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Inter-Livorno 2-0: salutarsi e ritrovarsi

La partita degli addii (al Presidente), la partita dei rientri (del Capitano), la partita in cui si ritrovano a sorpresa piacevoli abitudini che credevamo perdute, come quella di portare a casa tre punti giocando tutto sommato abbastanza male, o quantomeno in maniera del tutto anonima. Può una partita decisamente brutta essere, allo stesso tempo, una partita per cuori forti? Può se in campo c’è l’Inter.

Marcatori: 30′ aut. Bardi, 45′ st Nagatomo
Inter: 1 Handanovic;  23 Ranocchia, 35 Rolando, 25 Samuel; 2 Jonathan, 21 Taider (37′ st Zanetti), 19 Cambiasso, 11 Alvarez (13′ st Kovacic), 55 Nagatomo; 13 Guarin (26′ st Belfodil); 8 Palacio.
Livorno: 1 Bardi, 3 Gemiti (42′ st Borja), 9 Paulinho, 10 Luci, 15 Mbaye, 17 Ceccherini, 23 Emerson, 26 Siligardi (19′ st Emeghara), 28 Schiattarella, 33 Valentini, 41 Duncan (1′ st Benassi).

Le emozioni partono ancora prima del fischio di inizio: è l’ultima partita da proprietario (quasi) unico e forse da Presidente per Massimo Moratti. Quando arriva in tribuna la Curva Nord srotola uno striscione di ringraziamento (a modo loro, tutt’altro che condivisibile..ma del resto non sono certo i portavoce del tifo nerazzurro) e tutto lo stadio tributa un lunghissimo applauso al Presidente. Lui si alza in piedi, ringrazia, risponde. I brividi sono già altissimi, addirittura prima di vedere l’Inter in campo.

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Poi inizia la partita con Guarin confermato alle spalle di Palacio e l’inedito trio in difesa con Rolando al centro, Ranocchia a destra e Samuel a sinistra. Nel Livorno osservati speciali i baby nerazzurri Bardi, Mbaye e Duncan, con Benassi che entrerà nel secondo tempo proprio al posto di Duncan e Botta ancora fermo ai box. La partita inizia molto lentamente, con il Livorno che – come prevedibile – arriva a Milano principalmente per difendersi con Mbaye e Gemiti che più che gli esterni di un 352 fanno i terzini in un vero e proprio 532. Dal canto nostro, la presenza di Samuel si sente e genera un’ottima prova sia di Ranocchia che soprattutto di Rolando. Il risultato è una partita bloccata e con zero tiri in porta, in cui l’unica emozione è un capogiro di Cambiasso dovuto però a una semplice botta. Fino al 30′, quando al termine di una delle sue discese Jonathan fa partire un cross che, anche a causa di un giro strano dovuto a una leggera deviazione di Mbaye, manda fuori tempo Bardi e causa il più clamoroso degli autogol per il portierino, che di fatto mette da solo la palla nella sua porta. A seguito del vantaggio l’Inter si abbassa un po’ troppo e il Livorno prova a prendere il controllo della partita, ma le poche occasioni che si vedono negli ultimi 15′ del primo tempo sono tutte nerazzurre: un probabile – probabilissimo – rigore su Palacio e soprattutto un gran tiro da fuori di un Alvarez opaco (non al top dal punto di vista fisico) sul quale Bardi dà una risposta di altissimo livello, riscattandosi almeno in parte dall’errore precedente.
Il secondo tempo inizia sulla falsariga della fine del primo, se non peggio: con Benassi al posto di Duncan il Livorno prende in mano il centrocampo e prova a schiacciare l’Inter nella sua metà campo, seppure senza mai impegnare severamente Handanovic. L’Inter si abbassa troppo e cala di intensità, e iniziano a vedersi anche alcune disattenzioni soprattutto in fase difensiva. Quello che sembra mancare è soprattutto un giro palla sicuro e convinto, con Alvarez-Guarin-Palacio decisamente non in serata. I cambi di Mazzarri sono probabilmente conseguenza di queste considerazioni: entra Kovacic per Alvarez e dopo 10 minuti Belfodil per Palacio e le cose sembrano migliorare leggermente, soprattutto in fase offensiva. Bardi è chiamato finalmente ad altri due interventi, prima su una conclusione ravvicinata di Cambiasso – altra parata non semplice – e poi su un colpo di testa decisamente centrale di Ranocchia su corner. Le cose cambiano al 37′, quando San Siro inizia a tremare e butta giù il più forte dei boati: Taider viene richiamato in panchina e, 6 mesi dopo l’infortunio, torna in campo la maglia nerazzurra con il numero 4. Torna in campo Javier Zanetti, il Capitano.
E’ un cambio non solo tattico, ma con un impatto psicologico devastante sulla squadra: torna l’entusiasmo, torna la gioia del calcio, torna la voglia di rendere perfetta questa serata e il Livorno di colpo non rappresenta più un problema. La partita scorre tranquilla fino al 45′ quando il Capitano mette a terra una palla sulla linea di centrocampo, rivolto verso la linea laterale con un giocatore del Livorno che pressa alle spalle. Usa l’avversario come perno e a 40 anni, con una semplicità disarmante, va via di velocità e potenza pure e arriva quasi al limite dell’area, quando scarica la palla su Kovacic. Mateo danza sull’erba e supera prima un avversario, poi un altro, poi si irrigidisce e con il piede sotto fa una verticalizzazione per Nagatomo che brilla di luce propria. Yuto tira al volo, e resta solo il tempo per l’inchino con il Capitano.

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La pratica-Livorno è archiviata, con una prestazione tutt’altro che esaltante ma con buone indicazioni dal solito Samuel, da Rolando e soprattutto da Kovacic: non banale il fatto che proprio nella serata peggiore di Alvarez lui riesca a subentrargli e esprimersi al meglio, un bell’indicatore di personalità che anche Mazzarri, a fine partita, dimostrerà di aver apprezzato. Nel Livorno Mbaye firma probabilmente la sua migliore prestazione stagionale, con Nagatomo che non ha certo avuto vita facile a dispetto del gol. Bene anche Benassi, che ha un buon impatto sul centrocampo al suo ingresso. Meno bene invece Duncan, che cresce verso la fine del primo tempo ma con un brutto cartellino giallo sulle spalle. Bardi si porta sulle spalle quello che è probabilmente il peggiore errore della sua carriera, ma dimostra di saper superare anche queste indecisioni con due parate su Alvarez e Cambiasso decisive per lasciare speranze al Livorno fino all’ultimo secondo.
La pratica-Livorno è archiviata, e al Meazza resta solo da applaudire: applaudire il Capitano che rientra, applaudire il Presidente che va, che lancia un ultimo sguardo malinconico al “suo” Stadio prima di girarsi di spalle e rientrare nella pancia di San Siro.

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Il calcio è uno sport stupido, l’Inter è l’unico motivo per seguirlo. Fermamente convinto che mai nessun uomo abbia giocato a calcio come Ronaldo (ma anche Dalmat non scherzava). Vedovo di Ibrahimovic, ma con un Mourinho in panchina persino i Pandev e gli Sneijder possono sembrare campioni. Dategli un mojito e vi solleverà il mondo.

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