Bauscia Cafè

Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo?

Ma sì, scomodiamo anche Gauguin (no, non è un centrocampista del Nizza), tanto io sono Nicola Berti e ormai posso fare tutto quello che voglio.
Scherzi a parte, come al solito tifare Inter non annoia neppure per un istante ed è impressionante come in tre partite si sia visto tutto e il contrario di tutto, tra una sontuosa goleada, un big-match col freno a mano tirato (ma giocato in maniera intelligente, al netto dei discorsi puerili su catenaccio e scarsa iniziativa offensiva) e una quasi tragedia sportiva da aggiungere agli annali nerazzurri delle FigureDiMerda©.

Tre partite molto diverse tra loro, ma capaci di dare ulteriori risposte a Spalletti e ai tifosi su ciò che già siamo, mentre le incognite sul cosa potremmo essere restano tali e, con il mercato di riparazione ormai alle porte, impongono doverose riflessioni tecniche per capire se anche in assenza di competizioni europee sia davvero il caso di non toccare quel meccanismo quasi perfetto visto in campionato che, tuttavia, soffre di limiti da coperta corta che hanno palesato tutto il loro peso nella grottesca esibizione di ieri sera contro il Pordenone.

C’è infatti un’Inter con il suo 11 ideale, consolidato, in crescita costante, dove anche chi solitamente ha il ruolo di riserva riesce a ritagliarsi prestazioni più che decorose quando chiamato in causa (penso ad esempio a Santon, decisivo in occasione del gol che ha sbloccato il match col Chievo, o a Ranocchia, che nella stessa partita avrebbe meritato il gol in almeno 3 occasioni) e poi c’è l’Inter di chi non ancora conosce il calcio italiano, di chi non ha mezzi tecnici sufficienti per vestire il nerazzurro o di chi nonostante la cura Spalletti proprio non riesce a scrollarsi di dosso certe indolenze croniche pronte a manifestarsi non appena l’asticella del livello di difficoltà scende verso il basso.

Per l’ultima voce basti ricordare la prestazione offerta ieri non tanto dai Dalbert, dai Karamoh e dai Cancelo, ragazzi da svezzare, con pochissimi minuti nelle gambe, limiti tattici ancora enormi e una identità calcistica tutta da definire, quanto dai Brozovic, dagli Eder, dai Gagliardini (e dai Joao Mario, anche se ieri non abbiamo potuto ammirarlo), sempre pronti a deludere quando il livello in campo e l’opportunità concessa imporrebbe loro di dare un segnale forte di impegno, di grinta, di dedizione alla causa. Niente di tutto questo, solo un sacco di bestemmie, da casa come allo stadio.

ONLUS Inter
ONLUS Inter

Ecco quindi che, in tre-partite-tre, si delinea alla perfezione la qualità del lavoro svolto da Spalletti finora, con quella casella zero sconfitte che ancora oggi lascia sbigottiti tifosi in ogni angolo del pianeta, e le oggettive difficoltà di una rosa che sta gettando il cuore oltre l’ostacolo per ciò che riguarda 14-15 elementi, scoprendosi però tremendamente fragile e cortissima ogniqualvolta il tecnico interista si trovi costretto a cercare un’alternativa per non spremere i soliti noti.

Esemplare in tal senso proprio la partita di ieri: 9/11 di turn-over, tra presunte promesse, pippe certificate e oggetti misteriosi, col risultato di un disordine sul campo degno del calciotto con gli amici al martedì sera, tra brividi enormi (il palo di Magnaghi avrebbe potuto essere la pietra tombale su una serata da incubo) e gol falliti da zero metri. E la necessità di far giocare chi avrebbe dovuto godersi 90 minuti di relax, senza risolvere nulla e con tutti i rischi del caso.

Volendo trovare una buona notizia anche nel pianto di Inter-Pordenone, potremmo dire che solitamente serate del genere ci avrebbero relegati per mesi al pubblico ludibrio (anche se dopo Brignoli io ci andrei cauto con la perculatio), mentre invece il vento sembra cambiato anche in tal senso: che serva davvero di lezione a tutti, ai più responsabili come ai giovanotti che provano a diventare grandi in nerazzurro.

Ricapitolando: undici titolari capaci di prendere a pallonate il Chievo e di andare a Torino creando sì poco, ma obbligando Allegri ad allestire una formazione tra il conservativo e il rinunciatario, strappando un punto che, alla luce degli altri risultati, sa di buono e rinvigorisce l’autostima; una manciata di riserve che, in un mix di eterne promesse, gonfiore addominale, immaturità tecnico-tattica, supponenza calcistica e sottovalutazione dell’avversario, si fa inchiodare sullo zero a zero casalingo da un’onesta formazione di Lega Pro che sfiora l’impresa fino all’ultimo episodio utile, obbligando il proprio allenatore a rinunciare ai buoni propositi di “niente sforzi per chi gioca sempre” e costringendolo anche ad una mea culpa che, forse, persino Spalletti non aveva previsto.

Magari il monito di ieri servirà anche a lui per rivedere le proprie aspettative su certi elementi e sui loro presunti progressi.
Mi auguro soprattutto che serva alla nostra società per non buttare via questi mesi di prezioso lavoro – e di serate infami – pensando che possa essere sufficiente non toccare nulla per sfangarla.

Sabato vedremo quanto la serataccia di ieri potrà aver inciso su gambe e testa dei giocatori. Bando alle ciance.

NicolinoBerti

Coglione per vocazione, interista per osmosi inversa dal 1988 grazie a un incontro con Andy Brehme. Vorrei reincarnarmi in Walter Samuel, ma ho scelto Nicola Berti per la fig...ura da vero Bauscia.

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