Bauscia Cafè

Presuntuosi

Mi preme innanzitutto chiedere scusa ai lettori di questo magniloquente blog: da quando ho ipotizzato un filotto di vittorie per risalire la china, l’Inter non azzecca più una partita.
Consideratemi pure un menagramo e non esitate a inviare lettere minatorie.
Detto questo, faccio qualche considerazione sparsa sulla tremenda situazione attuale, partendo dalle scelte di Mancini: io adoro il Mancio, non l’ho mai negato, e ritenevo il cambio di allenatore ormai necessario per tutta una serie di motivi anche fuori dal contesto prettamente calcistico (su tutti il fatto che il nome di Mazzarri ormai non fosse neppure più pronunciabile dallo speaker di San Siro).
Di Mancini apprezzo quello che ha fatto per la storia nerazzurra, il suo stile, il fatto di essere riconosciuto in ambito internazionale e poter così fungere da leva anche in chiave di mercato e la volontà di costruire e non disfare, per cercare di creare qualcosa che possa durare nel tempo.
Questo sulla carta.
La realtà ci sta restituendo ben pochi elementi per i quali insistere con l’ottimismo ascoltato anche nelle recenti interviste: l’Inter resta gravemente malata, e l’illusione di aver restituito coraggio a un gruppo di coniglietti ha già lasciato spazio allo sconforto per aver raccolto la miseria di un punto in tre partite contro squadre decisamente alla nostra portata.
Ma alla portata di chi?
Dell’Inter, in teoria. Ma di un’Inter capace di liberarsi dai fantasmi del passato per trovare una relativa tranquillità sul campo da gioco, fatta di voglia, forza d’animo, capacità di lottare.
E questa non è l’Inter attuale, forse non lo sarà mai.
Lavorare sulla testa di giocatori ormai annichiliti e incapaci di reagire è difficilissimo anche in condizioni sportive migliori di quella attuale, figuriamoci impostare un lavoro tattico diverso a campionato in corsa e con una rosa costruita su basi molto diverse.
Per non parlare della preparazione atletica, che a me continua a sembrare deficitaria e che resta una questione non risolvibile a febbraio.
Restano quindi diverse le attenuanti per Mancini, che però deve evitare di abusare del credito a suo favore. Perché la classifica parla chiaro e il campo altrettanto.
Sassuolo-Inter ha ribadito, come se non bastasse, che siamo una squadra impacciata, prevedibile, perennemente a lingua di fuori e psicologicamente ancorata alle brutture passate.
Troppi i giocatori incapaci di trovare la forza per rialzarsi da una spirale negativa che sta assumendo contorni inquietanti; persino Kovacic ormai tradisce una inconsistenza mentale che sfocia in prestazioni abuliche e addirittura dannose, poco aiutato da un ruolo a mio avviso non nelle sue corde.

"Avevo detto a tr...a quattr...proviamo il..."
“Avevo detto a tr…a quattr…proviamo il…”
Se Vidic passa un tempo intero a dialogare con Mancini per capire come tenere la linea difensiva, mentre sugli esterni il povero Donkor e l’imbarazzante Dodò vengono scherzati dal primo neroverde che passa in zona, significa che certezze non ce ne sono e che ad ogni risultato negativo diventa sempre più difficile gestire un gruppo apparso completamente svuotato, in balìa di se stesso e di paure ormai eterne.
L’avversario di turno lo sa, e abusa della nostra fragilità appena possibile: il Torino lo aveva fatto di rapina, il Sassuolo ha preferito giocare a calcio da subito, consapevole di avere una cattiveria maggiore, una freschezza atletica e mentale che noi possiamo solo sognare.
E in questo desolante panorama non aiuta la presunzione che Mancini continua a sfoggiare prima, durante e dopo ogni partita: quella ventata di ottimismo che ci rendeva tutti più sereni poche settimane fa sta purtroppo diventando un’arma a doppio taglio estremamente insidiosa; insistere ad oltranza su un modulo insostenibile per mancanza di atletismo, intensità e interpreti sembra un piccolo suicidio sportivo, nonostante sia ovvio che tutto parta da un abnorme limite tecnico e, soprattutto, psicologico.
Ben venga la volontà di costruire qualcosa di importante per l’immediato futuro, ma c’è anche un presente con il quale fare i conti: un presente che racconta una storia che stride con la fiducia ostentata dal nostro allenatore, fatto di pochissimi punti, pessime prestazioni, litigi con i tifosi e stracci volanti che fanno godere soltanto i media e le avversarie.
Credo sia arrivato il momento di abbandonare supponenti slanci di calcio moderno per concentrarsi sulla sostanza, senza proclami del cazzo, tweets al muschio bianco o dichiarazioni di facciata.
In un momento così delicato e senza la possibilità di riavvolgere nastro e ripartire da zero serve, ancora una volta, fare le cose nel modo più semplice e remunerativo possibile: questo dovrebbe riguardare tutto e tutti.
Modulo, capacità di stare in campo, idee tattiche dell’allenatore, tenuta psicologica, sono troppi i fattori che hanno bisogno dell’ennesimo reset.
Mancini penso lo sappia, per questo auspico che sia lui per primo a dare segnali di pragmatismo in tal senso, recuperando perché no quel buon senso che caratterizzava l’Innominabile Toscano durante la sua prima stagione in nerazzurro.
Ritroviamo la serenità perduta (o mai avuta?), lasciamo perdere attriti e frustrazioni varie, pensiamo ad un concetto di calcio che permetta di ridurre al minimo la nostra vulnerabilità e la possibilità per l’avversario di sfruttare debolezze che ormai chiunque conosce.
Prepariamole meglio queste partite, Mancio, e ripartiamo.
Il campionato dovrebbe servire a recuperare sicurezza, un minimo di continuità nei risultati e una formazione-base sulla quale lavorare in profondità a fine stagione. Nulla di più.
Serviranno umiltà e voglia di lavorare per superare i tanti, troppi limiti che ancora rendono l’Inter vittima in primis di se stessa: ricordiamoci che l’Europa passa anche dalla coppa nazionale e dalla tanto bistrattata Europa League.
Proviamoci senza l’assillo di dover inventare qualcosa di clamorosamente nuovo.

NicolinoBerti

Coglione per vocazione, interista per osmosi inversa dal 1988 grazie a un incontro con Andy Brehme. Vorrei reincarnarmi in Walter Samuel, ma ho scelto Nicola Berti per la fig...ura da vero Bauscia.

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