Bauscia Cafè

Il trucco dei veri campioni

Una volta mi dissero, a proposito di un gol di Roberto Baggio: “il vero campione lo riconosci subito, perchè è quello che fa sembrare semplici le cose più incredibili”.
E’ questa la frase che mi è venuta in mente appena ho visto il gol di Samuel Eto’o ieri sera. Una palla controllata con tutta la calma del mondo mentre i suoi compagni protestavano per un fallo di mano e appoggiata lì, con naturalezza: prima sotto le gambe di un difensore e poi nell’angolino, trafiggendo il portiere impotente che non la vede partire e non può arrivarci. Una precisione imbarazzante per niente ostentata, anzi, quasi nascosta. Nascosta talmente bene da far sembrare il tutto semplicissimo. Ma il trucco è proprio quello, appunto, è il trucco dei veri campioni: far sembrare semplici le cose più incredibili.

"Guarda, è facile: basta che tiri, gliela fai passare sotto le gambe e la metti nell'angolino."
Incredibili, come mille partite da professionista. Talmente incredibili che solo in nove c’erano riusciti prima di lui. Eppure guardatelo, il Capitano: vi sembra stanco, stremato, sconvolto? Ha la faccia di uno che ha fatto qualcosa di straordinario? Neanche una ruga, neanche un respiro un po’ più affannato, neanche un capello fuori posto. Mai, soprattutto quest’ultimo: mille partite con l’aria di chi sta facendo una passeggiata, di chi accompagna la moglie a far la spesa e ne approfitta per far prendere un po’ d’aria al cane. Cosa volete che siano mille partite? Semplici semplici, filano via lisce come l’olio. E’ il marchio di fabbrica del vero campione, dicevamo: far sembrare semplici le cose più incredibili.
"Come dice Direttore? Mille? Solo?"
Semplici, come 6 finali di Coppa Italia in 7 stagioni. Da Gamarra a Ranocchia, passando attraverso 5 scudetti consecutivi, un Triplete e un’infinità di altri record senza mai snobbare la “coppetta nazionale”, a dimostrazione di un impegno messo in campo sempre, in qualsiasi partita, indipendentemente dall’avversario e dal prestigio della competizione. A dimostrazione di una fame infinita, e della voglia di conquistare ogni singola vittoria. A dimostrazione e sigillo di lealtà e sportività, a rimarcare una volta di più l’abissale differenza con quelli che “la Coppa Italia era solo un fastidio“.
Il messaggio che è uscito da San Siro è stato fortissimo e chiaro, ed è un messaggio rivolto a tutti quelli che parlano di questa stagione già al passato, a tutti quelli che l’hanno bollata come un fallimento, a tutti quelli che hanno parlato di “anno di transizione”, a tutti quelli immersi in oziose discussioni sul calciomercato: la nostra stagione non è ancora finita. La nostra fame non è ancora finita. Mancano tre partite, e non solo due. Si va a Roma, ci si va a giocare l’ennesima Coppa, anzi: l’ennesima Coppa Italia.
Una finale cercata con tutte le forze residue, voluta, quasi dovuta: erano troppi, infatti, i motivi per non lasciarsela scappare.
Per Javier Zanetti e per le sue mille partite da onorare, da celebrare, da mandare alla storia con una vittoria per rendere ancor più piacevole il ricordo di questa serata;
per Samuel Eto’o e per il suo record: con il gol di ieri sono 34 le marcature stagionali, come Ronaldo Luis Nazario da Lima nel 1997-98 e come nessun altro nella storia dell’Inter. Bisognava concedergli un’altra partita, una possibilità in più per andare lì in alto, da solo negli oltre cento anni di storia di questa meravigliosa squadra;
per Walter Adrian Samuel, ovviamente, per vederlo ancora in campo in questa stagione, per andare a giocare la finale con lui, con Stankovic, con Sneijder e per mandarli a riposare -speriamo- con un dolce ricordo, l’ennesimo;
per provare ad alzare il terzo trofeo -dopo Supercoppa Italiana e Mondiale per club- per il secondo anno consecutivo in questa “pessima” stagione, nella stagione del “fallimento”, nella stagione di “transizione”;
per ridurre al lumicino le speranze della Juventus di prendersi un posto in Europa l’anno prossimo, naturalmente, e rendere così decisamente simpatici questi martedì e mercoledì in cui, oltre a quanto già detto, il Milan si consegna alla leggenda con uno storico monoplete e il City ci regala la certezza matematica di essere teste di serie nella prossima Champions;
per confermare la tradizione che dipinge i giallorossi come comodi e accoglienti scendiletto a cui lasciare solo gli avanzi: spiacenti, ma quest’anno briciole non ce ne sono;
per, infine ma non ultimo per importanza, regalare una partita di calcio vera allo Stadio Olimpico di Roma, solitamente immerso in esibizioni decisamente sotto la soglia della decenza.
Ci dispiace, certo, aver disilluso le speranze di Francesco “torno per la finale” Totti e di Kevin Prince “voglio l’Inter in finale per batterla ancora” Boateng, ma noi abbiamo semplicemente fatto il nostro, come al solito: ci siamo presi quello che volevamo, abbiamo ricacciato in gola le vostre urla e siamo arrivati in fondo di nuovo, ancora, come al solito. E ora ce ne andiamo a Roma, scusate, ma c’è una finale che ci aspetta.
Un’altra.
E’ incredibile, lo sappiamo, ma con la maglia nerazzura addosso sembra quasi semplice.
E’ questa la caratteristica dei veri campioni, dicevamo.

Nk³

Il calcio è uno sport stupido, l’Inter è l’unico motivo per seguirlo. Fermamente convinto che mai nessun uomo abbia giocato a calcio come Ronaldo (ma anche Dalmat non scherzava). Vedovo di Ibrahimovic, ma con un Mourinho in panchina persino i Pandev e gli Sneijder possono sembrare campioni. Dategli un mojito e vi solleverà il mondo.

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