Bauscia Cafè

Dannazione

È stato un bel derby, dai: non tanto per la nostra vittoria finale, un po’ casuale e supportata dalla giusta dose di fortuna e ancora da troppo poco gioco, quanto per lo spirito mostrato dalle due squadre in campo.
Un Milan cattivo quanto basta, modellato sui dettami del nuovo condottiero Mihajlovic, indubbiamente sopravvalutato e altrettanto paraculo, ma in grado di restituire almeno un’anima ad una squadra che, qualche mese fa, si trascinava stancamente sul terreno di gioco in attesa del fischio finale.
Un avversario non trascendentale, quello rossonero, checché ne dicano certi tifosi con gli occhi foderati di Mediaset: anche la loro manovra resta farraginosa e poco fluida, e le vere occasioni nascono da un tentato suicidio di Murillo (che si riscatterà con una prova convincente in una inedita linea a fianco di Medel, a suo agio in quella che, di fatto, è la sua posizione naturale) e da un paio di guizzi del redivivo Balotelli, entrato col dente avvelenato e sempre capace, tra una cazzata e un Felipe Melo in tackle, di inventare qualcosa di pericoloso.
È stato il derby della vecchia guardia: aspetti Perisic, Jovetic e Melo (ottimo debutto il suo, tanta sostanza, personalità debordante, un vaffanculo chiaro e tondo al buon Honda e le divertentissime interviste nel dopopartita – ci sarà effettivamente utile al netto delle future espulsioni), trovi Juan Jesus, Handanovic e Guarin.
Il brasiliano gioca la sua miglior partita con la maglia nerazzurra, non lasciando passare nessuno dalle sue parti e sfoderando diagonali difensive da scuola calcio e una inusuale concentrazione.
Probabilmente la concorrenza di Telles, prossimo titolare, gli farà bene.
Il portiere sloveno, croce e delizia di molti tifosi interisti, non sbaglia nulla e si rivela decisivo sulla prima occasionissima capitata a Luiz Adriano e sulla tremenda punizione di Balotelli, dove si esibisce in una respinta dall’alto livello di difficoltà in un momento molto delicato del match.
Sicuro anche nelle uscite, sembra aver giovato della ritrovata solidità del pacchetto arretrato che, eccezion fatta per l’inizio da brividi, ha comunque destato una buona impressione contro clienti difficili come Bacca e il compagno brasiliano.

Il preludio al "va menato".
Il preludio al “va menato”.
E poi c’è lui, l’eterno incompiuto, il colombiano dal tiro satellitare, il sempre in vendita: come spesso accade, il derby lo decide l’oggetto misterioso, il giocatore che meno ti aspetti o che vorresti sostituito al più presto.
Guarin gioca il solito primo tempo da somaro, tatticamente anarchico e tecnicamente censurabile, con una sequela di errori di misura a tratti imbarazzante.
Poi, da un disimpegno ai limiti della science fiction, te lo ritrovi lì, ai 20 metri, che abbassa il testone, doma il sinistro (?!?) e accarezza un pallone morbido e ficcante sul quale Diego Lopez non arriverà mai.
E la Milano nerazzurra esulta.
Mentre noi dimentichiamo quanto sia meravigliosamente casinaro e lo ringraziamo comunque, perché qualche gol pesante lo ha segnato e perché è riuscito a decidere un derby, che significa rimanere nel cuore degli interisti nei secoli dei secoli.
Probabilmente sarà ancora un giocatore sul quale Mancini punterà molto: personalmente ne farei volentieri a meno, al netto del gol segnato.
L’Inter di domenica sera non mi è piaciuta, così come non mi era piaciuta né contro il Carpi né all’esordio contro l’Atalanta: Mancini ha voluto ed ottenuto una rivoluzione totale della rosa, ma sta ancora lavorando sull’assemblaggio e, di fatto, il modulo resta il 4312 nonostante la totale assenza di trequartisti di ruolo. Nel derby lo ha fatto Perisic, che nonostante lo smarrimento non ha giocato una brutta partita, ma schierarlo lì dopo aver invocato gli ESTERNIOFFENSIVI® sembra (e spero lo sia) una soluzione molto temporanea da modificare rapidamente.
La famosa quadratura del cerchio sembra lontana, nonostante ci siano già alcuni punti fermi: la fisicità della squadra è evidente e sarà di grande aiuto in quelle partite bloccatissime che nella scorsa stagione pareggiavamo o addirittura perdevamo malamente; la difesa, cambiando gli attori, resta discretamente solida e l’innesto di Telles regala a Mancini un nuovo interprete moderno del ruolo, in attesa di capire se Montoya supererà lo scoglio ambientale o si lascerà soffiare il posto da un Santon che, ormai, pare relegato al rango di “terzino da compitino”.
Le due gare veronesi saranno un’altra opportunità per allungare la striscia positiva e mostrare progressi sotto il profilo della manovra, ancora troppo sfilacciata e priva di slanci creativi, eccezion fatta per le illuminazioni di Jovetic.
Kondogbia fatica ancora a trovare una condizione accettabile, ma possiamo aspettarlo, perché la differenza tra primo e secondo tempo è stata troppo netta per essere preoccupati dell’investimento fatto.
Detto questo, qualora continuassero ad arrivare i 3 punti sarei ancora disposto a storcere il naso per un’Inter bruttina, ma vincente.
Ma saper giocare a calcio serve soprattutto a questo: vincere anche nelle giornate dove non tutto andrà necessariamente bene.

NicolinoBerti

Coglione per vocazione, interista per osmosi inversa dal 1988 grazie a un incontro con Andy Brehme. Vorrei reincarnarmi in Walter Samuel, ma ho scelto Nicola Berti per la fig...ura da vero Bauscia.

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