Bauscia Cafè

Imparare dai propri errori.

Chiunque può sbagliare; ma nessuno, se non è uno sciocco, persevera nell’errore. (Cicerone)

Samuel Eto’o è ormai quasi ufficialmente un giocatore dell’ FC Anzhi Makhachkala. L’ufficialità dovrebbe arrivare intorno al prossimo venerdì, una volta effettuate le visite mediche di rito (a Roma) e soprattutto una volta trovato l’accordo economico tra la nostra società ed i virtuosi russi.

Premesso che come ampiamente detto in precedenza, una delle caratteristiche di questa operazione di mercato che più restano indigeste ai tifosi nerazzurri è la tempistica (siamo a meno di due settimane dall’inizio del campionato!), è oggettivamente impensabile non cercare di farsi un’idea sulle conseguenze di questa cessione, che potremmo definire, e ne avremmo ben donde, più che illustre.

Samuel Eto’o è indubbiamente il giocatore più vincente, più talentuoso e in generale più virtuoso, professionale e rispettoso  verso i propri tifosi e verso i propri compagni, che l’Inter abbia avuto nell’ultimo periodo della sua ultracentenaria storia. E credo saremo tutti d’accordo in questo.
Ma Samuel Eto’o è anche uno dei calciatori più pagati al mondo, con i suoi dieci milioni di euro (circa) annuali versati ogni anno dal presidente Moratti, e Samuel Eto’o è un centravanti che ha compiuto da qualche mese trent’anni.

Il problema, se così lo possiamo definire, è proprio questo. Siamo tutti sicuri del fatto che, con un paio d’anni in meno all’anagrafe, una partenza del camerunense sarebbe stata giudicata impensabile anche dallo stesso Lìder Maximo. Ma a trenta primavere quanto ancora può un giocatore rimanere al massimo della forma, della forza, prima di diventare (lo so che sembra paradossale sostenerlo) un peso, economico soprattutto, per la società che lo ha ingaggiato?
Devono essere stati questi i pensieri di Massimo Moratti, una volta ricevuta l’offerta ufficiale dei paperoni russi, devono essere stati questi pensieri che possono aver dato fastidio ad Eto’o, trovatosi per la prima volta nella sua avventura nerazzurra, messo un minimo in discussione, non per le sue abilità tecniche ci mancherebbe, ma semplicemente per la sua carta d’identità, e per le dimensioni del suo conto bancario.

Una cessione, a queste cifre (si parla, anche se la situazione non è ancora del tutto chiara, di 28 milioni di euro per la società) di un giocatore di trent’anni, per quanto forte esso sia, non è una cosa così assurda. Da tifosi vorremmo che i nostri eroi fossero immortali, ma i tackles, gli allenamenti, gli infortuni pesano sulle gambe di una carriera che li vede da lustri interi ai vertici d’Italia, d’Europa e del Mondo. Ecco quindi che una mossa non troppo romantica, ma sicuramente più furba, è quella di monetizzare il più possibile prima che il fisico dica “ehi figlioli, facciamo che io non ce la faccio più?”.

La storia, anche relativa a tempi recenti, del calcio, è piena di esempi che vanno in tal direzione. Van Nistelrooy andò via da Manchester, direzione Madrid, per una cifra simile a quella che i russi spenderanno per Eto’o, alla stessa età del nostro attaccante. Sempre da Manchester qualche anno prima, e sempre in direzione Bernabeu, partì il ventottenne David Beckham. Anche a Milano qualcuno può raccontare un aneddoto simile: ricordiamo tutti la vicenda “non si tocca Kakà” (che poi si toccò eccome): col senno del poi i cugini fecero uno degli affari migliori della loro storia recente.
Al contrario, ricordiamo tutti le offerte pervenute ai nostri fuoriclasse la scorsa estate (in particolare Maicon, ma arrivarono offerte anche per Milito): freschi di vittoria in Champions, rifiutammo venti milioni di euro scarsi per cedere il cartellino del terzino brasiliano al figliol non più tanto prodigo Mourinho. Ora, ad un anno di distanza, alcuni tra coloro che ridicolizzarono un’offerta del genere, ci penserebbero più di una volta prima di dire di no.

Quello che è chiaro insomma, è che un’offerta di trenta milioni circa per una punta trentenne, può essere definita “congrua” senza per questo scatenare putiferi infernali dalle parti di San Siro. Non è questo il punto. Il punto (ed è questo il banco di prova della nostra società quest’anno) è tutto sul “come reinvestirli”.
Il Manchester decise di investire in un formidabile talento portoghese, di nome Cristiano Ronaldo, all’epoca allo Sporting di Lisbona, per far dimenticare ai propri tifosi la bionda chioma beckhamiana (neologismo), direi che il risultato ottenuto possa essere definito soddisfacente. L’ariete olandese Van Nistelrooy venne ceduto avendo in squadra il giovanissimo attaccante Rooney, prelevato l’anno prima dall’Everton per 25,6 milioni di sterline. Ora l’olandese è al Malaga a svernare, Rooney è uno dei 4-5 attaccanti più forti al mondo, ed il Manchester è sempre lì dove si è abituati a vederlo stare: in cima.

Il problema, se andiamo a stringere, non è quindi vendere Samuel Eto’o (pur sapendo che ogni tifoso nerazzurro avrà il cuore un po’ più triste, in questi giorni di ferragosto) in sè e per sè, il problema è che la società ha il diritto, e diciamolo pure, il dovere, di provare a rimanere ai vertici che tanto faticosamente abbiamo raggiunto da qualche anno.

E non è (ad esempio) vendendo un trentenne per acquistare un trentaduenne, che si rimane ai vertici.

 
 

Vujen

Classe '85, marchigiano, interista da tre generazioni. Appassionato di fotografia, Balcani e cose inutili ma costosissime. I suoi pupilli sono Walter Samuel e l'indimenticabile Youri Djorkaeff. Lautaro più altri 10.

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