Bauscia Cafè

Palle che non frullano

In questo articolo vorrei parlare di un argomento nuovo, frizzante, originale, per nulla abusato negli ultimi mesi: Christian Eriksen.

D’altra parte, è così che decido di cosa parlare nei miei post: selezionando le questioni più annose e inflazionate in circolazione. Che poi, se devo dirla tutta, non è che questa tiritera sul danese mi appassioni neanche più di tanto. D’altra parte, è così che decido gli argomenti dei miei post: selezionando le questioni più annose e inflazionate in circolazione, di cui stringi stringi non me ne frega nemmeno un cazzo.

Ma dicevamo. Christian Eriksen.

A giudicare dalla frequenza degli articoli e dei dibattiti televisivi che lo vedono come protagonista, sembra proprio che la questione del danese sia di importanza capitale. Come già accennato, io personalmente non la vivo in questo modo. E questo perché il discorso mi pare abbastanza semplice: in breve, nello scorso gennaio la società ha intravisto la possibilità di ingaggiare un giocatore di alto livello a un costo contenuto, e l’ha colta. Tutto qua. Già allora, non era un mistero che il danese non fosse il giocatore ideale per il 3-5-2 contiano, tanto che si parlò subito della necessità di un ambientamento, sia al contesto tattico della squadra che a quello generale del campionato italiano. Ma in generale, vista anche l’atavica mancanza di qualità nel nostro centrocampo, mi pare evidente che se si presenta l’occasione di prendere un giocatore del genere, a 20 milioni, sia giusto coglierla senza indugio. Poi, si vedrà. Se si adatta, bene, abbiamo svoltato la mediana; se non si adatta, rivenderlo non sarà poi così complicato.

Questo è, secondo me, il pensiero fatto in società lo scorso gennaio. Tornando ad oggi, è evidente che delle due opzioni presentate sopra quella che si è verificata sia la seconda. Ed è di certo un gran peccato, perché è da dieci anni che parliamo della necessità di alzare il tasso tecnico della nostra metà campo, e ora che finalmente siamo riusciti a prendere un giocatore di qualità pura sembra impossibile sfruttarlo appieno. 

Potremmo dilungarci a lungo su chi debba prendersi le responsabilità di come sono andate (stanno andando) le cose, visto che un unico colpevole non esiste di certo. Di certo, e mi ripeto, non è mai stato in dubbio che ci fosse una certa incompatibilità di base tra ciò che Eriksen può offrire e ciò che Conte chiede ai suoi centrocampisti. Si potrebbe allora decidere di incolpare la società, che ha fornito all’allenatore un giocatore che, in fondo, non gli serve granché. Ma è davvero possibile criticare chi ha comprato Eriksen a 20 milioni? 

Per quanto mi riguarda, no. 

Allora, spostiamoci su Conte. È indubbio che non gli abbia testimoniato una fiducia ferrea, cosa che secondo alcuni, di fronte a un giocatore del genere, sarebbe dovuta. A Conte, Eriksen non piace granché; immaginiamo che ne apprezzi le capacità tecniche (e come non potrebbe), ma non lo ritiene in grado, soprattutto dal punto di vista mentale, di essere un titolare. Quindi, prossima domanda:

È possibile criticare chi non fa giocare Eriksen in questa Inter? 

Anche qui, per me, la risposta è un altro no. Perché il giocatore visto da febbraio a oggi non ha fatto niente per guadagnarsi un posto da inamovibile, che è ciò che i suoi ammiratori invocano. Probabilmente, il danese beneficerebbe di un periodo di fiducia illimitata, di un filotto di partite da titolare in cui non sia regolarmente il primo sostituto e in cui il suo ruolo sia centrale nella manovra. Ma, aldilà della stima per ciò che ha fatto nella sua carriera (che, comunque, non giustifica una fiducia illimitata: vedere il suo palmares per conferme)…esiste un vero motivo per il quale ciò dovrebbe accadere?

In generale, quando uno sta in panchina, il meccanismo più semplice che ha per riguadagnarsi un posto è (e qui dirò qualcosa di visionario, che a nessuno potrebbe mai venire in mente: preparatevi)…dimostrare, quando entri in campo, che chi ti tiene fuori sbaglia.

Brillante, vero? D’altra parte, solo se si è capaci di intuizioni del genere si può arrivare a scrivere qui su Bauscia Cafè.

A questo proposito (dello spirito richiesto ai panchinari, intendo, non delle capacità necessarie per scrivere su questo blog), nei giorni scorsi ho pensato a ciò che faceva spesso un altro giocatore talentuoso che ha avuto qualche momento di panchina da noi: Recoba. Non propriamente un cuor di leone, né uno che sapesse di preciso come sfruttare tutte le sue (immense) capacità; ma quantomeno uno che – spesso, non sempre – quando stava fuori rosicava. E  che quando entrava, la prima cosa che faceva era prendersi il pallone e sparare in porta. Sappiamo bene che uno con un tiro del genere poteva svoltare una partita, e forse anche una stagione (perlomeno a livello individuale), “semplicemente” facendo questo. Facile pensare, per esempio, all’epica partita con la Samp nel 2005, in cui Recoba entrò al 77esimo. 

Primo pallone: un missile che butta giù il palo. Secondo: assist per Martins. Terzo: tiro-cross salvato a due passi dal gol. In mezzo, calci d’angolo tirati a novecento all’ora, per arrivare infine al gol decisivo, un siluro dei suoi che entra pulito, perfetto, imparabile. E lui che esulta guardando Mancini e bestemmiando generazioni e generazioni di Jesini uno dopo l’altro.

In poche parole, in situazioni del genere, se ti rode il culo, il primo pensiero quando entri è cercare di mettere in mostra la tua principale caratteristica, a maggior ragione se nessun altro in rosa può vantarla agli stessi livelli, e far capire così all’allenatore che quello che puoi dargli tu non può darglielo nessun altro. Oltre a fargli capire, chiaramente, che star fuori ti fa rodere il culo.

Ora, confrontiamo quanto appena detto con l’impatto che Christian Eriksen ha avuto sulle gare in questi nove mesi (da subentrante, ma anche da titolare, perché di fatto lui è una specie di subentrante anche quando gioca dall’inizio).

Sapete perché si parla ancora della traversa presa contro il Milan a Febbraio?

Esatto, perché è l’unico tiro da fuori degno di nota che ci si ricorda di lui.

Tutto questo porta a una domanda, l’ennesima di questo post pieno di interrogativi. Il fatto che quando Eriksen entra non mostri mai, né col suo fantomatico linguaggio del corpo né con le azioni, che fare la panchina a Gagliardini gli fa rodere il culo; questo fatto, ormai più che acclarato, è colpa di Conte, di Marotta, dei tifosi, di Bergomi, di chi volete voi…oppure è una sua responsabilità?

Che sia timido non è una novità, è una cosa che disse anche Mou a suo tempo. Ma qui non si tratta di entrare e sterminare gli avversari a colpi di mannaia, si tratta di dimostrare che ti girano i coglioni a stare fisso in panchina mentre al posto tuo entrano relitti di ogni tipo, persino quando c’è da recuperare contro il Real Madrid. E si tratta anche di capire che, quando hai la tua opportunità, non ti puoi limitare a fare le cose benino, perché se hai quelle qualità hai il dovere di provare a spaccare il mondo, e devi dimostrare anche di volerlo fare.

Nel 2009, Sneijder non era nemmeno sceso dall’aereo che aveva già sganciato due missili all’incrocio: era un modo di mandare un messaggio a tutti, mettere in chiaro chi era e cosa ci poteva dare. E se in nove mesi questo non l’abbiamo mai visto, temo che possa voler dire solo una cosa, ovvero che a questo ragazzo danese le palle non gli frullano. E il fatto che non gli frullino fa parte della sua personalità, che l’allenatore sia Conte o meno, che la sua squadra sia l’Inter o meno. Semplicemente, è fatto così. 

E qui, arriviamo all’ultima di questa lunghissima serie di domande:

Siamo sicuri che un discorso del tipo “è sbagliato rinunciare a Eriksen a gennaio, perché magari a giugno Conte se ne va” sia corretto? Che allontanare Conte significherebbe poterci finalmente godere il danese in tutto il suo splendore?

A voi le risposte.

(P.S.: gli altri autori saranno felici di rileggere per l’ennesima volta tutto ciò, dopo essersi già sorbiti questi ragionamenti nella chat di gruppo su Whatsapp. Io però l’ho fatto per voi che leggete, che per vostra fortuna non fate parte di quella chat, e che altrimenti non avreste potuto essere partecipi di queste preziose elucubrazioni. E l’ho fatto anche perché, d’altra parte, è così che decido gli argomenti dei miei post: selezionando le questioni più annose e inflazionate in circolazione, di cui stringi stringi non me ne frega nemmeno un cazzo, e che ho già discusso prima su Whatsapp così mi basta fare copia e incolla.)

Grappa

Acquavite ottenuta dalla distillazione della vinaccia, dal contenuto alcolico non inferiore a 37,5% in volume. Molto in voga fra gli screanzati d'ogni genere.

PODCAST

Twitter

Instagram

Instagram has returned empty data. Please authorize your Instagram account in the plugin settings .

Archivio