Bauscia Cafè

Los Nazarenos

Messa in archivio la bella vittoria col Napoli, maturata nel più classico stile Inter (pressione e gran gioco, seguiti da un controllo totale che lascia inoperoso Julio Cesar), andiamo a parlare dei nostri rivali. La Juventus, come al solito, fa la sborona con le squadre piccole, meglio se coinvolte in Calciopoli. Ho visto la partita: fino allo 0-0 era molto equilibrata, ma la Reggina si fa sorprendere su una rimessa battuta molto velocemente. Tenta una reazione, ma prima di raggiungere il pari ci pensa Amauri a mettere al sicuro il risultato e da lì in poi c’è poco da dire. Vittoria meritata, sicuramente, ma è facile, ripeto, fare gli sboroni in casa se poi arrivi a Milano e tiri una volta sola in porta.
E veniamo ai nostri presunti cugini (non miei sicuramente). La leggenda dice che Ancelotti abbia pronunciato queste fatidiche parole sabato in conferenza stampa: “Da qui a Natale vogliamo ridurre il gap con l’Inter”. Dev’essere un vizio dei rossoneri: Galliani due anni fa, quando erano convinti di annullare gli 8 punti di ingiusta penalizzazione (meritavano la B) vincendo due derby altrimenti dominati dall’Inter, parlò sempre della stessa data. Ancelotti ricasca nel tranello, forse perché sa bene cosa lo aspetta. Questo Milan nazareno va raccontato. Ha avuto 6 rigori a favore, di cui uno solo nitido (l’ultimo di ieri), ha avuto dalla sua un calendario nettamente più abbordabile (ha affrontato l’Inter ancora in emergenza e in ricostruzione) e non è riuscita ad approfittare in toto del crollo della Roma e degli scontri diretti altrui. In compenso, quando per una volta è andata in testa (nella classifica più fake degli ultimi anni, che al confronto le tette di Cristina Parodi sembrano genuine) ha avuto dei bellissimi titoli di giornale (“Ancelotti fenomeno”, “Comanda il Milan”). Ieri a Palermo il calcio assonado di Carletto è nuovamente atterrato nella realtà dopo i “10 minuti tremendi di Portsmouth”.
Non è bastato il solito regalo arbitrale e la solita bislacca moviola a posteriori del duo Tombolini – Teo Teocoli. Nada, de nada. Alla fine i conti cominciano a tornare. Se il Milan ha potuto resistere all’Inter, in queste prime giornate, lo si deve unicamente agli arbitri, che le hanno consentito di vincere 3-4 partite, nelle quali non segnavano nemmeno se i portieri avversari fossero stati narcotizzati e presi a badilate sulla schiena dagli inservienti di San Siro, senza contare che hanno vinto il derby con un gol palesemente irregolare. In più, oltre ai rigori regalati, che hanno portato in dote 6-8 punti e senza i quali il Milan sarebbe appena sopra il Cagliari, c’è stato un evidente aiuto del calendario magico, che privo di teste di serie (sarà un caso) ha consentito alla squadra di Galliani di vivere di rendita, in attesa di incontrare la Juventus, la Roma, l’Udinese e la Fiorentina. Insomma, ieri si è visto chiaramente che il Milan è una squadra priva di anima, con il solo Ronaldinho capace di inventare qualcosa, ma con un gioco sterile, asservito proprio alla presenza del gaudente Gaucho. E ieri mancava Kakà, che sta giocando un campionato talmente brutto che al confronto quello giocato da Protti nella Lazio di Zeman sembra una stagione da incorniciare.
Il problema dei cugini è tattico: Ronaldinho e Kakà insieme, più una punta restia a tornare indietro a coprire, è un lusso che il Brasile del 2006 ha già pagato a caro prezzo. Certo, ti assicurano quei colpi che magari ti fanno vincere la partita (per adesso gli unici colpi sono stati i rigori e i gol in fuorigioco). Tanto più che la situazione è aggravata dall’evanescenza del centrocampo, che si regge sul solito Gattuso. Quando manca sono dolori. Anche perché Seedorf ha smesso di correre nel 1917, prima che si facesse tutta la Moscova a nuoto per trombarsi quante più bolsceviche possibili e Pirlo ha ormai intrapreso la via della regia metafisica. Non c’è, ma non si vede.
Per il Milan non c’è alcuna attenuante, nonostante gli sforzi mediatici dell’astronave madre. Nessuno ha costretto Galliani a comprare Shevchenko e Senderos, il noto elfo di World of Warcraft, al posto di un difensore coi fiocchi che giocasse, punto e basta, e difendesse alla bisogna. Certo, il campionato non è finito e tutto può succedere, ma l’occasione era troppo ghiotta per non sbertucciarli a dovere e ricordare loro qual è la prima squadra di Milano.
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