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Predestinato a fa' che?

“Moratti a Londra si è scontrato con un paradigma diverso, un sogno diverso, un risultato diverso. Probabilmente si è invaghito come suo solito, un colpo di fulmine che ha inter-rotto lo schema che agiva su di lui a Milano. Stramaccioni è la scaramanzia, la forza di fare quello che non si è mai fatto, per ottenere quello che non si è mai ottenuto. Hanno voglia i commentatori a esprimere i loro “se” o i loro “ma”: contro la predestinazione non ci sono nè se nè ma. La scelta di Stramaccioni, comunque vadano le cose, significa affrancarsi dalla logica della sfortuna e della negatività, per andare in una direzione precisa. Anche se è troppo tardi, non è poco”

Anna Laura su Indiscreto

Una ventata d’aria fresca: questo è stata la prima conferenza stampa di Andrea Stramaccioni da allenatore dell’Inter. Il risveglio dei sensi di un ambiente ipnotizzato da due anni, che ha vissuto solo l’illusione di essere vigile durante l’interregno-Leonardo ma che in realtà se ne stava lì sopito, perso tra i ricordi e un presente mai davvero accettato.

Stramaccioni è un elettroshock. Con la sua semplicità, con la sua umiltà ma soprattutto con la sua sicurezza. L’inizio è soft, e non può essere altrimenti: il nuovo mister riparte da dove si era fermato, dalla NextGen, dal trionfo europeo, da un giorno da cui “sembrano passati mesi”. E’ ovvio: sono storie di una carriera fa. Ora c’è l’orgoglio per aver fatto il grande salto, la gioia nel poter vivere un sogno. Banale, dai. Quasi scontato. Poi suona la sveglia.

“Un sogno che fa paura?”

L’elettroshock ha inizio, Andrea Stramaccioni diventa l’allenatore dell’Inter. Basta chiacchiere, basta sogni, basta libro cuore: si parla di concentrazione, di convinzione. Si parla di certezze: “Se decidi di fare questo lavoro non puoi avere paura, devi avere grande concentrazione. Da quando il Presidente mi ha comunicato la decisione la mia testa ha cominciato a girare solo sul campo e sul lavoro“. Non c’è più spazio per i ripensamenti, non c’è più spazio per i ricordi di una carriera passata, è finito il tempo dei sogni: ora è il tempo del lavoro e della normalità. Andrea Stramaccioni ha già smesso di essere un esordiente: “Non ho paura di bruciarmi, io devo andare in campo e fare quello che il Presidente mi ha chiesto. Io faccio il mio, i calciatori faranno il resto“. Facile, no? Che bisogno c’è di tutte queste chiacchiere? “Sono solo l’allenatore dell’Inter” sembra dire Stramaccioni.

Puntuale come una tassa, arriva la domanda su Mourinho. Li abbiamo aspettati tutti al varco: il nemico Benitez e l’amico Leonardo, il raccomandato Gasperini e lo sbeffeggiato Ranieri. Di tutti si aspettava la risposta, il modo di porsi verso l’allenatore del Triplete e tutti -a modo loro- cercavano il modo migliore per uscirne, per non restare schiacciati dal peso del passato. Stramaccioni liquida l’argomento con una semplicità imbarazzante, quasi da chiedersi -di nuovo- cosa ci sarà mai di tanto speciale su quello specifico punto. “Cadere nell’ossessione del suo ricordo? Non c’è pericolo, adesso mi sento anni luce da uno dei migliori allenatori al mondo, sono l’ultimo arrivato. Io ho le mie idee, lui ha le sue che ha dimostrato nel mondo. Io andrò a insegnare quello che so, per me lui resta solo un mito“. “Solo” un mito, capito? Sì, ok, è stato bravissimo, grazie di tutto…ora però ci sono io, e quello che dovrò fare riguarda il mio lavoro e la mia esperienza. Il resto non è un problema mio. Semplice, facile, lineare. Normale. Questa normalità con cui Stramaccioni riesce a trattare l’allenatore del Real Madrid è solo l’ennesimo segno che la sveglia continua, che l’elettroshock sta andando avanti: via da quella nuvola di sogni intorpiditi, torniamo con i piedi per terra.

Gli unici a non essere colpiti dall’elettroshock sembrano i giornalisti, che vanno avanti con domande da cui sembrano passati mesi: qual è l’obiettivo dell’Inter e il suo? Si sente un predestinato? Strama è già calato nella nuova realtà, nella quotidianità dei piedi per terra. Le risposte segnano il solco tra il passato e il futuro, sembra quasi sul punto di chiedere “ma che domande sono?”. Anzi, non riesce a trattenersi: “Non serve uno scienziato” si lascia scappare. “Il mio obiettivo è riportare i colori nerazzurri dove meritano: a vincere“. E ancora: “Predestinato a fa’ che? Fortunato, forse“. Forse però, perchè in fondo sta solo facendo il suo lavoro.

Non vuole mostrarsi troppo sicuro di sè, Stramaccioni, non vuole presentarsi in maniera troppo dura, allora ogni tanto è costretto a inserire nel discorso qualche richiamo al sogno, all’umiltà, ma non ci crede neanche lui. Non riesce a farlo, senza aggiungere un “ma” grande come una casa subito dopo: “Sono orgoglioso di rappresentare l’Inter, ma io sono me stesso“, “non mi sembra il caso di fare proclami, voglio pensare al risultato” sottinteso: io lavoro così, questo è il mio lavoro e questi sono i miei punti fermi. Queste sono le mie basi di partenza, questo è il mio appiglio: “la certezza del mio lavoro. Con umiltà, ma con sicurezza“. Umiltà, certo, perchè razionalmente sa di essere al suo esordio tra i grandi. “Ma con sicurezza“. Ma. Ancora quel ma. Più lo si guarda negli occhi, più sembra un’umiltà di facciata. Un’umiltà che viene sepolta, sotterrata sotto tonnellate di lavoro, di sicurezza, di professionalità. Professionalità che non può non venire a galla dalla più diretta delle domande: “Dai giocatori ti fai dare del tu o del lei?”. “Mi danno del lei, penso sia una forma di rispetto giusta perché gli darò il mio rispetto e ne pretenderò altrettanto. Penso sia normale, non penso abbiano sbagliato“. Attenzione: non “gli ho detto di darmi del lei” o “mi faccio dare del lei”, no. “Mi danno del lei, è normale, va bene così”. Hanno fatto tutto da soli, perchè quando te lo trovi a quattr’occhi l’antifona la capisci in un attimo: lui è l’allenatore dell’Inter. Non conta cosa ha fatto, come ci è arrivato, qual è la sua esperienza o quanti anni ha: conta solo quel dato di fatto, e non c’è nient’altro da aggiungere.

Il taglio col passato è netto e radicale, ma non violento. Il taglio col passato è la normale conseguenza di un normale cambio di allenatore. L’elettroshock è concluso, finalmente torna a contare solo il presente. Inutile parlare dei singoli, inutile parlare del futuro: “dobbiamo solo lavorare con tranquillità e far vincere l’Inter, poi ogni cosa avrà il suo corso“.

Ricorda qualcuno? Sì, ricorda qualcuno. Ma questi ricordi hanno francamente stufato, per questi ricordi non c’è più spazio: sono ricordi di una vita fa, ricordi che non hanno più ragione di esistere e di tormentare il presente. Non oggi, non più.

Oggi la rottura col passato è definitiva.

Oggi l’allenatore dell’Inter è Andrea Stramaccioni.

Nk³

Il calcio è uno sport stupido, l’Inter è l’unico motivo per seguirlo. Fermamente convinto che mai nessun uomo abbia giocato a calcio come Ronaldo (ma anche Dalmat non scherzava). Vedovo di Ibrahimovic, ma con un Mourinho in panchina persino i Pandev e gli Sneijder possono sembrare campioni. Dategli un mojito e vi solleverà il mondo.

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