimenticabile Youri Djorkaeff. Lautaro più altri 10.

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