Bauscia Cafè

Per fare un tavolo ci vuole il legno, per fare il legno ci vuole l'albero (l'abete è un albero che scricchiola)

Non c’è niente di chiaro negli scambi di battute fra Petrucci e Agnelli, con Moratti che può stare a guardare con la massima tranquillità (è più facile che gli revochino lo scudetto vinto contro la Pro Vercelli centouno anni fa che quello del 2006) e Abete che mostra sorrisi catatonici.
Il “tavolo per parlare di futuro”, evocato da Agnelli e subito ripreso da Petrucci, dopo il suo attacco temerario di poche ore prima, sembra avere già le gambe segate.
Ripeto le parole di Petrucci, perché sono pesanti come il piombo:
“Il calcio è malato di doping legale. Manca rispetto, manca etica, il rispetto delle regole. Chi grida di più pensa di vincere, ma non vincerà, non prevarranno i prepotenti e gli arroganti. Vedo cose a cui non ho mai assistito. Il calcio se continua così sarà commissariato dalla pubblica opinione…”.
E ripeto – a chi fa finta di dimenticarlo – che l’Amministratore delegato della Juventus Giraudo (patteggiando) e il Direttore generale della Juventus Moggi (strepitando) sono stati condannati per “associazione a delinquere”.
E vorrei smontare l’ennesima bugia di Agnelli a proposito della famigerata relazione di Palazzi (peraltro durissima verso le colpe della Juve): non è vero che è stata consegnata pochi giorno la prescrizione, è stata avviata quando i fatti erano già prescritti.
La Juve non ha intenzione di ritirare il ricorso al TAR, anzi già pianifica il ricorso al Consiglio di Stato e poi al Consiglio Galattico Interspaziale (presieduto da ex consulenti Goldman Sachs),
Dell’Inter si è detto.
L’anello debole della catena è, con tutta evidenza, il presidente della Federcalcio.
Abete ha galleggiato finché ha potuto, ora continua a ripetere come un disco rotto che “l’ordinamento sportivo è diverso da quello ordinario. La Figc non è un fortino da espugnare”, ma per anni ha consentito alla Juve di inalberare 29 scudetti, ha tollerato l’attacco proditorio di Palazzi a Facchetti, ha pietito un’unilaterale rinuncia alla prescrizione, infine non ha replicato a brutto muso ai moralizzatori che ora gli chiedono di sospendere l’esecutività delle sentenze fino al terzo grado di giudizio.
Forse del “tavolo” non se ne farà niente.
Ma se la trattativa partirà su basi serie – con la rinuncia unilaterale della Juve di andare per tribunali civili -, il primo capro espiatorio ha già un nome: Giancarlo Abete.

Rudi

Rudi Ghedini, bolognese di provincia, interista dal gol sotto la pioggia di Jair al Benfica, di sinistra fin quando mi è parso ce ne fosse una.

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