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L'Inter di Mancini

Samir Handanovic, Mauro Icardi. In molte delle “formazioni spettacolo” fatte girare in queste ore dai media sono gli unici due titolari dell’Inter che erano già in rosa prima del ritorno a Milano di Roberto Mancini. Non andrà così nella realtà e troveranno facilmente spazio anche Juan Jesus, Medel, Guarin e Palacio oltre agli “invernali” Santon e Brozovic, ma il significato del mercato appena concluso resta molto forte e gli effetti sul campo saranno -speriamo- evidenti.
A molti era sembrata una boutade quella lanciata il 31 maggio scorso da Mancini: era appena finita l’ultima partita di campionato e il tecnico di Jesi a una domanda sul mercato rispose candidamente “Servono 8-9 acquisti“. Dopo gli arrivi a gennaio di Santon, Brozovic, Shaqiri e Podolski in pochi gli avevano creduto: ne sono arrivati 10, la maggior parte dei quali pronti a prendere immediatamente una maglia da titolare.
INT
Non sarà lo spettacolare 4231 che si vede oggi sui giornali probabilmente il modulo di riferimento, visto che come dichiarato dallo stesso Mancini all’inizio della stagione i centrocampisti saranno quasi sempre 3, ma si passerà ad attaccare sugli esterni e vedremo molto più spesso un 433 o un 4321 che possano mettere il più possibile a loro agio due fra Jovetic, Perisic e Ljajic più il buon Palacio: giocatori estremamente tecnici, veloci, bravi a saltare l’uomo per creare superiorità numerica e in grado -almeno sulla carta- di garantire quei gol “di contorno” che possano dare man forte a Icardi e che nessun altro in rosa può garantire. Giocatori di esperienza, Jovetic e Perisic soprattutto, che non hanno paura di tentare la giocata per uscire da molte delle situazioni complicate che si presentano in Serie A (Atalanta e Carpi, avete presente?) e trascinare la squadra. Quella stessa esperienza e grinta che si ritrovano dietro, nella nuova coppia centrale formata da Miranda e Murillo che, seppure “solo” contro Atalanta e Carpi, hanno mostrato ben altra solidità rispetto alla banda del buco dello scorso anno. Ai loro fianchi Santon e Alex Telles, due terzini molto più di spinta che difensivi che rendono chiare due cose: l’impronta offensiva che Mancini vuole dare al suo gioco, soprattutto sugli esterni, e il fatto che la copertura necessaria dovrà arrivare dal centrocampo. E’ questo il motivo per cui sono andati via due centrocampisti estremamente tecnici come Kovacic e Hernanes, che Mancini nel “suo” centrocampo semplicemente non vede (al punto da proporli come esterni nelle amichevoli estive): lui è quello di Vieira-Cambiasso-Zanetti-Stankovic, è quello di Barry-De Jong-Tourè, tutti centrocampisti molto duttili in grado di fare le due fasi. Se deve fare un’eccezione la fa per un centrocampista spiccatamente difensivo (De Jong prima, Medel oggi). Soprattutto tutti centrocampisti dotati di una fisicità imponente, dei colossi della metà campo difficili da saltare. Vedete tracce di registi? Non ce ne sono, ma ci sono molti profili come quelli che oggi sono Kondogbia, Guarin, Brozovic, Felipe Melo e lo stesso Medel.
Con Gnoukouri sono 6 centrocampisti per 3 posti, davanti con Manaj (o Biabiany, se rientrerà) sono 6 attaccanti per 3 posti. Con la partenza di Andreolli restano 5 centrali difensivi per 2 posti (folle la scelta di Ranocchia di non partire, nell’anno dell’Europeo) mentre ci sono decisamente troppi terzini: D’Ambrosio, Montoya, Dodò, Nagatomo (che ha rifiutato qualsiasi destinazione) e il giovanissimo Dimarco partono decisamente alle spalle di Santon e Alex Telles e si giocheranno tra loro il ruolo di prime riserve. In una stagione senza coppe europee, speriamo l’ultima, la rosa è sicuramente adeguata dal punto di vista numerico anche se restano dubbi dal punto di vista qualitativo in alcune delle seconde linee.
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E’ l’Inter di Mancini però, senza alcun dubbio una rosa che nei 13-14 possibili titolari risponde perfettamente alle descrizioni fatte dal tecnico in questi mesi. E’ per questo che il mercato appena concluso è stato soprattutto il capolavoro di Piero Ausilio, che si conferma sempre più il ds di livello che molti giuravano di intravedere già dai tempi delle giovanili: movimenti anticipati (Miranda e Murillo), duelli di mercato stravinti (Kondogbia), trattative sottotraccia quando possibile (Jovetic, Telles), alcune rese necessarie per accontentare il tecnico (Perisic, Melo) e una serie di porte sbattute in faccia a chi ha tirato troppo la corda con le alternative già pronte (Lavezzi, Ferrero). Ma il capolavoro di Ausilio è stato soprattutto sul mercato in uscita: rivoluzionare una squadra intera con 10 acquisti di livello e chiudere il mercato non solo in attivo (87 milioni in uscita, 90 in entrata), ma anche preservando quel Maurito Icardi che restava l’unico vero insostituibile in rosa è una operazione che in pochi avrebbero saputo portare a termine. Più di 70 milioni incassati da Kovacic, Shaqiri, Hernanes e Alvarez fanno passare in secondo piano la piccolissima macchiolina di essersi seduti di nuovo a parlare con la Juventus, e la serie di obblighi di riscatto stipulati spostano l’attenzione dai fax al campo: è da lì, da un ritorno in Champions League che a questo punto rappresenta un obiettivo imprescindibile, che dovranno rientrare i soldi necessari per mantenere alto il livello di una squadra che, finalmente, sembra poter tornare nella zona di classifica che più le compete.
La parola passa a Mancini quindi, che come al solito ha dimostrato di essere un manager di livello capace quantomeno di convincere la società delle proprie idee e di farla muovere di conseguenza, anche in assenza di sceicchi e magnati a fondo perduto. La sua Inter è rinata e ora sta a lui riportarla in alto: parlare di scudetto oggi è una follia, con 4 titolari che ancora non hanno neanche fatto un allenamento, ma da un ritorno in Champions League proprio non si può scappare. Un primo passo che ci consenta di dire che forse, stavolta, il calvario è davvero finito.
Certo sarebbe stato ancora più bello trovarsi qui oggi a festeggiare gli arrivi di Jackson Martinez, Witsel e Ibrahimovic, ma quelle -si sa- sono fortune che toccano all’altra squadra di Milano.
Ah, no.

Nk³

Il calcio è uno sport stupido, l’Inter è l’unico motivo per seguirlo. Fermamente convinto che mai nessun uomo abbia giocato a calcio come Ronaldo (ma anche Dalmat non scherzava). Vedovo di Ibrahimovic, ma con un Mourinho in panchina persino i Pandev e gli Sneijder possono sembrare campioni. Dategli un mojito e vi solleverà il mondo.

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