Bauscia Cafè

Intanto fischiacelo

Ci eravamo lasciati con i postumi di una sonora batosta casalinga e la speranza di non rivedere Guarin titolare, ci ritroviamo con un pareggio strappato con i denti ad una Sampdoria sprecona ma fragile e il colombiano puntualmente inserito nell’undici iniziale.
La cosa potrebbe anche andarmi bene, se non fosse per l’ennesima prestazione tutta anarchia e discontinuità, impreziosita da un delittuoso errore sotto porta quando ancora si era sullo zero a zero.
Alcuni dicono che Guarin sia, nel bene e nel male, quello che alla fine ci prova più di tutti e in qualche modo crea i presupposti per azioni pericolose: io guardo al bicchiere mezzo vuoto e dico che nell’economia dei novanta minuti un giocatore come lui resta dannoso, ci costringe al disordine, a giocare spesso in dieci e a creare difficoltà anche ai compagni di squadra, costretti a coprire le sue mancanze.
Meglio buttarlo nella mischia quando c’è bisogno di poca intelligenza e di un po’ di sana potenza, anche senza controllo.
Ma se l’Inter a Genova ha ancora una volta convinto soltanto a sprazzi, palesando peraltro qualche problema di tenuta difensiva, non è certo per colpa esclusiva di Guarin: meriti ne hanno i padroni di casa, scesi in campo con un attacco effervescente e fisicamente tirato a lucido, efficaci sulle fasce e facilitati nel compito da un’Inter apparsa stanca soprattutto a centrocampo, con Kondogbia e Felipe Melo spesso in affanno contro il dinamismo degli uomini di Zenga (mortiferi alcuni palloni persi in zone del campo a dir poco letali), mentre Telles sa proporsi con grande qualità in avanti, ma ha ancora troppe lacune in copertura per essere considerato una garanzia in quel ruolo. Vale comunque la pena dargli fiducia.
Schierare Palacio dal primo minuto non ha pagato: El Trenza ha palesato una volta di più una condizione atletica decisamente preoccupante che solleva pesanti dubbi sul fatto che Ljajic non abbia ancora avuto una nuova chance da titolare.
Non capisco se le scelte cervellotiche di Mancini (cervellotiche per noi che non capiamo un cazzo di calcio, ovviamente) siano dettate da ciò che vede in settimana o, semplicemente, da una naturale idiosincrasia per alcuni giocatori, ma vedere Brozovic in panchina mentre il centrocampo annaspa lascia l’amaro in bocca.

Flybiany
Flybiany
La rosa attuale ha perso creatività e fantasia, guadagnando invece muscoli che ancora stentano a funzionare a pieno regime, ma consente di avere a disposizione più di un modulo a seconda dell’avversario di turno: i giocatori da integrare sono molti, è vero, ma alcuni di questi sembrano non trovare una “pace tattica”.
Su tutti Kondogbia, autore finora di prestazioni non esaltanti, ma neppure mediocri come quelle descritte dalla stampa di regime che tenta in ogni modo di farci vergognare per l’investimento fatto sul giocatore francese. Il francese resta un talento destinato a crescere nel rendimento: ha bisogno di adeguarsi ai ritmi e alle caratteristiche del nostro calcio e magari di qualche piede buono in più attorno a lui, o semplicemente di una squadra che si muova con sincronismi migliori.
Maluccio anche Icardi, che stavolta non ci regala la gioia del gol dell’ex e si rende protagonista di una partita all’ombra del suo marcatore: rarissimi gli spunti degni di nota, poco servito sì, ma anche meno mobile del solito, quasi distratto. Può e deve fare di più, ed è proprio per lui e insieme a lui che la nostra manovra offensiva dovrà assolutamente crescere di intensità: sono ancora troppo poche le occasioni create per singola partita, e non sempre basterà un tiro per fare gol.
Ce ne siamo già accorti.
Resta difficile giudicare la trasferta di Marassi senza pensare al rigore grosso così (cit.) non fischiato su Manaj a pochi minuti dal termine, quando il vantaggio avrebbe potuto essere il sigillo definitivo su una rimonta forse non meritata appieno, ma legittima.
Prendersela con l’arbitro sa sempre un po’ di Mazzarri, ma è innegabile che l’episodio ci abbia penalizzati, e le chiacchiere sul “guadagnarsi un rigore con una prestazione decente” sono roba da matti.
Il fallo c’è, è enorme tanto quanto la topica di Rocchi, ma né lui né il cordiale assistente di porta (che effettivamente assiste, nel senso che guarda la partita e se ne frega di prendere una qualsiasi decisione) lo segnalano.
Ben fatto, mentre noi ce lo prendiamo nel culo, ma con allegria.
Il punto fa comunque bene al morale, potenzialmente a rischio depressione dopo la figuraccia rimediata contro la Fiorentina, e racconta un’Inter comunque viva, specialmente in quei venti minuti finali volenterosi e concreti.
È una squadra che ha il dovere di crescere sfruttando questa pausa delle nazionali che, sulla carta, dovrebbe permettere ai più stanchi di recuperare una condizione fisica accettabile da cui questa Inter grande, grossa e impacciata non può prescindere per rendere al meglio e vincere le partite.
Nel frattempo a Mancini il compito di trovare le posizioni giuste ai giocatori che possono fare la differenza, senza colpi di genio e con una tonnellata di pragmatismo in più: Perisic è un esterno offensivo e lo si è visto. Che lo faccia.
A due settimane dallo scontro contro I Signori Del Male la priorità è recuperare Jovetic, unica fonte di imprevedibilità in mezzo a tanta fisicità, ritrovare una logica in campo e mettere una volta per tutte le pedine al loro posto.
Perché battere quelli là non vorrebbe dire soltanto tre punti in classifica: in gioco, come sempre, c’è soprattutto la dignità di chi difende la memoria dei propri Campioni e vuole ribadirla anche sul campo.

NicolinoBerti

Coglione per vocazione, interista per osmosi inversa dal 1988 grazie a un incontro con Andy Brehme. Vorrei reincarnarmi in Walter Samuel, ma ho scelto Nicola Berti per la fig...ura da vero Bauscia.

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