Bauscia Cafè

Le maniglie dell'amore

La trasferta di Empoli è stata, verosimilmente, il punto più basso raggiunto dalla gestione Mancini finora.
Sull’onda dell’entusiasmo per il bel secondo tempo giocato a Torino e per la convincente (seppur non esente da difetti) prestazione contro il Genoa, pochi si aspettavano un passo indietro così evidente sia sul piano del gioco che sotto il profilo della tenuta fisica.
Squadra timorosa, prevedibile, sfilacciata e soprattutto stanca, tanto da risvegliare i timori sulla preparazione fisica pre-stagionale.
Certo l’Empoli ci ha messo del suo, confermandosi squadra tignosa tra le mura amiche, povera di qualità, ma organizzata e con infinite energie. Solo la mancanza di un bomber vero e il solito Handanovic ci hanno permesso di uscire dal Castellani con un punticino addirittura quasi immeritato.
Ecco perché il match di coppa Italia capitava a fagiuolo per riporre nel dimenticatoio quella brutta gara e ritrovare da subito continuità di risultato e quell’atteggiamento propositivo e offensivo che Mancini sta tentando di imporre a prescindere dall’avversario.
Dentro dal primo minuto tutta la qualità di cui possiamo disporre (ribattezzata in modo tragicomico dalla stampa “i FabFour”…), con Podolski, Kovacic e Shaqiri a supporto di papà Icardi, croce e delizia degli amanti del gossip e dei rompicoglioni.
La risposta della squadra è stata positiva, ma fino a un certo punto.
Mancini predica palleggio costante, possesso palla alla ricerca del giusto pertugio per creare l’occasione da rete e un approccio votato alla costruzione offensiva e al pressing: l’Inter prova a farlo con buona applicazione, ma è soltanto quando il pallone arriva ai quattro là davanti che la velocità diventa tale da creare grattacapi ai difensori della Samp, nonostante i due terzini facciano di tutto per rovinare ogni sovrapposizione con cross altamente discutibili.

Non fare come Shaqiri: dì NO all'obesità.
Non fare come Shaqiri: dì NO all’obesità.
La presenza di Kuzmanovic e Medel certo non aiuta, e spiega a chiare lettere perché l’Inter stia cercando centrocampisti dotati di geometrie e migliore lettura del gioco, capaci di smistare palloni ad alta frequenza senza rallentare l’azione.
Mentre il cileno fa ciò che gli viene richiesto (mazzuolare, dare una mano alla difesa e fare la giocata facile), il serbo mostra voglia ed è costantemente presente nel vivo del gioco, ma con un ritmo compassato che consente agli avversari di chiudere tutti gli spazi in tempo utile.
Una volta tanto è stato il famigerato Tagliavento ad illuminarci il cammino: il rosso a Krstičić è sembrato esagerato, e ha costretto la Sampdoria a un’inferiorità numerica che si è tradotta in un catenaccio lungo 80 minuti.
L’Inter, complici le difficoltà nella circolazione di palla, ha quindi faticato ancora di più a creare occasioni da gol, anche se alla fine è stato proprio Romero il migliore in campo nel primo tempo, incluso il rigore parato ad Icardi che ha impedito all’argentino di rivelare l’Osvaldo nascosto sotto la maglia.
Nella ripresa i nostri hanno cambiato marcia, costringendo la Sampdoria (checché ne dica mamma Rai, che durante l’intervallo ha parlato di “partita drammatica” e “Samp perfetta”, denotando un tasso alcolemico decisamente superiore alla media) ad arroccarsi definitivamente sulla difensiva; le poche sortite in contropiede di Okaka sono state neutralizzate da un Juan Jesus molto presente, mentre Andreolli si preoccupava piuttosto di capire come colpire Mancini a tradimento.
È così arrivato il momento di mostrare a molti scettici perché gente come Podolski e Shaqiri possa fare la differenza: l’azione dura un lampo, il tacco di Poldi serve alla perfezione il piccolo svizzero che segna il suo primo gol in nerazzurro e corona una prestazione estremamente convincente, fatta di assist, dribbling, movimenti senza palla e la sensazione costante che giochi un altro sport rispetto a molti dei 22 presenti in campo.
Niente male per uno che, nonostante provenga da uno dei maggiori club mondiali e abbia abbondantemente dimostrato di avere doti calcistiche superiori, è stato accolto in Italia a colpi di “deve dimagrire”, “ha un paio di rotolini”. Ci mancava soltanto gli dessero dello stronzo e il quadretto sarebbe stato completo.
È sempre la solita solfa: si fa un gran parlare di una serie A in caduta libera, scarsa qualità, fuga all’estero dei migliori, e quando poi un club come l’Inter riesce a prendere un talento assoluto l’unica conseguenza è quella di insultarlo alla prima occasione valida o di precipitarsi a spiegare le discutibili modalità di pagamento, dimostrando peraltro di non capire assolutamente un cazzo di fpf.
Noi cominciamo a godercelo alla faccia loro, con i suoi rotolini, la sua forma da recuperare e tutto il buono che metterà a disposizione per la maglia nerazzurra.
Gli altri si dedichino pure al puntalcazzismo, ormai sport nazionale.

NicolinoBerti

Coglione per vocazione, interista per osmosi inversa dal 1988 grazie a un incontro con Andy Brehme. Vorrei reincarnarmi in Walter Samuel, ma ho scelto Nicola Berti per la fig...ura da vero Bauscia.

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