Bauscia Cafè

Una chiacchierata fra amici

Una serata particolare, si può definire così l’incontro che ha visto partecipe il nostro mister, e un’affollata platea di allenatori (circa 400) delle società affiliate al CSI di Milano.
L’attesa in sala è frenetica. Strama, già arrivato, sta rispondendo ad alcune domande in una sala riservata. I nerazzurri sono, ovviamente, in amplissima maggioranza. Un fragoroso applauso scoppia all’apparire del Mister, che scortato dal Responsabile della Comunicazione Sportiva Caldara e dal Team Manager Cordoba fa il suo ingresso in sala.

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La prima parte della serata scorre tra ricordi della vita calcistica, prime esperienze come allenatore e aneddoti divertenti sulle sue passate esperienze. Quelle alla Romulea, dopo i primi calci all’oratorio. Il trasferimento al Bologna, l’infortunio, il rigetto per il mondo del calcio, e la tenacità di una mamma e di un procuratore che lo portano, a 23 anni, sulla sua prima panchina.
Non ha la faccia serena Strama, si vede che è provato. Ma comunque scherza, ride, si prende anche poco sul serio. (“Ho vinto il primo campionato con una squadra de scappati di casa..“) (“Oh, guardateve, c’avete ‘na faccia da “Ma come cazzo ha fatto questo”??“) (“Neanche a dire che sono figlio di, o che ho respirato l’atmosfera sportiva.. Non c’ho nessuno in casa che capisca qualcosa non dico di calcio, ma proprio di sport“)
La serata prosegue con un botta e risposta col presidente nazionale del CSI, Achini.
C’è ancora spazio per persone normali?
Si, decisamente si. Io stesso nell’Inter ho incontrato un’umanità incredibile, da parte di tutti, dal magazziniere al Presidente, anche se a volte davanti ai riflettori non possiamo dire tutto quello che vogliamo.
Cos’è per te l’Oratorio?
L’oratorio è un punto di partenza, ha un ruolo importantissimo. Sono cresciuto in oratorio, è un ambiente sano, che dovrebbe tener lontano alcuni pericoli. Inoltre, per chi ci crede, c’è una componente cristiana che trasmette valori importanti e fa parte della nostra cultura.
Che ruolo ha l’Oratorio nello sport?
E’ un segno di speranza, ancora adesso quando incontro qualcuno dei miei ex compagni la prima frase è “te ricordi l’oratorio?” E non è solo Calcio, è anche Pallacanestro, Pallavolo. Per me è un onore essere ambasciatore dello “Sport in Oratorio”.
Che rapporto hai con i giovani?
Non sempre il “Giovane” è un campione pronto per determinati ambienti. Fare risultato, a volte, è necessario e non sempre si ha il tempo di stare ad aspettare l’esplosione di un giovane, potenziale, campione. L’errore più grande, comunque, è non parlare chiaro e con rispetto. Senza umiliarlo, ma cercando di stabilire un rapporto che crei stima prima per la persona che per l’allenatore. La mancanza di rispetto è la morte del rapporto personale. Ho sempre detto ai miei giocatori: “fra 5 anni potrai dire che non capisco un cazzo di calcio, ma non che non ti abbia detto le cose come stavano, chiaramente, in faccia”
Come si può gestire i ragazzi difficili?
Di solito i problemi nascono fuori dal campo, da una ricerca di attenzione. Il ragazzo cerca di mettersi in mostra. Purtroppo la società tende ad esaltare e dare notorietà a chi fa qualcosa di strano. E non sempre quel qualcosa è positivo. I ragazzi vanno aiutati, non emarginati, ma neanche assecondati, e le regole condivise sono la via maestra. Regole condivise per tutti. Le regole ti salvano, spersonalizzano il rapporto. Non è più “il Mister ce l’ha con me”, ma diventa “Io ho infranto le regole”.
Poi, è spesso utile creare un filone di comunicazione diverso, quasi di complicità, come ho fatto io. (nda, lo dice sorridendo, pensava a Cassano?)
Spogliatoio e integrazione?
Guarda, all’Inter adesso stiamo integrando gli Italiani…. Oh, ovviamente è una battuta, eh?
Milano è avanti nell’integrazione e lo sport è veicolo fondamentale per integrare. Il mio sogno è che un giorno non se ne parli più, come in America, come in Inghilterra. Allora l’integrazione sarà totale.
Cosa dici ai tuoi giocatori prima di una gara?
Nello spogliatoio, prima della partita, la gara è stata sviscerata in tutti i suoi dettagli. Difficile che ci sia un’indicazione tecnica. La fase è soprattutto motivazionale, dimostriamo che siamo tutti insieme, che andiamo tutti nella stessa direzione. Parlo io, poi parla il Capitano, e si cerca uniti di vincere la partita.
Hai creato anche legami di amicizia che durano tuttora?
Sì certamente, e la cosa più bella è quando un ragazzo che ha smesso di giocare ti cerca. E’ perché hai lasciato qualcosa, ed è importantissimo.
A questo punto della serata parte un video su Facchetti.
Chi è Facchetti, per te?
Un pezzo di storia del calcio italiano, di valori, di lealtà, di sportività. In quel nome c’è tutto. Il mio rammarico è non aver potuto conoscerlo di persona.
Come si può rendere più bello il calcio di oggi?
Sarebbe bello che ogni giovane potesse avere una possibilità. Un mio desiderio personale è quello di riuscire a far respirare a questi ragazzi l’aria delle strutture più importanti. Vedere gli occhi dei ragazzi delle squadre che hanno giocato a San Siro prima di noi sarà una cosa che mi rimarrà nella mente. Inoltre, ci vorrebbero strutture migliori, più belle. A Roma se togli l’Olimpico, Trigoria e Formello, i campi in erba te li sogni.
Quando ti abbiamo contattato per questa serata…
Eravamo secondi..
Ma era importante venire. Anche in un momento difficile. Ripercorrere le tappe della propria storia e dare testimonianza della propria esperienza. Il messaggio è semplice: si può fare. La nostra è una nazione di “Amici di” o di “Conoscenti di”. Io invece ce l’ho fatta senza agganci, senza spinte. Con fortuna, tantissima, e con voglia. Ma 15 anni fa ero seduto come voi ad ascoltare qualcuno che parlava al posto dove sono io.
Si può fare.

Magari cominciando da domani sera. (nda)

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BigMama79

Interista da sempre con origini AppianoGentilesche, informatico per professione, #twintercronachista per caso. Ah sì, sarei il webmaster. Ma Nk non mi paga, quindi lavoro gratis. #cèsololinter

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