Bauscia Cafè

In difesa di Walter Mazzarri. Forse.

Premessa doverosa: chi vi scrive trova l’hashtag #mazzarrivattene di questi giorni tanto divertente quanto datato, perché chi vi scrive #mazzarrivattene lo diceva a maggio scorso alle prime voci di un suo arrivo. Non ho mai amato Walter Mazzarri, no. Mi sono preso fior di insulti anzi quando, 11 mesi fa, spiegavo che anche la sua tanto celebrata stagione a Napoli non era niente di che fra figure barbine in Europa e un secondo posto senza lottare con una rosa che, con Conte in panchina, avrebbe vinto tranquillamente lo scudetto. E allora proprio io devo scrivere un post in difesa di Walter Mazzarri? Ma perché?
Perché. Perché nel calcio, mi hanno insegnato, contano i numeri. Nel calcio vince chi fa un gol in più dell’avversario, non chi gioca meglio. Nel calcio si contano i punti e le posizioni alla fine dell’anno, non i giudizi sull’eleganza delle giocate. E i numeri, volenti o nolenti, sono abbastanza chiari.
L’Inter di Mazzarri è di gran lunga la migliore delle ultime tre disastrate stagioni, comunque la si guardi. La migliore per piazzamento in campionato (sesti-noni-quinti) e la migliore per punti fatti per esempio: 58 nel 2012, 54 l’anno scorso, 60 quest’anno. Dicono i detrattori: l’anno scorso con 60 punti sarebbe arrivato ottavo. E’ vero, come è vero che nel 2006 sarebbe arrivato terzo. Ovvero: ha senso confrontare così brutalmente stagioni diverse? Probabilmente no.
L’Inter di Mazzarri è quella che ha perso di meno: solo 8 sconfitte, la metà rispetto all’anno scorso (16) e poco più della metà rispetto alle 14 di due anni fa. Il quinto miglior attacco del campionato (61 gol) batte sia i 58 del 2012 che i 55 del 2013, e addirittura la terza miglior difesa della Serie A (solo 39 gol subiti) fa impallidire i 55 e i 57 gol presi negli ultimi due anni. Il conto della differenza reti è ovviamente imbarazzante: +3 nel 2012, -2 nel 2013, +24 per Mazzarri, che ha guidato anche la squadra in grado di subire il minor numero di sconfitte interne (solo 2, contro 5 e 7) nonostante il più sfavorevole saldo dei rigori (+1, -2, -6). E c’è un altro dato, forse il più interessante di tutti: tanti gol fatti, pochi gol subiti, poche sconfitte, l’Inter di Mazzarri ha pareggiato tantissimo: ben 15 volte. Tanto che verrebbe quasi da credergli quando dice che abbiamo avuto molte volte l’occasione di vincere partite che abbiamo poi pareggiato. Nei numeri questa Inter ne ricorda un’altra di neanche 10 anni fa: era la prima Inter di Mancini, quella della “pareggite”, che portava a casa la prima Coppa Italia e metteva le basi per vincere tutto.

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Tutto bene e tutto bello quindi? Numeri lampanti e inequivocabili, evviva Mazzarri, evviva la sua Inter, evviva il ciclo che sta per iniziare?
Forse.
Nel 2005 amavo affibbiare all’Inter di Mancini, quella della “pareggite”, una definizione che trovavo particolarmente calzante. Immatura per vincere, troppo forte per perdere. Era l’Inter di Mihajlovic, Cordoba e Materazzi, di Veron, Stankovic e Cambiasso, di Vieri, Cruz e del primo Adriano: cosa vuoi paragonare? E’ evidente che siamo davanti ad un altro tipo di squadra. Di certo non troppo forte per perdere, sicuramente troppo altalenante per vincere. E poi di numeri -e di fatti- ce ne sono altri.
L’Inter di Mazzarri, per esempio, fra tutte quelle citate è stata quella che ha giocato il minor numero di partite: solo 3 di Coppa Italia da aggiungere alle 38 di campionato fa 41, contro le 49 del 2012 e addirittura le 56 dell’anno scorso, quando sotto la guida di Stramaccioni arrivammo in semifinale di Coppa Italia e ad una eliminazione pazzesca contro il Tottenham agli ottavi di Europa League in quella che resta, ad oggi, senza dubbio la partita più bella di questi 3 anni. Eccola qua, la parola chiave che di solito fa arrabbiare i “mazzarriani”: Stramaccioni. Il terribile confronto con Stramaccioni. Certo una volta il terribile confronto che dovevano sopportare gli allenatori dell’Inter era con Mourinho, ma tant’è: tempi che cambiano. Il fatto è che Stramaccioni, che pure aveva fatto decisamente peggio in campionato con i numeri che abbiamo appena visto, aveva fatto meglio, molto meglio, nelle Coppe e in Europa. Quella stessa Europa tasto dolente anche del miglior Mazzarri di Napoli. Il fatto è che Stramaccioni tra quelle cinquatasei partite (ben quindici di più di quest’anno, per di più nei posti più sperduti d’Europa) s’era districato mica male fino a marzo inoltrato: ai già citati piazzamenti in coppa affiancava un onestissimo quinto posto in campionato, addirittura con 2 punti in più rispetto all’Inter di quest’anno (30esima giornata). Poi il crollo, neanche tanto verticale, figlio soprattutto di 40 infortuni che ci costrinsero a vedere spesso il solo Tommaso Rocchi in attacco con il contributo di illustri sconosciuti quali Pasa, Garritano, Forte, Spendlhofer, Colombi, Benassi, Duncan e Mbaye. Vogliamo davvero fare un paragone con l’Inter dei Kovacic-Hernanes, Icardi-Palacio, Samuel, Ranocchia e compagnia? E poi Stramaccioni, quello Stramaccioni, era uno sbarbatello esordiente da mezzo milione a stagione che quasi era un azzardo chiamare già “allenatore”, mentre Mazzarri, questo Mazzarri, è arrivato qui a 3,5 milioni l’anno per insegnare calcio, costruire una squadra, dare un’identità. Con la possibilità di giocare pochissimo, senza coppe europee in mezzo, con tutta la settimana per preparare le partite, gli schemi, le tattiche, il fisico, tutto quello che voleva. E invece a marzo ci sentivamo ancora dire che “i giocatori non hanno assimilato gli schemi”. E invece di gioco, di squadra, di basi per il futuro non è che ne abbiamo viste poi troppe. Certo ci sono dei giovani che all’inizio della stagione erano belle speranze e oggi sono pronti per diventare la base dell’Inter del futuro. Penso a Juan Jesus, a Kovacic, a Icardi. Vogliamo parlare anche di loro?
Parliamone, sì. Perché anche il comportamento di Mazzarri è stato strano in questa stagione. Partito in quarta con una formazione più o meno tipo (con la quale ottiene anche buoni risultati e prestazioni) in cui trovano spessissimo spazio i vari Alvarez, Guarin, Taider, davanti a Mazzarri sembra non esserci posto per i due talentini Kovacic e Icardi. Sembra una follia, in pochi lo capiscono. Poi i risultati smettono di arrivare, il mister sembra perdere il filo della squadra e iniziano i primi malumori. A quel punto si ha come l’impressione che succeda qualcosa, che arrivi una specie di diktat: Kovacic deve giocare nella sua posizione e con continuità, Icardi deve finire sempre in campo. Dalla sera alla mattina, prima il croato e poi l’argentino vengono messi in campo e mai più messi in discussione. Con risultati brillanti per altro, ma modalità che lasciano spazio a più di qualche dubbio.

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Dove volevo arrivare con questo post? A una difesa di Mazzarri? A una sua condanna? Non lo so, e onestamente ad oggi non ho neanche la certezza che Mazzarri sarà davvero l’allenatore dell’Inter anche l’anno prossimo. Ho messo in fila -o almeno ci ho provato- dei numeri e dei fatti abbastanza oggettivi e mi verrebbe da concludere con il più classico dei “giudicate voi”. La cosa che mi inquieta di più è che il confronto con Stramaccioni può pendere da una parte o dall’altra a seconda di come lo si guardi ma in ogni caso sta in piedi, ha ragione di esistere. Ecco, pur non stimando Mazzarri questo all’inizio della stagione non me lo aspettavo: credevo -speravo- che fra un allenatore da 3,5 milioni a stagione con 15 anni di esperienza e un esordiente con alle spalle mezza stagione in Primavera il confronto non potesse affatto porsi. E lo credeva lo stesso Mazzarri quando, evidentemente con un po’ troppa boria, ad inizio stagione diceva che lui 50 punti li avrebbe fatti anche con i giovani.
La boria, già. Perché poi ci sarebbe anche tutto il discorso sull’atteggiamento fuori dal campo, sulle dichiarazioni, sul metterci la faccia, sull’accampare scuse. Sullo stile insomma, quello di Mazzarri e quello che necessita l’Inter. Ma forse non basterebbe un post intero per discuterne.
Ecco mister, troviamo un accordo: facciamo che per l’anno prossimo si abbassa la voce, si piange un po’ di meno, si smette di cercare scuse e si pensa a lavorare meglio sul campo. Che grazie a lei c’è l’Europa League, ma noi di prendere 5 gol dal Viktoria Plzen non possiamo permettercelo.

Nk³

Il calcio è uno sport stupido, l’Inter è l’unico motivo per seguirlo. Fermamente convinto che mai nessun uomo abbia giocato a calcio come Ronaldo (ma anche Dalmat non scherzava). Vedovo di Ibrahimovic, ma con un Mourinho in panchina persino i Pandev e gli Sneijder possono sembrare campioni. Dategli un mojito e vi solleverà il mondo.

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