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Tre chiavi per il futuro

A voler fare i sempliciotti, potremmo dire che sono tre le componenti principali che una squadra di calcio mette in campo nel corso di una stagione: l’allenatore, il suo modulo, gli uomini che lo interpretano.
E poichè crediamo che il calcio sia una cosa semplice, ascoltiamo le parole di Mourinho dopo Manchester e ci lanciamo in una personalissima interpretazione per provare a capire come si svilupperanno queste tre componenti nel futuro nerazzurro, in vista del già citato 11 marzo 2010.
L’ALLENATORE
Due sole parole: Josè Mourinho. Nessuno che goda di buona salute mentale e che non svenda la sua onestà intellettuale al miglior offerente può sognarsi di mettere in dubbio il tecnico portoghese. Confermatissimo dalla società, sulla strada dell’adorazione per i tifosi, ora arrivano anche le sue parole chiare e lapidarie: parlerà immediatamente con la dirigenza per pianificare il futuro dell’Inter, le prossime vittorie e l’assalto alla Champions.
Avanti con Mourinho, dunque, e con Mourinho davanti: seguiamolo sul campo, seguiamolo nell’organizzazione, seguiamolo sul mercato. Nessuno meglio di lui può indicare la strada per proseguire nei successi degli ultimi anni.
IL MODULO
Mourinho ha cominciato col criticatissimo 4-3-3, è passato al solido 4-4-2 a rombo e, da qualche partita a questa parte, è tornato al celebratissimo 4-3-3.
Non è un errore: è il 4-3-3 ad essere passato da criticatissimo a celebratissimo in qualche mese, semplicemente perchè qualche mese ci è voluto per spiegarlo alla squadra e per far adattare dei giocatori abituati da 4 anni a scendere in campo in tutt’altra maniera.
Le differenze: prima c’erano Mancini-Adriano-Ibra con il brasiliano dal nome nobile piantato sulla fascia, il paracarro che svariava in mezzo e Ibra piantato davanti che ogni tanto si scambiava col brasiliano dal nome nobile. Oggi ci sono Stankovic-Balotelli-Ibra con Deki che svaria in mezzo (copre di più e si inserisce meglio del paracarro) e Balotelli e Ibra che si scambiano come Mancini-Ibra, anche se il Balo è più pericoloso in avanti e, incredibile ma vero, difende più e meglio di Mancini. Ibra, infine, è più libero di svariare.
Il tocco in più è dato dalla maggiore mobilità della coppia Stankovic-Balotelli rispetto a Mancini-Adriano, ma quello visto a Manchester e col Genoa e con la Roma e col Lecce eccetera eccetera è qualcosa di molto simile a quanto visto all’inizio dell’anno.
E, come gli osservatori più brillanti hanno notato, è probabilmente anche il modo migliore per trasformare una squadra solida ma lenta e prevedibile in una corazzata a trazione anteriore. Da jeep a spider in poche mosse. Obiettivo Champions ben fissato sul parabrezza.
GLI UOMINI
Qui il discorso si fa più complicato. In realtà il punto di partenza è semplice, quasi banale: “per fare meglio in Champions l’anno prossimo, c’è bisogno di giocatori che facciano meglio di quest’anno“. Non fa una piega.
Le conseguenze, però, non sono così scontate se è vero, come è vero, che Josè Mourinho non ritiene che sia un problema di qualità nè di esperienza. Tutt’altro.
L’esperienza e la qualità in vista dell’anno prossimo secondo lui le abbiamo già in giocatori come Santon e Balotelli, che per forza di cose l’anno prossimo “saranno meglio di ora“. Perchè hanno 18 anni, perchè sono due ragazzi straordinari già adesso che con il tempo non potranno far altro che migliorare. No, il problema non è qui.
La parola che Mourinho usa più spesso è intensità.
Continuità nel creare gioco, capacità di imporsi dal 1′ al 90′ senza fermarsi mai, correre in continuazione. Come le squadre inglesi. Abbiamo letto spesso, dopo la partita, che l’Inter ha giocato benissimo per un’ora abbondante: ma il Manchester dov’era, in quell’ora? Era calato forse? Affatto. Il Manchester era lì, pericoloso come sempre, pronto a colpire in contropiede. Con intensità, appunto.
E l’intensità e il sacrificio li danno i giovani. E’ questa la strada che intende seguire Mourinho sul mercato.
Inutile aspettarsi campioni affermati: lui le sue squadre non le ha mai costruite così. Deco, Carvalho, Lampard, Terry, Drogba: chi erano prima di incontrare Josè Mourinho? Onesti calciatori che non potevano far altro che applicarsi sul campo e seguire alla lettera le istruzioni dell’allenatore. Niente di più.
Questi saranno i giocatori che arriveranno. Hamsik e Acquafresca più di Gerrard e Torres. Gente giovane, pronta a sacrificarsi, a correre per una partita intera, a crescere sotto la guida di Mourinho e a fare grande l’Inter insieme a lui.
C’è il rovescio della medaglia, ovvio: l’addio a tanti campioni che hanno fatto la storia recente della nostra squadra.
L’addio a Crespo, a Cruz, a Figo, forse a Materazzi. Tutta gente che ha portato l’Inter di Mancini a trionfare per anni in campionato. Tutta gente che con Mancini, forse, non poteva essere messa alla porta tanto facilmente.
Tutta gente che non può dare a Josè Mourinho quello che lui chiede alla squadra: intesità. Copertura totale del campo per 90′ senza cali, senza pause, senza incertezze.
Dunque largo ai giovani e largo alla qualità. Largo alla sfrontatezza e largo alla classe.
Largo all’Inter.
Perchè dopo la partita di Manchester possiamo dirlo ad alta voce: in Europa ci siamo anche noi.
Ci siamo soprattutto noi.
Commenti (374)

Nk³

Il calcio è uno sport stupido, l’Inter è l’unico motivo per seguirlo. Fermamente convinto che mai nessun uomo abbia giocato a calcio come Ronaldo (ma anche Dalmat non scherzava). Vedovo di Ibrahimovic, ma con un Mourinho in panchina persino i Pandev e gli Sneijder possono sembrare campioni. Dategli un mojito e vi solleverà il mondo.

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