Bauscia Cafè

Il penultimatum

Scrivere di Inter sta diventando estremamente complicato: rischiamo di dover parlare sempre degli stessi problemi a prescindere dal risultato finale, dimenticando troppo in fretta anche l’unica, vera buona notizia portata dalla trasferta di Cesena, quei tre punti che mancavano da tre partite consecutive (quattro, se consideriamo anche il mortifero 0-0 di Europa League).
Per un allenatore che insiste su temi quali “nessuno gioca calcio-champagne” e che si aggrappa agli eccessi di frenesia (?) dei suoi ragazzi, il campo ha dato risposte sin troppo esaustive: Mazzarri lavora da un anno e mezzo in nerazzurro, ha chiesto e ottenuto determinati giocatori, non ha più uno spogliatoio legato al passato, ha forze fresche benché la squadra sia certamente assemblata in modo discutibile e continui ad avere pecche evidenti in rosa: mi chiedo quindi se sia possibile continuarlo a giustificare come se le difficoltà cui assistiamo domenica dopo domenica siano del tutto comprensibili.
Allo scossone del cambio di proprietà è seguito un altro piccolo, grande terremoto settimanale: quello dell’addio-ripicca di Moratti, infastidito da non si sa bene chi o cosa, cui peraltro ha fatto seguito un comunicato stampa tanto storico quanto gagliardo messo nero su bianco dalla nuova Inter. Un comunicato che ha ricompattato i tifosi e ha permesso di distrarci da una situazione decisamente infelice dal punto di vista sportivo ma che, a quanto pare, ha scoperto le chiappe al Sor Walter: il tecnico toscano prima si è impelagato in una mezza polemica con il presidente onorario uscente, poi ha nicchiato bofonchiando che non vuole occuparsi di certi argomenti.
C’era una partita cui pensare.
Ecco, la partita.
L’Inter si è presentata al Manuzzi con defezioni importanti e l’obbligo di portare a casa una vittoria, in qualsiasi modo possibile: missione compiuta in tal senso, ma un gigantesco punto di domanda continua a pendere come una Spada di Damocle della punteggiatura sulla testa di Mazzarri e sulle sorti di questa squadra.
Non siamo arrembanti, lo sappiamo, e quindi il possesso palla farraginoso ma continuo cui assistiamo nella prima mezz’ora è ormai scontato. C’è Hernanes che, nel nulla di una squadra senza movimento, si ricorda di quanta qualità sia in grado di garantire e mette Palacio davanti a Leali.
El Trenza sta saltando il giovane portiere cesenate, che lo sdraia. Il rigore è solare, il rosso da regolamento è esagerato perché ti condanna due volte, ma corretto.
Icardi va sul dischetto, trasforma senza indugio e la partita diventa una pratica piuttosto agevole da portare a compimento. Diventerebbe. In teoria.
Mentre sui social si discute del tuffo di Palacio, roba che neanche nei peggiori bar di Caracas, l’Inter si ritrova ingessata nella tattica del freno a mano tirato: come se non bastasse, è il Cesena a guadagnare metri e a creare occasioni da gol su calcio piazzato.
Ed è qui che si vede la mano di Mazzarri: quella infortunata, nella fattispecie.
Su tutte le punizioni battute dai padroni di casa è impressionante la quantità di errori in marcatura commessa dai nostri giocatori.
Lo stesso avversario viene seguito da due difensori, mentre altri imperversano in totale solitudine a pochi metri da Handanovic. Sembra che nessuno sappia non solo dove stare, ma anche come comportarsi.
Che il calcio di oggi abbia completamente smarrito l’insegnamento della marcatura a uomo è evidente, che i meccanismi difensivi di Mazzarri non funzionino è ormai una costante.
Non si capiscono le consegne, sfugge la comunicazione tra reparti.

Bianconeri che protestano in massa. Dove l'ho già vista?
Bianconeri che protestano in massa. Dove l’ho già vista?
Ci va comunque bene, un po’ perché il Cesena non ha esattamente gente col fiuto del gol, un po’ perché Handanovic è in serata e para tutto, inclusa la clamorosa conclusione di Cascione nella ripresa.
E l’Inter? L’Inter arranca, mettendo in scena i limiti di sempre, quelli che ci siamo persino annoiati di raccontare: Hernanes, migliore in campo, si sbatte ed è l’unico a creare calcio, ma non ha supporto ed è pericoloso solo quando decide di fare da solo.
I movimenti di Palacio sono gli unici là davanti, ma sono opachi, leggibili, tardivi.
Kovacic non è in gran spolvero, porta palla più del solito, limitato anche lui dall’assenza di compagni semoventi e dalla discutibile, contemporanea presenza di un quasi doppione come Hernanes accanto a lui; gli esterni d’altro canto sono timidi e per un Obi che arriva sul fondo diverse volte crossando per nessuno, c’è un Dodò adesso inesistente anche nella fase offensiva a lui tanto congeniale.
Non la chiudiamo neppure quando Icardi si presenta da solo davanti ad Agliardi, che miracoleggia anche sul successivo fendente di Palacio. Per fortuna finisce così, con tre punti che ci consentiranno almeno di preparare la delicata sfida di mercoledì contro l’imbattuta Sampdoria con un pizzico di tranquillità in più.
La stampa intanto si prodiga nel tradurre rigorosamente a cazzo le dichiarazioni di Thohir, spacciando per penultimatum l’ennesima dichiarazione di supporto all’allenatore in carica.
È chiaro che anche la pazienza dell’indonesiano di origine filippine (ciao Ferrero!) sia destinata a finire se i risultati sportivi si riveleranno negativi (traduzione: non arriviamo neanche in Europa League), ma Mazzarri non può certo lamentarsi del sostegno del club, arrivato sempre puntuale nonostante periodi a dir poco bui.
Per non parlare degli interventi in prima persona di Piero Ausilio, anch’essi sempre volti alla strenua difesa del tecnico. Le scuse da questo punto di vista stanno a zero, mentre la vera delegittimazione era arrivata dall’ex azionista di minoranza ma sull’argomento è già stato oltremodo esauriente Grappa&Vinci su questo blog appena quattro giorni fa.
La linea societaria è chiara: si prosegue con Mazzarri, monitorandone risultati e lavoro partita dopo partita. Nel frattempo Mancini si fa vedere per la seconda volta consecutiva dalle parti dell’Inter e mercoledì arriva a San Siro il suo amico di sempre, Sinisa Mihajlovic, protagonista di un glorioso avvio di stagione con la sua Sampdoria e, neanche a dirlo, tra i papabili per il dopo-Mazzarri.
Una sorta di sliding doors per il nostro tecnico toscano, l’ennesima partita spartiacque dalle molteplici conseguenze. Facciamo che per una volta scacciamo gli incubi e mettiamo in campo un po’ di coraggio e un pizzico di gioco, eh Walter?
Ti vedo. E ti vede soprattutto Lui.

NicolinoBerti

Coglione per vocazione, interista per osmosi inversa dal 1988 grazie a un incontro con Andy Brehme. Vorrei reincarnarmi in Walter Samuel, ma ho scelto Nicola Berti per la fig...ura da vero Bauscia.

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