Bauscia Cafè

Finalmente Inter

C’è chi dice che il calcio sia questione di vita o di morte: non concordo con quest’affermazione; posso assicurarvi che è una questione molto, ma molto più seria.

Bill Shankly

Fare la conta di chi ci sarà per la partita, mandare messaggi vari per decidere a che ora trovarsi. Cercare l’abbonamento perché “chissà dove cacchio l’ho messo l’ultima volta*?”. Vestirsi facendo attenzione a non avere addosso colori equivoci, ma solo il nero e il blu. Mettere un pacchetto di Fisherman’s Friends in borsa, che se no a metà del primo tempo sono già senza voce. Controllare che ci sia l’abbonamento nella tasca interna della borsa. Uscire di casa e controllare per le scale di avere davvero l’abbonamento con se. C’è, tirare un sospiro di sollievo. Prendere il pullman, perché ci sono i lavori per la metro nuova e il tram non passa. Ricontrollare che ci sia l’abbonamento e ovviamente non trovarlo perché prima l’hai tolto dalla tasca e l’hai buttato a casaccio in borsa. Ravanare nervosamente in fondo alla borsa anche se in borsa ci sono 3 cose di numero (e si sa che meno roba c’è, meno si trovano le cose). Ricominciare a respirare quando lo si trova. Guardare le facce di chi sale e scende dall’autobus, cercare avidamente un logo dell’Inter nell’abbigliamento e sorridere. Ascoltare i discorsi di chi quella tratta la percorre per la prima volta, sentirli perdere il fiato quando si scende e vedono finalmente lo stadio, così massiccio, così vicino. Decidere se fare il giro da via Piccolomini, perché sei arrivata presto e così perdi tempo, o andare direttamente dall’altra parte a mangiare un panino. Prendere il caffè al Lurido meno lurido che ci sia, che non solo ha il caffè, ma ha la macchinetta dell’espresso vero e non le cialde. Andare ai cancelli, mostrare l’abbonamento, spalancare la borsa a steward o poliziotti, che matematicamente, visto che l’hai aperta spontaneamente, fingono di dare un’occhiata e ti fanno passare. Rifare la stessa strada di sempre fino all’entrata del tuo settore, salire le scale, uscire e avere davanti il catino di San Siro. Girarsi a sinistra e trovare facce conosciute, i vicini di sempre. Salutarsi, chiedersi com’è andata l’estate, guardarsi intorno e, come ogni volta, sentirsi a casa in mezzo a tanto nerazzurro.

Finalmente Inter. Io non ce la facevo già più senza di te.
Finalmente Inter. Io non ce la facevo già più senza di te.
*Sostituire “cacchio” con una sequela di parolacce a caso una dietro l’altra senza respirare.

Miss Green⁵

Sono nata e cresciuta all’ombra dello stadio, nel piazzale ho imparato ad andare in bici e in motorino. Da piccola dicevo che Malgioglio era mio padre, si somigliavano molto.

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