Bauscia Cafè

Parliamo di calcio?

Ce lo chiedono da ieri, con insistenza e con un latente senso di urgenza, e chi siamo noi per non provarci?
Commentatori, opinionisti, giornalisti o presunti tali si sono davvero adoperati per riportare subito il discorso sui binari della prestazione sportiva, liquidando la famigerata azione Ranocchia-Astori con un “sì ok, era rigore ma adesso non rompete tanto i coglioni” ed evidenziando come per battere il Cagliari non fosse necessario avere rigori a favore. Sarebbe bastato giocare meglio.
Ed effettivamente l’Inter vista domenica a San Siro non è sicuramente stata brillante, piuttosto una parente non lontana di quella in affanno già vista a Bergamo, con un centrocampo incapace di far filtro, un tridente troppo poco avvezzo alla copertura ed una difesa che non ha certo visto la giornata migliore in quelli che, finora, erano stati veri e propri pilastri della retroguardia, ovvero Juan Jesus e Ranocchia. Soltanto Samuel, Nagatomo e Palacio, oltre al solito Handanovic, si sono confermati su alti livelli: dispiace dover sottolineare la seconda prestazione negativa di capitan Zanetti che, verosimilmente, nonostante il suo essere bionico avrebbe bisogno di rifiatare più spesso, così come l’incapacità della squadra di limitare i difetti di Gargano, spesso lasciato in balìa degli avversari e ancor più falloso del solito in fase di palleggio.
Una fase che, difettosa com’era, ci ha impedito di fatto di proteggere a dovere il bel vantaggio siglato dal Trenza su imbeccata geniale del solito Cassano: il bell’Antonio (vabè, è un tipo…ok, la smetto) ha corso pochino, ma ha confezionato almeno 3 assist di altissima qualità. Peccato non fosse il pomeriggio giusto neanche per Diego Milito, sprecone come non mai e decisamente poco lucido in ogni frangente. L’impressione è che considerando le assenze attuali, questo 343 offensivo sia insostenibile sul lungo periodo e permetta a squadre dotate di sufficiente velocità di tagliarci come il burro facendoci molto male: non dimentichiamo che prima del pareggio il Cagliari si era visto negare il gol per tre volte da uno strepitoso Handanovic.
Un ritorno ad un più coeso, equilibrato 352 potrebbe consentirci di ritrovare quella concretezza mancata nelle ultime due giornate, al netto delle buone prestazioni degli avversari e di una non indifferente dose di sfortuna/scarsa bravura in fase conclusiva. Agazzi alla fine è stato decisivo e l’Inter, ritrovando fiducia e solidità con gli innesti di Alvarez e Coutinho (una mossa tardiva che, forse, ci avrebbe permesso di fare di più, ma a bocce ferme siam tutti bravi), ha sfiorato più volte il gol di una clamorosa, ennesima rimonta.
Finisce qui l’analisi tecnica del match, che spero possa accontentare quelli che di arbitri non vogliono parlare a prescindere: eppure un arbitro c’era in campo, anche se a molti potrebbe sembrare strano viste certe mancate decisioni, ed era il signor Giacomelli da Trieste. Un semisconsciuto quasi esordiente, un mister X.
Bene, il signor Giacomelli è riuscito nella leggendaria impresa di far aggiornare la mitica scala della rabbia morattiana a quelli di Interistiorg, snobbando un intervento clamorosamente falloso di Astori su Ranocchia al novantesimo minuto di gioco.
Passi la pessima gestione dei cartellini che ha garantito l’impunità a molti picchiatori cagliaritani, passi anche la mancata segnalazione del fallo di mano di Sau in occasione del 1-2, ma non ravvisare neppure la evidente scorrettezza sul difensore nerazzurro è indice di chiara incapacità. O di altro.

“Ma sei serio?”
Un “altro” che il presidente Moratti ha voluto sottolineare con forza, commentando con rabbia quanto visto a San Siro ed imponendo un criticabile silenzio stampa a squadra e tecnico: ed è su questo che vorrei sofferarmi un attimo.
Non so se la frase “voi dell’Inter dovete stare zitti” sia stata davvero pronunciata o meno dal signor Giacomelli (in tal caso la sua non-decisione assumerebbe contorni davvero inquietanti), ma so per certo che sia opportuno alzare la voce una volta per tutte: non è una istigazione alla polemica, non serve urlare più forte degli altri come colti da isterismo sportivo. Serve invece ribadire con forza la propria posizione in faccia ai tanti giornalistucoli prezzolati che infestano i salotti calcistici italiani e vomitano frasi assurde in diretta televisiva (vero Massimo Mauro?), pronti a negare l’evidenza, a mettere Juventus e Inter sullo stesso piano, a far di tutta l’erba un fascio perchè la polemica è sgradevole e sarebbe meglio parlare di sport.
Col cazzo. Sarebbe meglio parlare di sport se la questione fosse meramente sportiva. Ma non lo è.
La restaurazione, quella per la quale molti interisti vengono sistematicamente tacciati di complottismo a go-go, è compiuta, e la dimostrazione è prontamente arrivata attraverso quella excusatio non petita accusatio manifesta pubblicata dalla Juventus sul proprio sito ufficiale: un delirio in piena regola, in un mondo calcistico dove i 30 sul campo e lo stile Juve non sono più soltanto slogan da tifosi bendati, ma dogmi da seguire pedissequamente in barba alle tante, tantissime sentenze di condanna.
Moratti non ci sta e nessuno dovrebbe starci: il basso profilo non paga, non ha pagato in passato e non pagherà, perché nell’ombra le facce restano le stesse, perchè la strafottenza di chi si sente addirittura vittima di un disegno malefico architettato dalla triade guidorossitronchettiproveratelecom, una sorta di chimera con la testa a forma di cornetta telefonica e le gomme Pirelli al posto delle zampe, aumenta col passare dei mesi, mai soffocata, anzi stimolata ed amplificata da commenti come quelli letti e sentiti domenica sera: quelli di chi vorrebbe far credere a noi e a chi guarda il calcio da lontano che la diatriba Juventus-Inter sia una lotta tra pari colpevoli, che reprima la voglia di calcio giocato, che screditi l’intero movimento e non permetta di parlar bene delle nuove realtà come la bella Fiorentina di Vincenzo Montella.
Scalfaro direbbe “io non ci sto”: la Juventus ormai si è arrogata il diritto di fare un po’ quel che vuole, pisciando in testa a federazione ed Abeti vari. E’ l’uninvited guest che ti entra in salotto anche se tu non lo volevi neppure ascoltare, ti sporca il tappeto di sugo e neanche pulisce, e poi cerca anche di far credere agli altri che il tappeto fosse già sporco.
E’ indubbio che l’Inter abbia bisogno di ritrovare le certezze perdute nelle ultime due esibizioni, ma è altrettanto indubbio che si respiri un’aria quantomeno balorda. La speranza, flebile, è “che non ci sia alcun disegno perché è più stupido dell’incapacità”.
La stessa incapacità che induce giornalisti come Massimo De Luca a far passare l’idea che per avere un rigore a favore una squadra (l’Inter) sia costretta a sfornare una prestazione necessariamente all’altezza. Come se un fallo previsto dal regolamento fosse subordinato alla qualità di gioco espressa. Hai giocato di merda? Eh beh, inutile che saltino tibie, avevi a far gol con un’azione decente, povero pirletti.
Un delirio in piena regola, che molti hanno ripreso e ripetuto come un mantra.
E’ per questo che torno a ribadire che durante gli allenamenti Stramaccioni certamente si occuperà di affinare le marcature sui calci da fermo e gli schemi di gioco, alla ricerca di quello smalto parzialmente perduto (ma non smarrito, l’assedio finale col Cagliari è lì a dimostrare che siamo vivi, sempre e comunque, anche nelle difficoltà), ma fuori da Appiano Gentile c’è un’altra battaglia da combattere per difendere e rivendicare la dignità di sempre, quella che ci permette di essere una volta di più fieri di tifare Inter: una parvenza di equità, nulla di più.
Per il resto abbiam già dimostrato di potercela fare anche da soli, nonostante tutto. Ma almeno non prendeteci per il culo.
“Abbiamo dimostrato tutto, potevamo perdere questa partita solo in 6, era l’unico modo per perderla, perché in 7 la vincevamo” disse un bravo allenatore portoghese al termine di un kolossal sportivo.
Bene, qualche volta non ci dispiacerebbe vincere senza che sia servita un’impresa epica, nella normalità di una giornata di calcio umana, persino svogliata, nient’affatto trascendentale.
Tre punti a fronte di una prestazione mediocre ma con un rigore sacrosanto non sono un furto: sono l’applicazione di una semplice regola.

NicolinoBerti

Coglione per vocazione, interista per osmosi inversa dal 1988 grazie a un incontro con Andy Brehme. Vorrei reincarnarmi in Walter Samuel, ma ho scelto Nicola Berti per la fig...ura da vero Bauscia.

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