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Quella volta che si giocò a Tripoli

Dicesi “Supercoppa italiana”, anzi “Supercoppa TIM” per far piacere allo sponsor, quel trofeo calcistico fondato nel 1988, in cui si affrontano i vincitori del campionato di Serie A e i vincitori della Coppa Italia.
Inter e Milan l’hanno vinta 5 volte e hanno disputato 8 finali: per entrambe, Pechino rappresenta la nona volta, dopo di che ci sarà una squadra sola al vertice.
Capocannonieri del trofeo sono Del Piero, Shevcenko ed Eto’o, con 3 reti.
Nelle 23 edizioni finora disputate, per 17 volte ha vinto la squadra scudettata, e solo in 6 casi la vincitrice della Coppa Italia.
Per la seconda volta si gioca a Pechino, chissà quando si potrà replicare la finale più surreale di tutte, quella giocata a Tripoli, il 25 agosto 2002.
Neanche a dirlo, vinse la Juve.
Era la Juve di Lippi, e batté 2-1 il Parma di Prandelli.
Era la Juve di cui Gheddafi sr., con circa il 7% delle quote, rappresentava il primo azionista privato.
Quel 25 agosto, fra l’altro, era il 33esimo anniversario dell’ascesa al potere del Raìs.
Tripoli si configurava come un perfetto “campo neutro”.
Al Saadi Gheddafi e Joseph Blatter
Il figlio Saadi Al Gheddafi era un grande tifoso della Juve.
Avendo investito un sacco di soldi, ebbe l’opportunità di coronare un sogno, allenandosi con la squadra titolare nel febbraio 2002, e nell’ottobre seguente entrò nel Consiglio di Amministrazione della società bianconera.
Prima di Calciopoli e delle rivolte arabe, certe cose erano normali.

Rudi

Rudi Ghedini, bolognese di provincia, interista dal gol sotto la pioggia di Jair al Benfica, di sinistra fin quando mi è parso ce ne fosse una.

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