Bauscia Cafè

Maravilla!

Ricardo Gabriel Alvarez è un giocatore della Roma.
Ricardo Gabriel Alvarez ha già firmato con l’Arsenal.
Ah, no:

23 anni, 49 partite tra i professionisti, 5 gol: è davvero tutto qui Ricky Alvarez? No, evidentemente no. Questi numeri non bastano per giustificare un investimento di 12 milioni, nè una serie di paragoni illustri, nè l’affetto dei tifosi che lo hanno ribattezzato Ricky Maravilla. C’è dell’altro, oltre a questi numeri.
Nato a Buenos Aires il 12 aprile 1988, l’ormai ex numero 11 del Velez Sarsfield è quello che facilmente viene definito “trequartista atipico”. Storia strana la sua, quella che lo ha portato a 23 anni ad avere le presenze di un debuttante nel Clausura recentemente concluso: storia che inizia da una fine, quando viene scartato dalle giovanili del Boca Juniors per problemi legati alla costituzione fisica. Roba dura da digerire per un bambino di 14 anni, roba dura da credere per chi vede oggi i suoi 188 centimetri di altezza che portano a spasso 84Kg al servizio del piede sinistro. Storia difficile, appunto, come l’inizio della sua carriera da professionista: l’8 giugno del 2008, vent’anni compiuti da poco, debutta con la maglia del Velez con 18 minuti contro l’Independiente. L’inizio della favola? Macchè: tempo un mese e il legamento crociato del ginocchio fa crack, nella maniera più preoccupante. Addio sogno. Di nuovo.
Ma Ricky non è uno che si arrende per questo: è argentino, è caparbio, è pronto ad andare avanti, pronto a dimostrare che la sua crescita calcistica ha subito solo un rallentamento e niente di più. Arriverà a 23 anni con neanche 50 presenze? Poco male, ci sarà tempo per rifarsi. Ci sarà tempo per maturare tecnicamente e tatticamente, perchè la testa -già matura- lo concede.
E quel tempo arriva nell’ultima partita del Clausura 2009, contro il Gimnasia y Esgrima. Per il primo gol è solo questione di tempo, tutto il tempo per scegliere la scenografia migliore: 1 maggio 2010, Estadio Monumental. Il River Plate è matato, la carriera di Ricky Alvarez stavolta è iniziata per davvero. 11 partite e 1 solo gol in quella Clausura, 15 partite e 1 gol (al Lanus) nell’Apertura successivo. Ma è nell’ultimo Clausura che il talento di Ricardo esplode, portandolo a diventare un giocatore fondamentale per lo scacchiere (e la classifica) del Velez.
Trequartista tutto mancino, Alvarez ha la struttura fisica ideale per il calcio europeo e sicuramente riporterà centimetri e chili nella maglia nerazzurra che troppo spesso, ultimamente, sembravano mancare. Tecnica invidiabile, controllo di palla e progressione, ma anche dribbling sullo stretto e un temibile tiro dalla distanza, uniti a una concretezza che lascia pochissimo spazio ai numeri da circo: ricorda qualcuno? I paragoni si sono sprecati: dall’ovvio Kakà al suo idolo Zidane, fino a chi (Massimo Moratti) è arrivato addirittura a nominare Mariolino Corso. Al di là dei grandi nomi a cui fare necessariamente la tara dell’età e delle potenzialità, però, a chi li ha visti in azione nelle stesse realtà non può non venire immediato in mente il paragone con il primo Pastore che incantava l’Argentina con la maglia dell’Huracan.
Paragone tecnico e di impatto, però, non certo tattico: se El Flaco, infatti, è nato e cresciuto come trequartista anarchico che ama muoversi tra le linee, lo stesso non si può dire di Alvarez per il quale tracciare un profilo tattico è impresa davvero difficile. Duttilità o immaturità? La questione è aperta e non è per niente banale. Fatto sta che anche Ricky nasce trequartista centrale, ma nelle ormai famose 49 partite riesce a collezionare una copertura dei ruoli del centrocampo quasi imbarazzante: inizia le partite schierato come mezzapunta centrale, destra e sinistra, come esterno di centrocampo -sia a destra che a sinistra- e persino come interno sinistro (contro il Banfield, nella Sudamericana 2010, e contro il Tigre nell’ultimo Clausura quando, spostato a destra, firmò il gol del momentaneo pareggio del Velez). Per non parlare di quando entra a partita in corso: interno destro, attaccante esterno a destra, persino punta centrale. Tanta duttilità, sicuramente, ma anche troppa confusione.
Ed è tutto qui che si giocherà il futuro nerazzurro ed europeo di Ricky Alvarez: sulla maturità. 23 anni è sicuramente l’età giusta per fare il grande salto, ma altrettanto sicuramente l’esperienza è poca e i dubbi ancora tantissimi. Dubbi che non riguardano la tenuta e la maturità mentale, come già detto, ma restano legati all’area tecnica, alla capacità di calarsi in un contesto tanto diverso, al possibile impatto violento con i massimi livelli del calcio italiano avendo alle spalle -di fatto- solo mezza stagione in Argentina. Quello che è certo è che non è stato preso per sbatterlo in campo con una maglia da titolare, per sostituire Sneijder o chi per lui: arriva con i ranghi della riserva, Alvarez, della giovane promessa pronta ad esplodere e, perchè no, diventare l’arma in più nella seconda parte della stagione.
Arriva insieme a una pattuglia di giovani -ma non giovanissimi- per imparare dai nostri campioni e riuscire presto a rimpiazzarli. E’ la nuova Inter, l’Inter di Caldirola, di Rodrigo Alborno, di Luc Castaignos, forse di Jonathan e, perchè no, di Philippe Coutinho. Un’Inter che riparte da zero e sceglie di ripartire giocando le carte che poco più di un lustro fa risultarono vincenti: le carte dei giocatori non ancora affermati, le carte degli Julio Cesar, dei Maicon, dei Cambiasso, presi dal SudAmerica, dalla panchina o da piccole realtà europee e portati sul tetto del mondo.
Benvenuto a casa Ricky, benvenuto a casa Luc.
Imparate a prendere per mano l’Inter.
Imparate a portarla in alto anche voi.

Nk³

Il calcio è uno sport stupido, l’Inter è l’unico motivo per seguirlo. Fermamente convinto che mai nessun uomo abbia giocato a calcio come Ronaldo (ma anche Dalmat non scherzava). Vedovo di Ibrahimovic, ma con un Mourinho in panchina persino i Pandev e gli Sneijder possono sembrare campioni. Dategli un mojito e vi solleverà il mondo.

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