Bauscia Cafè

Effetto dissolvenza

Vorrei evitare l’ennesimo sproloquio contro l’attuale allenatore della Beneamata.

Sia perché il contratto è stato da poco rinnovato (sic) e fatico molto a credere che Thohir voglia sollevarlo dall’incarico alla quinta giornata di campionato per quello che molti considereranno “un banale incidente di percorso”, sia perché le alternative credibili ed economicamente papabili sono davvero poche, per non dire nulle.

In sintesi ci puppiamo Mazzarri, almeno fino a gennaio, continuando a vivere sperando per cercare di non morire cacando.

Detto questo fa specie assistere impassibili a una disfatta simile giocando in casa contro una squadra che, finora, aveva palesato soltanto problemi abnormi in tutte le fasi di gioco e poco altro. L’Inter targata WM ha due costanti: nei primi dieci minuti di gioco si riesce solitamente a capire che tipo di partita dovremmo aspettarci, sia per l’atteggiamento in campo dei giocatori che per l’efficacia della disposizione scelta. E difficilmente poi l’inerzia iniziale è destinata a mutare, nel bene o nel male.

L’altra costante è legata alle ormai ataviche difficoltà di dare continuità di risultati a un undici titolare cui non si può chiedere la luna, ma prestazioni decorose contro compagni abbordabili sì.

Ogni qual volta l’Inter abbia bisogno di una conferma arriva, puntuale come una supposta di Tachipirina, un inciampo sportivo più o meno grave che, nei fatti, resetta ambizioni e atmosfera positiva.

Non ho voglia di puntare il dito esclusivamente contro l’allenatore: tra le puttanate sesquipedali di Nagatomo, che regala un assist al bacio a Cossu e trova poi la forza di onorare la fascia facendosi espellare con due falli da babbeo, la gara di belle statuine targata Vidic/Andreolli, l’ennesima partita modello budino di Hernanes e l’attacco sfiatato e mal servito ce n’è per tutti.

Colpisce però la resa pressoché totale osservata appena dopo l’1-2 del Cagliari: sotto di un uomo le alternative si assottigliano, certo, e il passaggio all’improbabile linea a 4 era obbligatorio. Però oltre alla tattica pura c’è uno spaesamento generale che spaventa e sa di dilettantismo.

La mollezza con la quale i nostri arrivano mezz’ora dopo i cagliaritani in occasione di tutti i gol subiti la dice lunga sulla presenza agonistica messa in campo, e per un allenatore che si vanta da sempre di essere un Signor Motivatore non credo sia un problema da poco.

L’idea che mi sono fatto è relativamente semplice: abbiamo un canovaccio unico, quello del 352, sul quale è stato impostato il poco mercato estivo acquistando elementi che, a dispetto del giudizio di molti interisti, credo si riveleranno molto utili nel corso della stagione.

Il vero incubo è che da una parte abbiamo quel 352 con tutti i titolari disponibili (postilla: forse sarebbe il caso di tornare a puntare sul binomio Medel/M’Vila+Kovacic piuttosto che sul disastroso binomio Hernanes/Mateo), dall’altra abbiamo il Nulla Più Totale.

La linea a quattro non funziona, cosa di per sè vergognosa a certi livelli ma evidentemente resa tale dal non avere terzini veri in squadra e dal non aver lavorato sufficientemente su questa alternativa durante gli allenamenti; lo straniamento dei giocatori e l’improvvisazione che si osserva dopo episodi negativi come quello di Palermo o quando il match non si sblocca come a Torino sono gli stessi della scorsa stagione.

Non vedo la capacità di leggere le difficoltà e agire di conseguenza, non vedo un allenatore che studia l’avversario (Zeman lo ha fatto e si è visto) e prepara la partita su quella base, non vedo neanche la consapevolezza di saper mantenere alta la tensione contro ogni avversario, quasi come se ci fossimo disabituati a condurre in porto i 90 minuti. O ci scappa la goleada o al minimo ostacolo saltano tutti i nostri delicatissimi, fragili equilibri.

Questa disfatta contro il Cagliari è l’ennesima prova del nove fallita: non sono tipo da #moriremotutti, e parlare ora di stagione disastrosa sa davvero di tafazzismo 2.0, ma continuiamo imperterriti ad osservare i problemi di sempre.

Fragilità psicologica, mancanza di alternative in corso d’opera, discutibili correttivi, difficoltà a reagire alle negatività. Non siamo Forti, ma non tentiamo neanche di provare ad esserlo almeno quando è alla nostra portata. Crolliamo su noi stessi e, peggio ancora, preferiamo limitare i danni anche quando una partita casalinga non ha più molto da dire. E dovremmo persino ringraziare Zeman per aver deciso, clamorosamente, di amministrare il largo vantaggio invece di proseguire all’arma bianca contro chi non ne aveva più già dopo 25 minuti di gara.

Se c’è una cosa che non vorrei davvero più vedere è il secondo tempo di Inter-Cagliari, ancor più del primo: undici nerazzurri scesi in campo per bivaccare in attesa di chiudere una pessima giornata di calcio. Senza sussulti, senza mordente, senza un minimo di rispetto anche pe ril pubblico che è rimasto sugli spalti a vedere una roba del genere, nonostante tutto.

E l’atteggiamento di quello che dovrebbe essere il loro condottiero era esattamente quello: rassegnazione.

Oltre a quella supponenza che non possiamo permetterci di sfoggiare neppure contro la Marrapolese. Non potevamo farlo quando eravamo quasi invincibili, figuriamoci adesso.

55 verticale: non ci sta capendo un cazzo
55 verticale: non ci sta capendo un cazzo

NicolinoBerti

Coglione per vocazione, interista per osmosi inversa dal 1988 grazie a un incontro con Andy Brehme. Vorrei reincarnarmi in Walter Samuel, ma ho scelto Nicola Berti per la fig...ura da vero Bauscia.

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