Bauscia Cafè

Il Barça, Sandro Modeo, Isbn, 2011

Un libro che intimidisce, per certi vertiginosi shock culturali, e che – non lo nascondo – più di una volta mi ha fatto pensare che avrei voluto telefonare all’autore per dirgli: “Ma no, dai, è solo calcio”.
Invece, poche righe dopo, Modeo ti ricattura, e ti porta a concludere – felicemente, perché è una conclusione euforica – che no, non è solo calcio. L’avevamo sempre saputo, non avevamo trovato le parole per dirlo.
Nel settore giovanile, collocato in un college chiamato “la Masía”, i piccoli calciatori sono abituati a sviluppare i concetti di gioco della prima squadra. Ragazzi di età compresa fra gli undici e diciotto anni, costruiscono l’ormai leggendaria cantera. Sembra esserci una premessa “genetico-morfologica” nella selezione degli atleti: baricentro basso, una statura inferiore al metro e ottanta. E c’è un primo insegnamento che ha a che fare con il modo di correre: raramente impiegano l’ampiezza della falcata, privilegiano la frequenza i passi corti e ravvicinati.
Il testo procede con frequenti, spiazzanti digressioni scientifiche. Per spiegare la costruzione dei meccanismi a orologeria del Barça di Guardiola, Modeo accenna al fatto che “le forme del vivente (dalla più piccola alla più grande) non danno risposte agli stimoli ambientali, ma vi si affacciano con un ventaglio di proposte, destinate a essere appunto selezionate in rapporto alla loro efficacia adattativa, e poi (una volta memorizzate) trasmesse dai geni alla discendenza”.
Il calcio totale – il totaalvoetbal nato in Olanda a fine anni Sessanta – trova in quest’ultimo Barça il suo vertice espressivo. L’imprinting viene dall’Olanda, gli artefici si chiamano Rinus Michels e Johan Cruijff, colui che stabilisce che “la distanza massima che un giocatore deve percorrere dev’essere di dieci metri”, e insegna ai suoi come respirare, imponendo un’idea di squadra fondata sulla massima coralità. Ad allenare i catalani, perfezionando la lezione, saranno altri olandesi come Van Gaal e Rijkaard. Ruoli essenziali in questo percorso evolutivo sono stati svolti da vari allenatori, in realtà assai diverse: Vic Buckingham, Bobby Robson, Terry Venables, i belgi Goethals e This, il colonnello Lobanovskij, Ernst Happel e Arrigo Sacchi.
“Vedere il Barça contro le altre squadre è come vedere un match tra tennisti di epoche diverse”: Guardiola dice che è stato Cruijff a dipingere la cappella, i successori non hanno fatto altro che restaurarla o migliorarla.
La squadra si muove come un formicaio, meglio ancora come uno sciame d’api o uno stormo di uccelli. Modeo paragona l’Ajax di Michels-Cruijff alle suite musicali che in quegli anni componevano i Pink Floyd (Meddle, Atom Heart Mother), e il Barça di Guardiola ai Radiohead di Kid A e Amnesiac. Senza dimenticare le sensazioni che trasmettono entità come Usain Bolt e Roger Federer. I riferimenti extrasportivi si allargano alla leggerezza di Calvino e alla liquidità di Bauman, e ancora oltre: “Il Barça è come il quantum di luce della fisica quantistica: non c’è un qui e un lì, ma una schiera di stati intermedi corrispondenti a miscele di quelle possibilità”.
Il fattore che balza agli occhi è il prolungato, ossessivo, estenuante “possesso palla”. Che Modeo analizza e scompone in “unità modulari. Perfezionare il possesso palla, consente ai catalani “una formidabile economia di dispendio metabolico”, l’assenza di scatti lunghi previene la formazione di acido lattico. Le fasi migliori della manovra blaugrana sublimano “uno stile di gioco fondato su un pensiero collettivo. Il possesso palla è più di un principio guida: è l’identità cognitiva e psicologica, individuale e di gruppo. La circolazione palla è funzionale alla creazione di spazi e superiorità numerica, ed è impressionante l’alternanza tra possesso preparatorio e fraseggio di penetrazione, con movimenti senza palla che sollecitano, negli ultimi 30 metri, filtranti e uno-due ad alta velocità. Le altre squadre, nei confronti diretti, appaiono strutture rigide e spesso impotenti“.
La conclusione teorica è pienamente condivisibile: “Oggi le due tendenze calcistiche dominanti sono il sistema Barça e la prospettiva Mourinho… Si tratta di due modelli culturali, paralleli e opposti”. Il calcio del Barcellona sta al calcio di Mourinho come la fisica quantistica sta alla fisica tradizionale.

Rudi

Rudi Ghedini, bolognese di provincia, interista dal gol sotto la pioggia di Jair al Benfica, di sinistra fin quando mi è parso ce ne fosse una.

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