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Tévez non sarà uno scherzo, ma non si capisce se sia un affare, una ripicca o un colpo di testa

Il nostro interesse per Carlos Tévez è reale, non è uno scherzo. Sappiamo che ci sono spazi, pensiamo sia una buona operazione

(Massimo Moratti, ieri pomeriggio).

Non riesco a credere che Berlusconi esponga un suo fedelissimo a una figuraccia planetaria: dunque mi aspetto che il Milan – che ha già l’accordo con il calciatore – presto avanzi un’altra proposta al City e si assicuri le prestazioni di Tévez. Andasse diversamente, sarei stupefatto: Galliani è appena entrato – non senza polemiche – nella Hall of Fame del calcio italiano, unico dirigente in prima battuta. Uno smacco così bruciante gli ingiallirebbe il sorriso, tono su trono con la famosa cravatta.

L’inserimento dell’Inter in questa trattativa sembra sia stato sollecitato da Roberto Mancini, che certo non allenerà mai il Milan e non può apprezzare le assurde condizioni contrattuali che il Milan vorrebbe imporre al City, dopo aver raggiunto un accordo con Tévez che pieno di clausole ad personam (bonus all’arrivo, a lui e la procuratore, premi su premi, pur di far passare l’idea che l’argentino si abbassi l’ingaggio per giocare nel Milan).
Mancini sussurra a Moratti che l’affare è possibile. Che il Milan non ha tutte le carte in mano. Che lo sceicco non è ricattabile… E in quel momento l’Inter è al termine di un periodo grigio, i vuoti a San Siro fanno piangere, il ritardo da Milan e Juve è siderale, e fra Milito, Forlàn, Pazzini e Zarate fanno a gara a far rimpiangere Eto’o… Ed ecco scattare l’umoralità di Moratti, che da un anno e mezzo giustifica mosse assurde con il FPF e la necessità di ridurre le spese, e ora si butta a capofitto in una trattativa che “pesa” non meno di 90 milioni di euro, per cartellino e ingaggio (4 anni e mezzo).
La mia opinione è che l’Apache sia uno sfizio, una pedina a valenza simbolica, forse una ripicca per Ibra e il corteggiamento a Balotelli, non l’architrave di un nuovo progetto, e che se c’è un reparto in cui l’Inter è già al livello delle concorrenti (almeno in Italia: peraltro Tévez in Europa non può giocare) sia proprio l’attacco. Capirei, per intenderci, la stessa spesa per De Rossi. O per riprendere Balotelli. Farei follie per un Boateng, un Vieira o un Gerrard giovani, non per un attaccabrighe che dai tempi del Boca non è mai rimasto più di due anni con la stessa maglia.
Ma se di mezzo c’è l’orgoglio, quello di Moratti non è secondo a nessuno. E se si pensa a come rafforzarsi, devo ammetterlo: fa una bella differenza parlare di Kucka o di Tévez.

Rudi

Rudi Ghedini, bolognese di provincia, interista dal gol sotto la pioggia di Jair al Benfica, di sinistra fin quando mi è parso ce ne fosse una.

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