Bauscia Cafè

Allerta Mateo

Piove sul bagnato per l’Inter di Mazzarri, in tutti i sensi. Al Marassi si è rischiato il rinvio fino a qualche ora prima del fischio d’inizio, un rinvio che forse ci sarebbe persino stato utile.
L’acquitrino di Genova non può diventare l’ennesima scusa, ma ha contribuito ad innalzare fino al parossismo il grottesco di un match brutto, sciagurato e anche sfortunato.
Difficile fare un’analisi tecnico/tattica seria in una situazione così precaria e quasi paradossale: per la quarta stagione consecutiva siamo impantanati nel bel mezzo di un guado chiamato transizione, ma che tale non è mai stata.
In un momento del genere è anche difficile ricorrere alla pazienza, perché il tifoso interista non è sciocco e sa che, dopo il Triplete, nulla di concreto è stato fatto per dare davvero l’abbrivio a questa stramaledetta, fottutissima transizione.
Parole, soltanto parole, mentre la situazione economica del club ci obbligava ad acquisti talvolta scellerati, altre volte quasi casuali, ed i pochi giocatori validi annegavano in un mare di mediocrità e smobilitazione generale, senza un barlume di progetto tattico, di volontà di rinverdire e rinvigorire una rosa progressivamente sempre più vecchia, mal assortita e dismessa.
Passano i tecnici, ma la sinfonia non cambia.
Ed io, che non sopporto Mazzarri ma non ho l’anello al naso, so bene che il tecnico livornese sia, se non il male minore, uno degli ultimi problemi che Thohir dovrà risolvere.
Non posso però neppure accettare che passi come quello che “boh, io non sapevo niente, mi son ritrovato sulla panchina dell’Inter e ora mi arrangio, tanto cazzo vuoi fare con questa gente qua”. Non posso accettarlo perché è stata la società stessa a voler ripartire da un allenatore esperto per tentare di spremere al massimo il materiale umano a disposizione.
Da uno che si vanta di non aver mai subito esoneri mi aspetto sempre qualcosa in più di un “non sapevo del cambio di proprietà” o “mi ringrazieranno in caso di quinto posto”.
Ripeto, mica siamo tonti: che questa Inter non fosse stata in grado di reggere il passo di squadre più attrezzate e meglio assortite era ovvio, e che il piazzamento nell’Europa che non conta sia la massima aspirazione per le condizioni tecniche attuali è legittimo.
Continuo però a non capacitarmi del netto calo di rendimento subìto da una squadra che, nei primi due mesi, aveva sorpreso anche me.
Niente gioco, pochissima logica (anche nei cambi: Kovacic fuori all’inizio, poi dentro al posto di Alvarez per giocare ancora una volta fuori ruolo, mentre Guarin fa la muffa in panchina per non svalutarsi? Mah…), una condizione atletica tutt’altro che brillante (a partire dai più giovani, altro che mago Pondrelli…).
Passi il fatto che giocatori come Jonathan, dopo la resurrezione iniziale, siano tornati nel limbo, hanno pur sempre limiti evidenti, ma se anche un fedelissimo come Campagnaro va in campo a farsi bellamente gli affaracci suoi allora qualcosa non va.
E dall’Esperto® pretenderei (e pretendo) proprio questo: coraggio, disciplina, raziocinio e la capacità di tenere ben salde le redini, ora che tutto scricchiola e delle poche sicurezze iniziali non son rimaste che le briciole.

Gooooooo...no.
Gooooooo…no.
Non dico sia un compito facile, quello di Mazzarri, sia chiaro.
Anzi, l’Inter di Genova nei primi 20 minuti di gioco mi era persino piaciuta: varato finalmente il modulo a due punte (non credo Milito andasse rischiato dall’inizio proprio con un campo così allentato, ma passerei per bastian contrario) la squadra sembrava voler sbloccare il risultato da subito. Poi soltanto una gran confusione, molta sfortuna, un pizzico di fortuna (una pozzanghera ci è stata di grande aiuto su Gilardino) e poi la solita, imbarazzante disattenzione difensiva che, in periodi come questo, fa diventare lo svantaggio una montagna insormontabile.
Ma l’analisi del match, lo ripeto, lascia il tempo che trova, adesso.
Parlavo di coraggio, perché sui trasferimenti invernali la penso esattamente come Thohir: assurdo pensare di poter rendere questa rosa competitiva per l’unica cosa che salverebbe la stagione (il terzo posto) col solo mercato di riparazione.
C’è il rischio di fare l’ennesimo investimento improduttivo, non ci sono i soldi per acquisti che siano davvero utili nell’immediato e comunque servirebbero davvero troppi giocatori.
Se davvero sacrificheremo qualcuno dei pochi cartellini vendibili, preferirei che quel denaro fosse reinvestito su un profilo alla Thohir, che guardi al futuro, alla vera transizione.
E credo sia opportuno spezzare una lancia a favore del nuovo proprietario: leggo ovunque critiche per il modo di presentarsi senza neanche un gioiellino da far fotografare ai media, o per la freddezza con la quale ha dichiarato a chiare lettere come le casse societarie versino in condizioni disperate e sia necessario risanare prima di tornare a progettare nel senso più genuino del termine.
In realtà Thohir sta facendo tutto quello che, per un manager che si rispetti, è quasi una routine: porre rimedio al disastro finanziario, valutare il materiale umano a disposizione per poi agire con cognizione di causa. La chiamano pianificazione.
E su questo atteggiamento ha scritto ottime cose il buon Hendrik Van Der Decken, al cui pezzo vi rimando (http://www.dopolavorointer.com/imputato-thohir-alzatevi.aspx).
Vi invito quindi a riflettere sul fatto che l’alieno Thohir, quello che non ha soldi, ha già sborsato la bellezza di 250 milioni di euro, di cui 175 soltanto per rilevare una parte dei debiti contratti dalla precedente gestione. Diffidate delle sciocchezze pronunciate da uno dei tanti scrivani di corte o dal Capello di turno.
I conti sono in rosso, e non è un rosso relativo senza macchia d’amore ma ade-sso (cit.)
Dategli tempo. Prendetevi del tempo. E soprattutto non giudicatelo per scelleratezze sulle quali non aveva alcun tipo di controllo.
Di Anni-zero® ne abbiamo attesi molti, questa volta c’è la vera opportunità di un repulisti totale, un reset definitivo che forse non ci renderà competitivi da subito ma ci permetterà di sopravvivere, di cominciare a respirare aria nuova, di tornare a vedere una squadra di calcio all’opera senza avere l’impressione che ci sia solo voglia di andarsene via dal campo.
Giugno non è poi così lontano, a questa stagione abbiamo ben poco da chiedere: nessun applauso per un eventuale quinto posto, tante pacche sulle spalle, qualche stretta di mano, forse sorrisi di circostanza. E poi voltiamo pagina. Ma per davvero.
Altrimenti ci arrabbiamo. Sigla!

Sulle recenti vicende di mercato preferirei stendere un velo, non so neanche quanto pietoso.
Pochissima chiarezza, il solito sgradevole senso di improvvisazione mista a follia, scelte tecniche ed economiche tra il grottesco e l’incomprensibile. Non cambio idea su quanto appena scritto di Thohir: reputo assurdo giudicarlo alla luce del caos di queste ultime ore. Aspetterei una nuova dirigenza (che a questo punto diventa un vero e proprio obbligo) per valutarlo con la giusta serenità.
Qualcuno intanto ci svegli da questo incubo.

NicolinoBerti

Coglione per vocazione, interista per osmosi inversa dal 1988 grazie a un incontro con Andy Brehme. Vorrei reincarnarmi in Walter Samuel, ma ho scelto Nicola Berti per la fig...ura da vero Bauscia.

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