Bauscia Cafè

The man who bought the world

Ieri è stata una giornata terribile. Fin dal primo momento in cui ho messo il naso fuori ho capito che c’era qualcosa che non andava.
Vi racconto. C’era un mercatino dell’usato qua vicino a casa mia. Sembrava interessante. Ho vinto la pigrizia e ci sono andato. Avevo programmato di andarci sul presto, in modo da trovare ancora le cose migliori, e invece era più di mezzogiorno. Merda, mi son detto, sarà pieno di gente e non ci sarà più niente. Invece arrivo lì, e che trovo? il deserto. Nemmeno i commercianti, c’erano. E che, era già finito tutto?
No, che non era già finito tutto. Le bancarelle erano ancora piene di oggetti, solo..solo che quelli, gli oggetti, avevano tutti uno strano tagliandino appiccicato sopra. Pieno di dubbi, sono andato sul retro di una bancarella, alla ricerca di qualcuno che mi spiegasse la situazione. Dopo aver vagato un po’, mi sono finalmente imbattuto in questo tizio, uno che aveva un banco pieno di vinili e di vecchi giradischi. Stava stravaccato su una sedia, con una mano teneva la sigaretta, con l’altra si dava una sistemata alle palle.
– Buongiorno! Senta, mi sa spiegare cos’è successo?
– Cos’è successo dove?
– Qui, cos’è successo al mercatino..voglio dire, perché non c’è nessuno che compra, nessuno che vende, niente di niente? E cosa sono quei tagliandini?
– Cos’è successo qui! Mi chiede cos’è successo qui!
– Sì, esatto, le sto chiedendo proprio questo.
– Cosa vuoi che sia successo, ragazzo? E’ passato Lui.
– Lui chi?
– Lui. Il re del mercato.
– Il re del mercato?! E chi è?
– Chi è! Mi chiede chi è!
– Senta, la vuole smettere?
– Ascolta, ragazzo. Devi sapere che quando passa lui, qui rimane ben poco da fare. Lui arriva, fa i suoi comodi e se ne va.
– Ma insomma, vuole essere un po’ più chiaro, perdio? Chi è questo re del mercato di cui sta vaneggiando?  E cosa ha fatto? Mi vuole dire cos’è successo qui, stamattina?
– Ok, va bene, te lo dico. E’ passato Marotta.
– …Marotta?
– Esatto. Ha opzionato praticamente tutti gli oggetti in vendita. I restanti li ha presi lasciando in cambio quelle casse di ortaggi che vedi laggiù. La gente appena l’ha visto se l’è data a gambe.
– Santo cielo, è terribile!
Sconvolto, ho cominciato a camminare senza meta, obnubilato dai pensieri. E’ dunque così enorme il potere di Marotta? La Juventus sta riuscendo sul serio a comprare tutto e tutti? E’ vero che a farsi le seghe in apnea si gode il doppio?
Cercando di dare risposte incoraggianti a queste domande, ho camminato a testa bassa per diversi minuti, fino a quando mi sono reso conto di essere arrivato proprio di fronte alla biblioteca comunale. Ho pensato, macché Marotta e Marotta, mi prendo un bel libro e non ci penso più.
Entrato in biblioteca, mi si è ripresentato davanti lo scenario del mercatino: deserto, silenzio, desolaltezza. Vabbè, in effetti è una biblioteca, ed è domenica mattina. Ci sta che non ci sia nessuno. E’ già tanto che sia aperta.
Sono andato al banco dei prestiti per chiedere informazioni su un bel romanzo che intendevo prendere, ma..dietro alla scrivania non c’era nessuno. E nemmeno un po’ più in là. E nemmeno al banco di fronte. L’intera area era deserta.
“Ehi, c’è nessunooo?”, dicevo mentre vagavo per i corridoi della biblioteca. A un certo punto, sono passato davanti ad una porta ed ho sentito un rumore. La targhetta accanto alla porta diceva “Accesso privato”.
Ho afferrato la maniglia, ho aperto ed ho acceso la luce. Davanti a me c’era una ragazza con i piedi e le mani legati, e la bocca coperta da del nastro adesivo. Sul petto aveva un pass con sopra scritto il suo nome. Era la bibliotecaria, sicuro.
Appena mi ha visto, ha cominciato ad agitarsi, in preda al panico. Io le ho detto di stare calma e le ho tolto lo scotch dalla bocca.
– AHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH!!!!!
– Non urlare! Non voglio farti del male!
– Sei uno di loro, sei uno di loro?
– No! Cioè, loro chi?  Chi sono “loro”?
– CHI SONO LORO! MI CHIEDE CHI SONO LORO!
– Anche tu con questa storia?
– AHHHHHHHHHHHHHHH!! SEI UNO DI LORO!!!
E’ andata avanti così per una decina di minuti, finché l’ho convinta di non appartenere al misterioso gruppo dei “loro” e si è calmata un po’. Capendo che non aveva intenzione di parlare di quel che era successo, le ho chiesto, per cambiare discorso, se il romanzo che volevo era disponibile.
A questo punto,  è crollata e mi ha detto tutto. Non c’erano più libri disponibili, la Juventus li aveva già presi tutti in prestito con diritto di riscatto. Non era rimasto niente, nemmeno i manuali di giardinaggio. Aveva preso tutto la Juve, e senza tirar fuori un euro. I bibliotecari, dopo essere stati costretti ad assistere a quella violenza, erano stati rinchiusi negli sgabuzzini da un gruppo di consiglieri d’amministrazione. L’avevano imparato al corso aziendale, dicevano. Una tragedia terribile.
Mi sono messo a correre, con le lacrime che mi sgorgavano dagli occhi. “Non è possibile, sto sognando”, mi dicevo durante quella disperata fuga. Purtroppo, però, era la dura realtà. La Juventus si stava impadronendo del mondo.
Si era ormai fatto tardi, senza che me ne fossi accorto. Gli avvenimenti incredibili della giornata mi avevano fatto perdere la cognizione del tempo, e mi avevano anche fatto passare di mente che dovevo andare a votare.
Già, cazzo, il referendum! Ok, la Juve sta facendo quel che sta facendo e siamo tutti in pericolo, però questo non può distogliermi dall’adempiere ai miei doveri di cittadino.
Frugandomi in tasca ho trovato la tessera elettorale, che avevo saggiamente deciso di portarmi dietro quando, quell’infausta mattina, stavo per avviarmi verso il mercatino. Salito su un autobus – tirando un sospiro di sollievo perché per fortuna Marotta non si era ancora comprato, come temevo, il servizio di autolinee cittadino -, con ancora negli occhi l’orrore a cui avevo assistito in biblioteca, in pochi minuti mi sono ritrovato davanti al seggio. Almeno lì non avrò problemi, mi ripetevo in testa, almeno lì non c’è Juve che tenga, il mio voto non possono certo comprarselo.
Al seggio l’atmosfera, grazie a Dio, sembrava tranquilla. Il consueto viavai di persone tipico delle consultazioni elettorali. Niente deserti o silenzi inconcepibili, niente scrutatori rapiti. Tutto bene.
Raggiunta la mia sezione, vi sono entrato con un bel sorriso dipinto sul volto, stanco ma sollevato.
E’ stato un attimo. Appena mi ha visto, il presidente del seggio mi si è avventato contro chiedendomi a gran voce la restituzione del voto del 2006. “Dammi il tuo voto di cartone!”, mi urlava addosso mentre mi scuoteva tenendomi per il colletto della camicia. In un’atmosfera di agitazione generale, i presidenti degli altri seggi hanno fatto irruzione nella stanza brandendo copie di Tuttosport arrotolate  e scudi tricolori, mentre agli elettori venivano lanciate stelline ninja a tre a tre. Uno scrutatore ha offerto venticinque milioni per una sedia.
Dopo qualche minuto, sono riuscito a divincolarmi da quel groviglio di corpi, clave e sentenze di tribunali sportivi e mi sono incamminato verso casa sconfitto, nel corpo e nell’anima.
Avevano vinto loro. Era finita. L’intero pianeta era sotto scacco, e non c’era niente che potessi fare.
Solo un pensiero mi teneva in vita, solo una convinzione mi permetteva di andare avanti: a me, non mi avrebbero mai avuto. Potevano comprarsi tutto, giocatori, voti, libri, quaderni e matite, ma la mia integrità, la mia indipendenza no, non potevano averla.
Passando davanti ad una vetrina, ho guardato la mia immagine riflessa per la prima volta da quando mi ero svegliato molte ore prima. C’era qualcosa di strano in me, ma non riuscivo a capire cosa. Forse i pantaloni, ma..no, erano normali. La faccia? Niente, sempre il solito viso di culo. Le scarpe? No, non direi.
Poi la vidi. La camicia.
Era bianconera.

Grappa

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