Bauscia Cafè

Amichevolmente

Temo che una doverosa premessa sia d’obbligo, prima di analizzare quanto osservato nelle tre partite del nostro primo trofeo stagionale messo in bacheca, la International Champions Cup, nome altisonante per un torneo estivo che, come al solito, diventa indicativo soltanto per gli addetti ai lavori e, soprattutto, per Luciano Spalletti: il mercato sinora è stato deludente, inutile girarci troppo attorno. Pur rinfrancati dal fatto che Borja Valero e Skriniar siano stati sempre tra i migliori nelle amichevoli sin qui disputate, il tifoso interista si fa giustamente forte della promessa fatta dalla proprietà: acquistare almeno un nome di quelli che fanno sognare, quelli capaci di farti fiondare in negozio a comprare la maglia di colui che, ne sei sicuro, diventerà il tuo nuovo beniamino. “Un nome da Inter”, lo chiamano.
Non è un mercato semplice. In rete alcuni hanno provato a spiegare che il settlement agreement sottoscritto da Thohir non garantisce quella libertà di manovra che i media hanno sbandierato con eccessiva (beffarda?) sicumera, ma i tifosi, giustamente, hanno ancora in testa le parole di chi garantiva acquisti da sogno.
Parole che lo stesso Zhang Jr ha ripetuto poche ore fa, seppur in versione edulcorata.
Io spezzerei una lancia anche a favore del mercato condotto sin qui, un mercato indubbiamente povero di fuochi d’artificio, ma concreto e, soprattutto, funzionale alle richieste dell’allenatore.
Detto di Borja Valero e Skriniar, anche i prossimi arrivi di Vecino e Dalbert sembrano avallati direttamente dal buon Luciano e, pur non essendo nomi da onanismo sotto l’ombrellone, probabilmente daranno maggiore solidità ad una rosa perennemente incompleta e troppe volte fragile.
Quello che non dovrà ingannare Sabatini, Ausilio e la proprietà è proprio il rendimento ammirato nella ICC, dove un’Inter inaspettatamente brillante dal punto di vista della condizione fisica e decisamente attenta ad assorbire al meglio le indicazioni del nuovo allenatore, è stata capace non soltanto di battere squadre più forti e collaudate, ma lo ha fatto subendo poco o nulla, mostrando una abnegazione per molti persino sospetta da parte di chi soltanto pochi mesi fa sembrava remare contro.
Ben venga la ricerca del possesso, l’attenzione nella distanza tra i reparti, il movimento senza palla, il sacrificio degli esterni in fase di ripiegamento difensivo, ma nessuno deve ignorare il fatto che a oggi Nagatomo è una prima alternativa, che in caso di infortunio di Miranda o Skriniar la prima riserva sia Murillo o Ranocchia, che là in mezzo ci sia sostanza ma manchi ancora qualcuno capace di rappresentare un quid realmente in grado di fare la differenza da solo o quasi, che là davanti i difetti di Eder siano ormai appurati da tempo, che Jovetic non potrà essere utile e che non saranno Pinamonti e Gabigol a garantire ad Icardi la possibilità di tirare il fiato quando sarà necessario o a Spalletti la possibilità di cambiare modulo o approccio offensivo.

"Mourinho, non ti sentooooooo"
“Mourinho, non ti sentooooooo”
Il buon lavoro svolto finora da Spalletti e il suo staff è sotto gli occhi di tutti: dal match contro il Lione all’ultima sfida contro il Chelsea l’Inter ha migliorato la corsa, l’approccio alla gara, l’intensità del pressing, il posizionamento senza palla, ma anche sofferto quegli stessi, improvvisi blackout che troppe volte negli scorsi anni ci hanno fatto perdere punti ed energie mentali preziose.
Contro i francesi, dopo un primo tempo al piccolo trotto e povero di emozioni, era stato proprio Jovetic a proporsi come salvatore della patria, redivivo tra giocate di classe e gol decisivo, mentre Perisic evidenziava tutto il suo disappunto per non avere ancora indossato la casacca dello United.
Nel 2-0 al Bayern avevamo invece ammirato il cinismo di Eder ed apprezzato il ritorno al cross decente di Candreva, mentre Perisic provava a dimenticare Mourinho offrendo una prova degna del suo livello, poi ulteriormente migliorata nel 2-1 rifilato al Chelsea pochi giorni fa ed impreziosita da un gran gol su azione che, forse, ha anche preannunciato la sua permanenza in nerazzurro.
La costante, nelle tre amichevoli della ICC, è stata la grande attenzione dedicata ai movimenti difensivi, con Miranda sorprendentemente agevolato da uno Skriniar tatticamente a suo agio col brasiliano e abile nella lettura del gioco avversario; i terzini hanno palesato limiti ormai noti a chiunque, e l’impegno del giapponese che fa yoga sembra quello di chi vorrebbe ma non può.
Progressiva anche la crescita di Borja Valero, la cui intelligenza ha ben presto acceso la luce là in mezzo, agevolando il lavoro di Gagliardini e Kondogbia, che sembrano aver giovato da subito della presenza dello spagnolo al loro fianco. Su Joao Mario sento di dovermi ripetere: gioca ancora troppo a sprazzi, ma sotto l’egida di Luciano da Certaldo credo possa diventare un giocatore indispensabile, perché ha corsa, tecnica e senso tattico in abbondanza. Dovrà migliorare in concretezza e non nascondersi troppo nei momenti clou del match, sempre che il mercato non lo porti altrove. Brozovic invece non si è smentito neppure nel calcio estivo: innegabile l’impegno, ma mostra sempre quel costante senso di svagatezza e impalpabilità che non gli permetteranno di diventare quel grande giocatore che avrebbe potuto essere. Meglio vederlo corricchiare per il campo con una maglia diversa dalla nostra.
In attacco sospendo il giudizio su Pinamonti, ancora prematuro, mentre Gabigol conferma discrete qualità ma ancora tanta anarchia, ribadendo quanto un prestito in Serie A potrebbe essergli utile per proseguire al meglio nel percorso di crescita calcistica senza disperderne il buon potenziale.
Non mi fido invece di Jovetic e Eder: il primo non dà garanzie e non credo alla possibilità che Spalletti possa ritagliargli un ruolo importante nelle rotazioni, ha fallito già troppe chances in carriera e confido nel rilancio del Siviglia per una cessione definitiva. Il secondo sarà sicuramente una riserva sulla quale poter contare. Ma, appunto, una riserva, nulla di più.
Il mister lavorerà sull’harakiri di Kondogbia, sulle diagonali di D’Ambrosio, sull’indolenza di Brozovic, sugli enormi margini di miglioramento di Joao Mario (a mio avviso da non cedere perché davvero capace di diventare un tuttocampista moderno), ma non potrà essere un valore aggiunto definitivo.
Ecco, non accetto che “il grande acquisto dell’Inter sia Spalletti”. Spalletti è indubbiamente un allenatore in grado di lavorare non solo sulla tattica, ma anche sulla testa dei suoi uomini e lo farà,
ma i nostri grandi acquisti dovranno essere giocatori, atleti, gente che dia del tu alla palla e risolva uno zero a zero con un colpo di genio.
Non possiamo semplicemente sperare che l’ignavia dello scorso anno diventi improvviso furore agonistico soltanto perché un calvo con l’accento toscano si incazza come una biscia.
Credo che a noi tutti stiano benissimo le scoperte di Sabatini alla Karamoh, a patto di abbinarle con nomi che mantengano quella promessa fatta a noi tutti soltanto poche settimane fa.
Il “siamo a posto così” non fa più per noi, e non vorrei diventasse, per Spalletti, una bomba ad orologeria pronta ad esplodere nel bel mezzo della stagione.
Con conseguenze a dir poco nefaste, per tutti.

NicolinoBerti

Coglione per vocazione, interista per osmosi inversa dal 1988 grazie a un incontro con Andy Brehme. Vorrei reincarnarmi in Walter Samuel, ma ho scelto Nicola Berti per la fig...ura da vero Bauscia.

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