Bauscia Cafè

In via di guarigione (?)

Il punto di domanda concedetemelo, dal momento che sono ormai diciotto mesi che l’Inter non riesce ad ottenere tre vittorie consecutive (pur avendo avuto calendari tutt’altro che irresistibili, diciamolo): quando intravediamo la luce in fondo al tunnel c’è sempre qualcosa a distruggere ogni timida velleità di continuità.
Ed è proprio sulla continuità che Mancini dovrà puntare nelle prossime giornate di campionato per riuscire ad intrufolarsi in modo puntuale e definitivo in quell’accozzaglia di squadre che lottano per il terzo posto e, al momento, sembrano avere qualcosa in più di noi.
Empoli, Torino, Sassuolo, Palermo, Atalanta, Cagliari: inutile nascondersi dietro a un dito. La nostra possibile resurrezione passa proprio da queste sei gare, che segneranno anche il giro di boa del girone d’andata.
È un potenziale filotto da diciotto punti, è un segnale da dare a tutte le avversarie che lottano per la Champions League. Non serve la scaramanzia, stavolta: l’Inter di Mancini sta prendendo forma, sfruttando anche un mercato sorprendentemente positivo e di qualità che, verosimilmente, ci regalerà ancora qualche bella soddisfazione.
A San Siro contro il Genoa ho visto quarantacinque minuti consecutivi di Bella Inter, ho visto il calcio fatto da undici professionisti, ho visto l’applicazione di tutti, inclusi i più ritrosi; ho visto Andreolli capitano guidare la linea difensiva insieme a Vidic come se giocassero in coppia da mesi e Podolski trovare un’intesa quasi immediata con D’Ambrosio, nonostante una condizione fisica ancora precaria.
Non c’è motivo per non ripartire con un pizzico di ottimismo in più, se perfino Guarin trova la sua ragion d’essere in un ruolo più delicato di quello per lui naturale e se dopo due minuti di gioco siamo finalmente noi a sfiorare il gol e non l’avversario.
Un primo tempo di trame, meccanismi, movimenti senza palla, palloni mai casuali, nel quale Handanovic è stato impensierito soltanto da una tentata autorete di Andreolli, che nel secondo tempo alzerà l’asticella col tentato omicidio verso chi l’ha premiato con una fascia e un posto da titolare.
Ecco, forse è proprio nell’episodio della pallonata al mister il segno che qualcosa sia davvero cambiato nell’Inter: io non sono riuscito a trattenere le risate, la partita era sì sul 2-0 ma in un momento piuttosto delicato per i nostri, che stavano subendo la pressione del Genoa e avevano appena rischiato il 2-1 con la clamorosa traversa colpita da Lestienne.
Il rischio del calo definitivo di concentrazione era quindi evidente: stavolta è bastato sdrammatizzare e fare due sostituzioni sensate (fuori Hernanes e Palacio, fisicamente stremati, dentro Kuz e Obi, ovvero un po’ di sostanza per consentire alla squadra di non allungarsi oltremodo e ricompattare le linee) per impedire al Genoa che il forcing continuasse fino all’ultimo minuto.

Kuzmanovic gli chiede persino l'autografo.
Kuzmanovic gli chiede persino l’autografo.
Il gol avversario è comunque arrivato, ma si è trattato di un episodio piuttosto fortuito su calcio da fermo, con Handanovic rivedibile sulla respinta corta che ha poi permesso a Izzo di accorciare le distanze.
Anche in questo caso credo avrete notato tutti la differenza rispetto al recente passato: il Genoa è squadra insidiosa, veloce, organizzata. Avrebbe avuto ancora una manciata di minuti per provare ad agguantare il pareggio, rovinandoci l’ennesimo weekend.
E invece no. Col cazzo, caro Gasperini, buono solo a recriminare sul nulla e a piangere sul latte versato dei tuoi disastrosi ricordi in nerazzurro.
Perché l’Inter sta ritrovando consapevolezza nei propri mezzi, si butta in avanti senza strafare e guadagna un paio di corner: con il secondo, ben battuto da Podolski, Vidic trova l’appuntamento con il primo gol in maglia nerazzurra, chiude definitivamente la partita e sigilla un risultato che, in altri tempi, ci avrebbe costretti col cuore in gola fino all’ultimissimo minuto di recupero.
Fate attenzione però, perché il Mancio sta lavorando eccome sulla testa dei giocatori, ma l’Inter, eccezion fatta per l’innesto di Podolski, è ancora quella del desaparecido Mazzarri per dieci/undicesimi.
Quindi? Che succede? Succede che, come ho scritto spesso in passato, il lavoro paga anche quando i giocatori non siano esattamente il non plus ultra. È sempre una questione di applicazione e senso di responsabilità: quello dimostrato da Guarin, ad esempio, o da Palacio, che per quanto malandato da mesi si danna l’anima, segna, rispetta le consegne e si sbatte fino all’ultima goccia di sudore.
O quello del redivivo Vidic, accantonato troppo in fretta da tifosi e addetti ai lavori, mentre pagava sì effettivi limiti fisici, ma soprattutto una fragilità di modulo e di squadra che lo rendeva molto più vulnerabile di quanto effettivamente sia.
Io continuo a fidarmi del difensore serbo, credo possa essere un’arma in più per regalare al reparto la tranquillità necessaria e accantonare almeno uno dei due centrali titolari visti finora e protagonisti di tante, troppe sciocchezze. Molte più di quelle commesse dallo stesso Vidic, che spesso si è preso colpe non sue soltanto perché la stampa lo aveva ormai bollato come bollito (perdonatemi il bisticcio).
Andiamo verso una probabile Inter a trazione anteriore, con Podolski e Shaqiri a sostegno di Icardi, Kovacic jolly (Mancini non gli preclude alcun ruolo e fa bene) e un centrocampo che verosimilmente accoglierà un nuovo geometra (no, non QUEL geometra).
Si respira qualità senza rinunciare ad una certa muscolarità, all’insegna di un calcio moderno e offensivo.
Ci vorrà ancora pazienza e qualche altro boccone amaro da ingoiare, ma l’Inter che vorremmo è proprio questa: una squadra che aggredisce, coesa tra i reparti, cattiva e fisica quando serve, tecnica e incisiva quanto basta per affrontare le tante insidie del nostro malandato campionato italiano.
Non una provinciale che ha paura di se stessa e difende il vantaggio avversario per l’incapacità di proporre qualcosa di costruttivo. E di calcistico.
 

NicolinoBerti

Coglione per vocazione, interista per osmosi inversa dal 1988 grazie a un incontro con Andy Brehme. Vorrei reincarnarmi in Walter Samuel, ma ho scelto Nicola Berti per la fig...ura da vero Bauscia.

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