Bauscia Cafè

Grazie infinite Ramiro, grazie infinite Orla.

E’ stata una giornata strana domenica scorsa, piena di lacrime versate per addii fasulli. La sublimazione della cialtroneria del giornalismo sportivo italiano, che ha passato 24 ore a raccontarci addii al calcio…che non sono addii al calcio.
Non si ritirerà Alessandro Nesta e non si ritirerà Gennaro Gattuso, che stanno solo cercando un’altra squadra. Non si ritirerà Inzaghi, che addirittura potrebbe continuare a giocare proprio con il Milan (praticamente tenta di simulare anche l’addio: fenomeno). Non si ritirerà Mark Gertruda Van Bommel, che ci ha ammorbato con le più ridicole lacrime della storia del calcio dopo neanche due anni a Milanello. Non si ritirerà neanche Alex Del Piero, anche se nel suo caso l’infamia (l’ennesima) compiuta da andreagnelli e da tutta la società Juventus meriterebbe un discorso a parte.
Non si ritirerà nessuno insomma, a dispetto delle chiacchiere di Sky. Anzi sì: si ritirerà -si è già ritirato- Ruud Van Nistelrooy, uno dei più grandi attaccanti europei degli ultimi 15 anni. 656 partite e 381 gol fra Olanda, Inghilterra, Spagna e Germania, un palmarès da far brillare gli occhi, 4 volte capocannoniere in campionato e 2 volte in Champions League, una classe e una concretezza infinite al servizio di tutte le squadre con cui ha giocato (Manchester United e Real Madrid, fra le altre). Gli dedichiamo queste pochissime righe qui sopra insieme a un affettuoso saluto anche perchè i “grandi media”, impegnati a celebrare addii fasulli, sembrano essersi completamente dimenticati di questo fenomeno del nostro calcio.
E così fra il finto rispetto di andreagnelli e le recriminazioni di Gattuso (“I giovani non sono più rispettosi come una volta“: sarà perchè una volta avevano come esempio Maldini e ora hanno come esempio te?) passano in secondo piano due addii veri, sentiti. Toccanti e dolorosi per chi, come noi, ha vissuto insieme a loro mille partite e mille trionfi.

“Scusa un attimo…voglio salutare e ringraziare di tutto due grandi compagni, Ivan Cordoba e Paolo Orlandoni, che stasera sono stati per l’ultima volta con noi… grazie di cuore.”

Diego Milito

RAMIRO – Era l’11 agosto 1976 quando a Medellin, Colombia, nasceva quello che sarebbe diventato una delle più longeve e vincenti bandiere della storia dell’Inter. 455 partite, 18 gol, più di 40mila minuti passati in campo con la maglia nerazzurra, terzo giocatore di sempre per numero di presenze con la maglia dell’Inter in Champions League: tutto questo e molto altro è stato Ivan Ramiro Cordoba.
Molto altro, soprattutto. Arriva all’Inter a 23 anni dal San Lorenzo dopo 174 presenze e 10 gol fra Colombia e Argentina, Ramiro, nel gennaio 2000. Debutta in un Inter-Perugia (5-0) e si prende subito una maglia da titolare che non lascerà per molti, moltissimi anni. Per vedere una sua stagione con meno di 35 presenze bisognerà aspettare il 2007/2008, anno in cui si rompe il legamento crociato a Liverpool, in Champions League. Quella Champions League che ha vissuto sempre, ininterrottamente in ogni sua stagione con l’Inter, quella Champions League che è riuscito finalmente a conquistare insieme ai suoi compagni nell’anno di Gloria 2010. Scelto sempre, sistematicamente, da tutti gli allenatori che si sono alternati sulla panchina nerazzurra, con  la sua maglia numero 2 ci ha messo la faccia sempre nei momenti di difficoltà e alla fine è riuscito a prendere -come tanti- la sua rivincita.
C’era nel 2000, Cordoba, c’era nel 2002 e c’era nel 2005. C’era soprattutto nel 2005, quando inizia a riempire un palmarès che arriverà quasi a scoppiare. Non dimenticherò mai quella sera, uno dei momenti più belli ed emozionanti vissuti insieme all’Inter: era il 15 giugno 2005 e a Milano si giocava la finale di ritorno di Coppa Italia fra Inter e Roma. 2-0 per noi all’andata con una doppietta di Adriano, e a San Siro ci pensa Sinisa Mihajlovic con una punizione delle sue all’inizio del secondo tempo a chiudere il discorso. L’Inter vince la Coppa Italia: solo chi c’era all’epoca può ricordare le emozioni dietro quel trofeo. Si tornava ad alzare una Coppa al cielo dopo la UEFA del ’98, si tornava a vincere, si tornava a festeggiare: a dispetto di quanto dicono troppi revisionisti con il dente avvelenato, il ciclo della Nuova Grande Inter inizia quella sera, ben prima di calciopoli. Quella sera lì Zanetti non c’era e il Capitano era proprio lui: Ivan Ramiro Cordoba. A lui l’onore di alzare la Coppa, a lui l’onore di dare il via ad un ciclo che non si fermerà per 6 anni, fino a un’altra Coppa Italia: saranno 4 alla fine, insieme a 4 Supercoppe Italiane, 5 Scudetti, 1 Champions League e 1 Mondiale per Club.

12 anni, una vita intera per Ramiro. Fino a questa stagione, l’ultima: 5 presenze in campionato, solo 1 in Coppa Italia, la coscienza di aver dato tutto sul campo. Mai una polemica, mai una parola fuori posto, sempre a testa bassa ad allenarsi ad Appiano e a buttare il cuore su tutti i campi d’Italia e d’Europa. Mezzi atletici ai limiti del credibile, velocità ed elevazione fuori dal comune che gli consentivano spesso di superare qualche limite tecnico, ma soprattutto cuore, testa. Soprattutto interismo.
E’ diventato uno di noi in questi 12 anni Ramiro, e resterà uno di noi anche se in giacca e cravatta. Di certo quella maglia numero 2 sarà un po’ strana l’anno prossimo, senza Caffè Colombia dentro.
IL VECCHIO ORLA – Uno di noi lo è sempre stato invece il vecchio Orla, sin da piccolissimo. Arriva all’Inter -pensate- nel 1987: ha 15 anni e dalla Virtus Don Bosco di Bolzano Paolo Orlandoni arriva nelle giovanili nerazzurre. In prima squadra ci sono Zenga, Bergomi e Riccardo Ferri, Passarella e Baresi, Matteoli, Altobelli e Serena: dalle giovanili guarderà lo Scudetto dei Record di Trapattoni per poi raggiungere in prima squadra Brehme, Matthaus, Klinsmann e Nicola Berti. Ci resterà una sola stagione -è il 1990/91- per poi iniziare un personalissimo giro d’Italia che lo porterà prima nelle categorie inferiori e poi, nel 1999, in Serie A con Reggina, Bologna, Lazio e Piacenza.

Il cerchio si chiude 15 anni dopo: nell’estate 2005 il vecchio Orla torna nella sua Inter per una presenza fisica e morale che andrà ben al di là dei 6 gettoni collezionati in queste sette stagioni. Guardia del corpo silenziosa di Julio Cesar, Toldo e Castellazzi, il ragazzino che 15 anni prima aveva lasciato da sbarbatello la compagnia per andare a cercare fortuna altrove torna giusto in tempo per godersi il più grande ciclo di vittorie della storia del calcio italiano. E ci mette del suo: lui è il grande consigliere e il grande motivatore, quella presenza indispensabile in qualsiasi gruppo. Lui è un Uomo vero, prima ancora che un grandissimo professionista. Non è solo la sua voglia di allenarsi fino a 40 anni, non è solo l’esempio per i più giovani: è la sua umanità, è la sua disponibilità. E’ quel meraviglioso sorriso di chi di battaglie nella vita ne ha vinte tante, troppe per lasciarsi preoccupare da una partita di calcio: è la concretezza e la serenità di chi il calcio lo vive con il cuore, ed è pronto a spiegare a tutti come si fa. Sempre una parola di incoraggiamento, una battuta spiritosa, un consiglio a chiunque ne abbia bisogno.
Una presenza talmente forte e talmente silenziosa, da essere concretamente percepibile a chiunque dentro e fuori dall’Inter. Sembra un paradosso, ma proprio grazie al suo profilo bassissimo Orlandoni è stato un vero e proprio idolo per molti tifosi: al punto da spingere la Curva Nord alla più amorevole delle richieste all’allora tecnico Mourinho. Al punto da portare uno stadio intero a urlare a squarciagola il suo nome quando sei mesi dopo quella richiesta, durante Inter-Siena, lo stesso Mourinho lo manda in campo al 33′ al posto di Julio Cesar nel giorno della festa Scudetto.
Segnali forti, riconoscimenti importanti, standing ovation dovute a chi, anche fuori dal campo, ha contribuito in maniera decisiva ai successi di questi anni. E continuerà a farlo, speriamo, da preparatore dei portiere nelle giovanili o in prima squadra. Continuerà a farlo da grande professionista e da grande persona, continuerà a farlo da grande interista. Continuerà a farlo come un uomo che,  nella sua ultima sera da professionista, sceglie con cura le ultime parole da lasciare ai tifosi.
Forza Inter, sempre
Grazie di tutto Paolo, grazie di tutto Ramiro.
La nostra unica speranza è che l’Inter possa riuscire a trovare uomini come voi, prima ancora che semplici calciatori.

Nk³

Il calcio è uno sport stupido, l’Inter è l’unico motivo per seguirlo. Fermamente convinto che mai nessun uomo abbia giocato a calcio come Ronaldo (ma anche Dalmat non scherzava). Vedovo di Ibrahimovic, ma con un Mourinho in panchina persino i Pandev e gli Sneijder possono sembrare campioni. Dategli un mojito e vi solleverà il mondo.

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